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È polemica in Sicilia sui fondi per lo spettacolo: protestano in 103, che succede

Sono firmatari del documento-esposto che denuncia "gravi disuguaglianze e disparità di trattamento" in merito ai fondi per lo spettacolo in Sicilia. Ecco perché

Stefania Brusca
Giornalista
  • 30 aprile 2024

La piazza del Parlamento a Palermo

Un settore che si è appena ripreso dopo la tempesta della pandemia ora teme di veder sfumare la fatica e l'impegno profusi per riuscire a venire fuori da una situazione di crisi profonda e chiede alla Regione siciliana di ritornare sui suoi passi.

Sono 103 gli enti firmatari del documento-esposto che denuncia "gravi disuguaglianze e disparità di trattamento" in merito ai fondi per lo spettacolo in Sicilia da parte della Regione siciliana.

Un percorso, quello del dialogo con le istituzioni che dal 2013 a ora ha prodotto dei frutti non indifferenti e che ora rischia di essere compromesso alla luce di quello che le organizzazioni firmatarie del documento definiscono una lesione del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione italiana.

«Nel 2013 ben 130 organismi fra i più attivi e qualificati nel teatro, nella musica e nella danza, si sono riuniti dando vita agli Stati generali dello spettacolo in Sicilia per confrontarsi sul grave stato di crisi del comparto - afferma Gigi Spedale, nominato portavoce dell'organismo e presidente della rete "Latitudini" -.
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Il movimento in pochi mesi, grazie alle numerose manifestazioni pubbliche partecipatissime in tutta la Regione e dopo una serie di audizioni e confronti nelle sedi istituzionali ottenne l’istituzione del FURS (Fondo Unico Regionale per Spettacolo), che regolamenta (finora) tutti i finanziamenti erogati dalla Regione Siciliana a sostegno degli Enti pubblici e privati attivi nello spettacolo dal vivo».

E qui arriviamo subito al nocciolo della questione. Secondo quanto stabilito in quel frangente «ogni anno la Regione deve stabilire quali sono le somme da destinare a questo fondo, che varia - aggiunge Spedale -. Per il triennio 2024-2026 abbiamo visto una riduzione del fondo di circa un milione di euro in meno rispetto al triennio precedente, dovuta, a quanto ci hanno riferito dalla Regione, a problemi di bilancio».

A distanza di poco tempo, racconta ancora Spedale, sono state pubblicate due norme dalla Regione tra dicembre (legge di stabilità) e a gennaio (legge numero 3 del 31/1/2024), rispettivamente dell'importo di 6 e 7 milioni di euro che «hanno destinato circa 13 milioni di euro a dei singoli organismi in modo diretto - aggiunge Spedale - con una media di 100 mila euro per ogni beneficiario. Tra questi moltissimi votati allo spettacolo».

Per bocca del suo portavoce il movimento quindi lamenta che rispetto a una dotazione del Furs di meno di 6 milioni, circa 5 milioni e 800 mila euro, «queste due norme stanziano molti più fondi da destinare senza le regole stringenti alle quali siamo sottoposti noi come ad esempio un'anzianità di tre anni. Inoltre viene destinato a poche decine di organismi mentre il Furs viene utilizzato da 240 enti musicali, teatrali e di danza», spiega Spedale.

Per questo gli Stati Generali dello Spettacolo in Sicilia chiedono che i fondi vadano a confluire nel Furs e siano erogati secondo le regole del fondo stesso e delle leggi quadro di settore per teatro musica e danza «e che quindi non si leda il principio di uguaglianza sancito dalla costituzione».

Ma il dialogo anche se è acceso non è del tutto compromesso e potrebbe riprendere. «Come gli anni scorsi - conclude Spedale - abbiamo sempre interloquito con tutte le istituzioni e i suoi rappresentanti. con la Regione, gli assessori che si sono via via succeduti e le commissioni parlamentari.

Così abbiamo trovato le soluzioni migliori per il settore che si sta riprendendo adesso dopo il periodo disastoso del Covid. Se non saremo ascoltati ci rivolgeremo alla presidenza della Repubblica, alla Corte Costituzionale, che si è spesso pronunciata contro le cosiddette "leggi provvedimento" e la Corte dei Conti».

Il documento è arrivato sul tavolo di diverse autorità competenti, compresi il presidente della Regione Renato Schifani, il commissario dello Stato oltre che ai presidenti delle commissioni Ars Bilancio e Cultura e all’assessore regionale al Turismo, sport e spettacolo Elvira Amata.

Per i motivi elencati nell'esposto le compagnie teatrali chiedono anche l’audizione urgente in commissione cultura all'Ars. In particolare per far presente le ragioni delle loro richieste volte a "ristabilire il prevalere dell’interesse pubblico, dell’imparzialità e dei principi costituzionali; per conoscere l’effettiva politica sociale e culturale dell’Assemblea e del Governo Regionale a favore dello spettacolo dal vivo in Sicilia".

E in particolare chiedono se la Regione intende "proseguire nella contribuzione specifica e straordinaria a determinati soggetti o se voglia canalizzare integralmente le risorse disponibili al FURS Regionale, assicurando la contribuzione attraverso predeterminati avvisi, bandi, criteri e modalità di partecipazione, nel rispetto delle leggi vigenti in materia di trasparenza".

L'audizione inoltre, tra le altre cose, per le associazioni è un modo per sollecitare l’aumento delle risorse del Fondo Unico Regionale per lo Spettacolo (FURS) per il triennio 2024-2026 per non "compromettere la programmazione degli spettacoli dell’anno 2024 e del triennio 2024-2026, la tenuta del settore dello spettacolo dal vivo in Sicilia e soprattutto di interrompere un proficuo confronto tra Regione Sicilia e le imprese dello spettacolo che, seppure con fasi alterne, ha garantito il dialogo e superato criticità drammatiche per il Paese, come la pandemia".

Sull'argomento abbiamo chiesto e siamo in attesa di una replica della Regione. Nel frattempo l’assessore Amata al Giornale di Sicilia afferma: «I contributi erogati sono frutto di norme dell’Ars. Noi su questi non abbiamo alcuna discrezionalità». La Amata ha ricordato anche che «le norme in questione hanno superato il vaglio del Consiglio dei ministri e non sono state impugnate davanti alla Corte Costituzionale».

Leggi il documento firmato dai 103 opertori culturali siciliani.
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