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Chiara Amarù, il mezzosoprano della new generation

La siciliana Chiara Amarù, mezzosoprano rossiniano, è stata premiata al Teatro Comunale di Bologna con il premio "new generation" per l'Oscar della Lirica 2013

  • 10 giugno 2013

Se è vero che tutti hanno un sogno nel cassetto, questo non ha forma, ma è fatto di essenza e suoni. È un sogno sfaccettato e poliedrico. Un sogno ancora fresco ma scandito da una forte passione. Chiara Amarù, classe 1984, è una piccola pietra miliare della musica lirica siciliana. Già così giovane vince al Teatro Comunale di Bologna l'Oscar della Lirica 2013 con il premio speciale new generation. Lei, mezzosoprano rossiniano, ha stravolto la gente sugli spalti cantando l'aria della Cenerentola, tanto da meritarsi un fragoroso e prolungato applauso.

D'altronde, la sua strada sembrava quasi tracciata. Sin da bambina, infatti, ha respirato in famiglia l'amore per la musica, così come le hanno insegnato mamma e papà, musicisti di professione. Da lì, in un climax professionale, perfeziona il suo canto, grazie ad una spiccata dote naturale ma anche ad uno studio attento e meticoloso. Era ancora un “soldo di cacio” quando iniziò a cantare nel coro delle voci bianche del Teatro Massimo. Si diploma al conservatorio, ma è a Bologna che arriva la svolta per la sua vita.

Seguita nel percorso canoro dai maestri Mirella Freni e Sergio Bertocchi, affina la tecnica delle sette note musicali, fino a quando, a seguito di un'audizione alla "Scuola dell'Opera Italiana" di Bologna, viene scelta per debuttare al Teatro Comunale della stessa città. E da lì, una strada in salita, fatta di sogni realizzati e duro lavoro. Sarà a Pesaro per “La donna del lago”, a Palermo interpreterà Rosina ne “Il barbiere di Siviglia” e a Treviso, vestirà nuovamente i panni di Cenerentola, tutte opere del maestro Rossini.

Sei giovane e magari meno spensierata di qualche altro tuo coetaneo... Hai qualche rimpianto?
Di certo non è una vita facile quella dei musicisti, ma se lo si fa con la stessa passione che ho io, credo che pesi un po' meno. Sei sempre con la valigia per le mani, hai una vita itinerante e cambi spesso città, salti di palco in palco, di teatro in teatro, e hai sicuramente meno tempo di una “persona normale”, se di normale si può parlare. Studio e lavoro, lavoro e studio, studio e lavoro, insomma una vita frenetica. Devo programmare tutto, forse questa, concedetemi un po' il gioco di parole, è l'unica nota stonata.

E raccontaci del e se hai un rito scaramantico prima di entrare in scena...
(Sorride, n.d.r.) Posso affermare di non averne. Qualche collega ha qualche amuleto che tiene stretto come se dovesse imperversare chissà quale rito apotropaico. Io semplicemente prego, perché sono molto credente. Semmai, quando posso e le regole di scena non me lo vietano, cerco di indossare gli anelli che mi regalò mia nonna. Sono gli unici oggetti da cui non mi separo mai, quasi fossero dei portafortuna.

C'è un personaggio che non hai ancora interpretato ma che speri di poter essere presto?
Che domanda difficile! Se proprio dovessi dirne uno, opterei per Carmen del maestro Bizet, anche se adesso la mia vocalità non si sposa a quella dell'opera originale. Di sicuro la farò, magari sarà l'aria della mia maturità vocale. Mi piacerebbe anche indossare i panni di Santuzza della “Cavalleria Rusticana” di Mascagni.

Hai interpretato le più importanti donne della lirica... Ma c'è qualcuna in cui ti rispecchi?
Cenerentola. Non perché di fatto rivedo la mia vita nella storia, piuttosto perché l'Angelina di Rossini è un personaggio estremamente positivo. Il soggetto è tratto dalla celebre fiaba di Perrault e nell'opera di Rossini, Angelina appunto, incontra il principe travestito da scudiero e se ne innamora. Mi piace pensare che sia possibile realizzare ognuno dei nostri sogni. Io ci provo ogni giorno.
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