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"Io sono Libero": su Rai 1 un film ricorda Libero Grassi

Va in onda su Rai 1, lunedì 29 agosto, "Io sono Libero", una docufiction che narra la battaglia solitaria di Libero Grassi, l'imprenditore che si rifiutò di pagare il pizzo

  • 29 agosto 2016

A venticinque anni dall'assassinio di Libero Grassi, l'imprenditore palermitano che si rifiutò di pagare il pizzo e denunciò gli estorsori che lo vessavano, Rai 1 manda in onda, lunedì 29 agosto alle 21.25, "Io sono Libero", una docufiction che racconta la sua battaglia solitaria contro Cosa nostra.

"Io sono Libero" narra i mesi in cui Libero ruppe il silenzio e l'omertà che lo isolò fino a farlo diventare il facile bersaglio di Cosa nostra: una film che mette in luce gli otto mesi di battaglia dell'imprenditore contro il clan Madonia. Palermo ricorda Libero Grassi con la proiezione della docufiction presso l'atrio della biblioteca comunale di Casa Professa.

Protagonista della fiction è Alessio Vassallo nei panni del giornalista Marco, personaggio di fantasia che ricostruisce la storia di Libero Grassi. Stella Egitto è Marzia, collega di Marco, che aiuta il giovane nel ricostruire la storia. Nel ruolo di Libero Grassi c'è Adriano Chiaramida e la moglie Pina Maisano Grassi è interpretata da Alessandra Costanzo.

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Quella di Libero Grassi è la storia di un uomo che è rimasto solo a lungo per il suo coraggio di denunciare l'estorsione e spiegare coscientemente il perché di una ribellione che tutti avrebbero dovuto compiere.

La sua condanna a morte avvenne dopo la pubblicazione sul Giornale di Sicilia di una lettera nella quale si rifiutava pubblicamente di cedere ai ricatti della mafia. Libero Grassi usava le parole, il ragionamento e il suo coraggio per ribellarsi, avendo al suo fianco la moglie Pina Maisano e i figli Alice e Davide.

Una vita, la sua, fatta di lealtà, legalità, giustizia e di un grande senso di libertà. Per il suo omicidio sono stati condannati nel 1997 Marco Favaloro e Salvatore Madonia come esecutori materiali del delitto e nel 2004 vari boss, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri. Solo a posteriori Libero Grassi sarebbe diventato un punto di riferimento per le generazioni future e simbolo della lotta al racket.

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