"Hamletmaschine" di Heiner Müller
Amleto e Ofelia, tornati dal mondi dei morti, si presentano al pubblico in goffe armature di cartone e plastica: sono alla ricerca della propria identità. Attraverso i ricordi del dramma shakespeariano, ripercorrono le proprie passioni umane per poi scoprirsi essenzialmente fragili, dalla natura divisa ancora tra quel “Essere o non essere”. Amleto, rammaricato del fatto che l'umanità non ha appreso ancora del tutto il senso della sua esistenza, vuole essere una macchina.
È il rivoluzionario e al contempo l'antirivoluzionario, “la ferita e il coltello”. Egli stesso è “festino per i vermi”. Ofelia è la Donna che conquista la libertà: non sta più al gioco della sottomissione e invita gli spettatori, sotto il nome di Elettra, a fare lo stesso, consapevole del fatto che il risveglio della coscienza deve passare attraverso la sofferenza e la conquista del proprio spazio, di tutto lo spazio, teatralmente e metaforicamente.
Lo stile linguistico appare singolare e variegato e tenta di evocare una sorta di universalità dell'uomo e della donna che, visti dal di dentro o visti dal di fuori, fanno pensare che siamo tutti Amleto: punibili - con le mani sporche di sangue - ma non biasimevoli - alla ricerca di un senso di questa esistenza. Regia di Cristiana D'Apolito, con Gianluca Beninati e Fabiola Arculeo.
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