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Un momento atteso da tutti: quando la raccolta dei gelsi era 'a "cutuluta da mura"

Un frutto delicato, per il sapore e per la consistenza, presente per un breve periodo dell’anno, apprezzato e ricercato e che non si perdeva abbandonato a terra

Giovanna Caccialupi
Perito chimico industriale
  • 4 maggio 2024

iu a lei a canusciu, quannu era carusu, vineva a casa di so nannu pa cutulata da mura….vineva assemi e so cugini…ni faceumu tri chilometri a pedi a iuta e tri a vinuta…era na festa ranni…e nuiautri picciriddi a spittaumu comu un premiu, na festa….

Nel mio giardino, adiacente alla casa c’è un enorme gelso bianco che da oltre cent’anni in estate avvolge con la sua ombra gran parte del cortile. Da parecchio, nella tarda primavera, i frutti maturi cadono a terra creando uno spesso e marcescente tappeto, assiduamente frequentato da ronzanti e laboriosi insetti.

Camminandoci su, si attaccano alle suole, insomma un grande fastidio, sarebbe il caso di eliminarlo come ho pensato tante volte. In passato oltre tre generazioni, hanno tratto gioia da quei frutti.

A cutulata da mura era un momento atteso da tutti, soprattutto dai bambini, ed organizzato con cura dalla padrona di casa.

Si invitavano le persone care, a trascorrere un pomeriggio insieme, si preparavano dolci e bevande da offrire e un grande lenzuolo da stendere sotto i rami, (alcune padrone di casa particolarmente vanitose, non esitavano ad usarne uno appositamente realizzato con tessuto non pregiato ma resistente, ornato da qualche ricamo) reggendolo tutti insieme, (necessitavano molte braccia) ed obbedendo alle indicazioni di chi salendo sull’albero munito di bastone dava leggeri colpetti ai rami per provocare la caduta dei frutti maturi.
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Non sempre si era sincronizzati ad eseguire le direttive dello scutulaturi, oppure era lui a non essere chiaro, o non sapeva dosare la forza e faceva cadere i frutti fuori bersaglio, e questo dava vita a buffi episodi.

Qualcuno alzava le braccia per potersi nascondere la testa sotto il lenzuolo ed evitare di riempirsi oltre che di gelsi spiaccicati anche di ragnetti e insetti vari e a volte di lucertole atterrite dalla confusione, quell’improvvisa alzata di braccia provocava dislivelli del lenzuolo e il contenuto finiva spappolato a terra.

L’anziana cugina Tina, appena arrivava cordiale e calma ci faceva pregare e ringraziare Dio, dopo puntualmente si infuriava con noi bambini che ci divertivamo a provocare "incidenti" proprio per assistere alle sue divertenti scenate:
- A bedda mura, tutta ‘nterra a facistu cascari!
- I beddi capiddi, fatti frischi, mi facistu llurdari!
- Chiaccu di furca, siti!


Poi si rivolgeva a mio nonno:
- Cuginu Affiu, comu vi l’aiu a diri? I carusi, a teniri u linzolu, non ci anu a stari…Fanu sulu ddannu..

"A cutulata” durava parecchio, il gelso aveva una chioma larga e alta, appena raggiunta una piccola quantità il lenzuolo veniva delicatamente svuotato nei cestini foderati di foglie.

Alla fine una parte si mangiava tutti insieme e il resto donato agli ospiti. Un frutto delicato, sia per il sapore che per la consistenza, presente per un breve periodo dell’anno, apprezzato e ricercato e che non si perdeva abbandonato a terra come adesso.

Ovviamente molte di quelle persone non ci sono più, e chi è rimasto, lentamente è stato travolto da altro, al punto da dimenticare, e quelli che sono nati dopo, non conoscono proprio la gioia di "cutulari a mura".

Ho provato qualche volta ad invitare amici e parenti a "cutulari a mura", ma nessuno aveva tempo ed entusiasmo per accettare.
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