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"Chimiche interiori" oblique ed eccentriche

  • 4 dicembre 2006

Antonio Musotto è un autore palermitano, veterano dei migliori e più frequentati corsi e laboratori di scrittura della città, già aduso alla pubblicazione e ben conosciuto negli ambienti letterari locali. Con "Chimiche Interiori" (Navarra Editore, 132 pagg., 10 euro) è al suo secondo libro ed ha intrapreso – ci auguriamo – la giusta via verso quello a cui ogni scrittore giustamente ambisce: una ininterrotta e proificua serie di pubblicazioni. Nei suoi trentasette racconti, Musotto passa agevolmente da un contesto metropolitano, cinico, freddo, indifferente, a un ambito più intimo, lontano dalla città e più a dimensione d'uomo. L'intervista di Balarm.it.

Forse che uno dei due mondi faccia da filtro nell'osservare l'altro?
«No, è solo un punto di vista, obliquo ed eccentrico, nel senso geometrico del termine».

Il tuo sguardo, attraverso i personaggi di Chimiche Interiori, è sempre curioso, a volte invadente, mai superficiale. Cosa lo muove?
«Soprattutto una terribile curiosità, il desiderio di immaginare la vita quotidiana delle persone di cui racconto storie, vere, quasi vere o completamente inventate, la certezza che ogni essere umano ha una esistenza preziosa e spesso non raccontata, senza pretese cronachistiche o di obiettività».

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Nonostante spesso i racconti e i personaggi siano fortemente localizzati in Sicilia, il linguaggio non è altrettanto legato al dialetto. Perchè questa scelta stilistica?
«Mi sembra che negli ultimi dieci anni, dalla scomparsa dei grandi scrittori siciliani, si siano fatti strada tra editori e pubblico due modi, spesso coinvolti, di fare e vendere scrittura: il romanzo o racconto giallo o giallastro ad ogni costo e un certo linguaggio, chiamiamolo "camilleriano", che in quanto originale secondo me non va imitato ad ogni costo, se non si vuole sembrare cloni. Penso anche che ad un certo punto le mode tramontino, quindi sia il giallismo che il siciliano da scrittura si troveranno spiazzati, il pubblico vorrà altro da leggere».

Quanto è importante la "comunicazione tra esseri umani" nei tuoi racconti?
«Forse la domanda migliore è: quanto influisce la mancanza di comunicazione tra gli esseri umani? Nonostante il fatto che i media siano diventati mostruosamente invadenti, mi pare che le persone, almeno quelle che hanno scelto per qualche motivo di vivere vite vicine, non comunichino affatto, si limitino a scambiarsi pacchetti di dati con frequenze e modi prestabiliti. Mi pare che nella comunicazione padri-figli, dopo i periodi di confusione dei decenni scorsi, si sia tornato a meccanismi arcaici, modernamente traducibili nel “padre clicca ordine per il figlio. Il figlio va in crash di sistema, l’ordine non viene eseguito, il figlio se ne fotte, il padre collassa».

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