TEATRO E CABARET
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"Hamletmaschine" di Heiner Müller

Amleto e Ofelia, tornati dal mondi dei morti, si presentano al pubblico in goffe armature di cartone e plastica: sono alla ricerca della propria identità. Attraverso i ricordi del dramma shakespeariano, ripercorrono le proprie passioni umane per poi scoprirsi essenzialmente fragili, dalla natura divisa ancora tra quel “Essere o non essere”. Amleto, rammaricato del fatto che l'umanità non ha appreso ancora del tutto il senso della sua esistenza, vuole essere una macchina.

È il rivoluzionario e al contempo l'antirivoluzionario, “la ferita e il coltello”. Egli stesso è “festino per i vermi”. Ofelia è la Donna che conquista la libertà: non sta più al gioco della sottomissione e invita gli spettatori, sotto il nome di Elettra, a fare lo stesso, consapevole del fatto che il risveglio della coscienza deve passare attraverso la sofferenza e la conquista del proprio spazio, di tutto lo spazio, teatralmente e metaforicamente.

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La meta-teatralità è regina della scena che è spesso interrotta e tenta ogni volta di ri-attualizzarsi. L'umore dei due, infatti, cambia repentinamente al susseguirsi di ogni monologo; dalla finzione teatrale che cerca la verità, in chiave sarcastica, si evince che un'epoca così sanguinaria come è stata la prima metà del '900 non può aver generato esseri umani liberi.

Lo stile linguistico appare singolare e variegato e tenta di evocare una sorta di universalità dell'uomo e della donna che, visti dal di dentro o visti dal di fuori, fanno pensare che siamo tutti Amleto: punibili - con le mani sporche di sangue - ma non biasimevoli - alla ricerca di un senso di questa esistenza. Regia di Cristiana D'Apolito, con Gianluca Beninati e Fabiola Arculeo.

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