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Roberto Alajmo: il "mio" Biondo, attraente e fuori di sè

Il ritorno di #Biondomusicale, le difficoltà, le conquiste: il direttore Roberto Alajmo parla di un Teatro Biondo fatto di tante anime, attraente e aperto al territorio

  • 12 ottobre 2015

Tra ieri e oggi, tra intenti e nuove Stagioni, tra quello che è stato e quello che sarà: il direttore Roberto Alajmo, parla di un Teatro Biondo in divenire, mutevole e pronto ad accogliere tra le sue mura un pubblico sempre più variegato.

Il Teatro Biondo ha raggiunto obiettivi importanti e grandi numeri. Adesso si amplia, esce, si apre al territorio con "Fuori dal Biondo". Qual è l'obiettivo di questa "delocalizzazione"?
Il Biondo è fuori di sè, sì. Durante il mio incarico ho sempre avuto uno scopo: quello di cercare, il più possibile, di mischiare le carte e ridistribuirle sulla base delle competenze artistiche e degli spazi. Ci siamo dati come obiettivo quello di attrarre diverse generazioni, diverse fette di pubblico, per allontanarlo da un'idea di teatro statica e antica: per questo ci siamo spostati in sedi non istituzionali, basti pensare al Nautoscopio.

Come si ovvia a questa condizione, non solo del giovane, che sembra ancora identificare il teatro come luogo in equilibrio fra noia e sbadigli?
Aprendosi. La mia idea è di un teatro il più possibile popolare, anche se è un'alchimia difficile. L'idea che purtroppo continua ad essere diffusa è che si vada a Teatro solo per soffrire. Uno dei primi spettacoli che ho fatto desiderato portare in scena da direttore è stato quello di Ficarra e Picone. Quindici giorni di repliche, cosa che mi è stata contestata. Eppure, Ficarra e Picone sono i due talenti sicuri di Palermo: saranno ricordati come oggi è ricordato Totò. Alla fine di ogni spettacolo, chiedevano: quanti di voi erano mai venuti al Biondo? Le mani che si alzavano erano pochissime. Ecco perché occorre aprirsi.

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Un'apertura bella e senz'altro insolita: c'è una particolare fetta di pubblico su cui è il caso di fare leva?
C'è un pubblico che continua a sfuggire al teatro: tutta la generazione che va dai 18 ai 30. Si tratta di giovani menti che di fatto sono cristallizzate nella concezione del teatro polveroso. E non è un problema di questo o di quel Teatro, è un problema diffuso. Questa fascia d'età è la classe dirigente di domani: se sfugge, che ne sarà del futuro?

A proposito di giovani, la programmazione del Biondo sembra pensare anche a loro: ad esempio il 16 novembre ci sarà il concerto dei Verdena. Tornerà anche #Biondomusicale?
Sì, con l'obiettivo di attrarre esattamente i giovani, cosa già accaduta con il concerto di Brunori, o con quello di Magoni e Spinetti anche se il target è leggeremente diverso. Lo scopo è quello di dire ai ragazzi: c'è un Teatro dove non siete mai stati. L'idea è di fare un teatro aperto alla musica, alla danza. Il pubblico che va a vedere Brunori e Verdena è un pubblico che probabilmente non era mai stato al Teatro Stabile: vederlo seduto in sala è un successo.

L'offerta del Teatro Biondo si allontana, dunque, dalla semplice prosa: questo non può, in qualche modo, creare dissapori e rivalità per quanto riguarda la scena teatrale palermitana?
Io sostengo che il Teatro Stabile non tolga spettatori agli altri teatri. L'offerta è molto diversificata, e se si lavora tutti insieme si può creare una scena cittadina valida, bella, attraente. Non ha senso fare una lotta per dividerci gli ultimi abbonati storici.

Tornando al pubblico: un altro successo dello scorso anno è stato #Biondofamiliare, insieme di spettacoli per i più piccini. Ne è previsto il ritorno?
Sì, e quest'anno sarà ancora più articolato: due fasce d'età, comprese tra i 6 e i 12, e i 12 e i 18, con spettacoli di Emma Dante. Alcuni spettacoli sono nostre produzioni, altre saranno ospitalità. Portare al Biondo questo genere di pubblico è una semina di lungo periodo: quella del pubblico giovane e giovanissimo è un'età in cui si va al teatro in maniera anche forzata, ma si spera che quella "forzatura" accenda in loro una voglia futura.

E #BiondoLetterario?
Chiaramente è un altro appuntamento che tornerà, ci saranno molti appuntamenti con gli scrittori. Spero di riuscire a portare un paio di premi Nobel al Biondo per fare degli incontri che non siano incontri letterari in senso stretto, ma qualcosa che spezzi gli schemi del Teatro, cosa che stiamo già facendo: abbiamo in cartellone, al Ridotto, "Ognuno Potrebbe", spettacolo con Michele Serra che coniuga letteratura, musica e teatro. Non è certo il solito spettacolo in calzamaglia.

Confindustria aiuterà a costruire una nuova Sala Prova, Banca Nuova è il vostro nuovo sponsor: quanto sono importanti i privati per la cultura?
Con Confindustria e Banca Nuova è partita una seconda fase nata da una serie di motivi, uno dei quali è che il brand del Teatro Biondo doveva svecchiarsi: adesso ha un'immagine più giovane e più appetibile. Gli sponsor sono fondamentali per la cultura, ma il tessuto esterno imprenditoriale è scarno: si muovono pochissime cifre. In un momento in cui il pubblico arranca, se ci fossero ulteriori privati a cui affidarsi sarebbe soltanto tanto di guadagnato.

Recentemente, il regista Alfio Scuderi ha scritto una lettera riguardante il Nuovo Montevergini, usato dall'artista residente Emma Dante per la vostra "Scuola dei Mestieri dello Spettacolo": ci sono dei programmi per questo spazio?
Il Nuovo Montevergini è uno spazio che comporta dei problemi per come funziona. Si tratta di una sala di 150 persone più altre sale più piccole, che non possono però essere usate contemporaneamente. Usarla come una scuola ha un senso, ma aprirlo al pubblico non è, in realtà, in alcun modo conveniente: una sala di 150 posti non raggiunge le spese necessarie, dalla pulizia al pagare gli artisti.

Eppure, per quanto riguarda il raggiungimento delle spese, neanche gli spettacoli della Sala Strehler coprono le cifre utilizzate per portare in scena la Stagione...
Si, il Ridotto non rientra nel fronte remunerativo: eppure secondo me, nella missione di un teatro pubblico c'è anche quello di fare qualcosa che non sia necessariamente legato al guadagno, o non si spiegherebbero i fondi pubblici. Il Teatro ha anche una funzione sociale, e lo Stabile deve anche mantenere un certo equilibrio e il solo riempire la sala è comunque un risultato.


Un Biondo attraente, che si apre, pronto ad essere vissuto: questo sembra dunque essere il teatro di Roberto Alajmo, con la Stagione in Sala Grande pronta a cominciare il 30 ottobre: un Biondo da scoprire e che sempre più sembra guardare al nuovo, chiamando a sè adulti, giovani e bambini.

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