CINEMA E TV

HomeNewsCulturaCinema e Tv

Dieci anni di cultura: chiude il cinema Lubitsch

Dopo tanti anni difficili, fra l'indifferenza di pubblico e istituzioni cala il sipario sulla scommessa innovatrice del cinema d'essai di Greco, Ciprì e Maresco

Fabio Vento
Web developer e giornalista
  • 10 aprile 2010

Ha attraversato tante stagioni difficili, ma è sempre riemerso. Stavolta no: dopo dieci anni sotto la gestione di Paolo Greco, Daniele Ciprì e Franco Maresco, che ne hanno fatto vero e proprio cinema d'essai, il Lubitsch di via Guido Rossa, a Bonagia, chiude i battenti. Si spegne così un presidio culturale per molti versi unico nel Palermitano, tanto per la collocazione in una periferia decisamente “ai margini”, quanto per la qualità delle proposte: negli incontri e nelle rassegne che hanno animato questi anni si è fatta strada un'idea di cinema lontana dal mainstream e da logiche commerciali, legata più all'amore per il mezzo e per il suo linguaggio.

Una vera e propria scommessa, e come tale nacque: «Era il 1998 - ricorda Maresco - e insieme a Ciprì curavamo la rassegna estiva di cinema a Villa Filippina. Alla fine della stagione, si avvicinò Paolo Greco e ci propose di vedere il cinema Lubitsch. Lì, ci disse, avremmo potuto organizzare rassegne, proiezioni, insomma avere totale libertà. Insieme a Pippo Bisso e Claudia Uzzo pensammo di accettare la sfida». «Io venivo - racconta Greco - dalla straordinaria esperienza del Nuovo Brancaccio, e per me aprire una sala a Bonagia significava tornare a fare militanza sul territorio. Nell'oltre Oreto vivono duecentomila persone, e dunque la liberazione di Palermo passava anche attraverso il riscatto di questa periferia». I primi tempi videro il sostegno del pubblico e delle istituzioni: grazie all'interessamento dell'allora sindaco Orlando, venne aperta una sala che presentava anteprime nazionali, ospitava registi e attori e teneva perfino concerti jazz. Si inaugurò con "Arancia meccanica" e di lì a poco partì la rassegna "Buena vista social club", che riscosse molto successo e fece conoscere il cinema in città.

Adv
Gli anni successivi, purtroppo, non videro riaccendersi quell'iniziale interesse: «Quello palermitano - commenta Greco - è un pubblico incostante, cialtrone, sempre alla ricerca della "novità". Qui non ci sono pub, mancano i ritrovi mondani, le strade sono deserte e insicure. Insomma, che ci vieni a fare da noi se non hai un minimo di motivazione?» Né le forze politiche, di qualsiasi colore, hanno mai manifestato più di un appoggio “di facciata”: è con rammarico che Greco, militante del vecchio PCI, ricorda come «in questi dieci anni il numero dei politici di sinistra che hanno messo piede al Lubitsch si sia contato sulle dita di una mano.» C'è poi quello che è il retroterra culturale e sociale del territorio: «Se vai in giro per Bonagia o lo Sperone, ti rendi conto che c' è un "sentire" mafioso che non puoi cambiare solo col braccio forte della legge, c'è bisogno di altri strumenti. E qui si capisce - o si dovrebbe capire - che cosa ci fa il Lubitsch a Bonagia». Quartiere nelle cui scuole il cinema è pure “entrato”, svolgendo un'intensa e tenace attività di formazione.

«Oggi - continua Maresco - rimango ancor più perplesso vedendo attori, musicisti, registi, artisti, tutti riuniti in gruppetti che si fanno la guerra l'uno con l'altro, dietro falsi sorrisi. E le forze più trasgressive, che cercano di dire qualcosa, subiscono tentativi di imbavagliamento. Tutti sono pronti a dire la loro, ma al momento di schierarsi non ci sono mai. Anche per il Lubitsch avevamo fatto un appello, cercato di radunare gli "intellettuali" di questa città. Scomparsi. Basti pensare anche a tutte le realtà, le associazioni, i gruppi che in quella zona lavorano per la legalità, per i progetti sociali e culturali. Il problema è non far parte dei salotti. Tutti, alla fine, si scopre che vogliono solo stare lì, in questi particolari osservatori dove si prende il tè. Dove si parla tanto, ma non si fa granché». Il Lubitsch riaprirà a maggio, probabilmente come cabaret: «È giusto che lo diventi - conclude - se la città vuole in questo modo».

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI