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Alla Biennale di Venezia il racconto di un artista marinaio: le luminarie di Pellegrino

Un messaggio di speranza portato dall’artista siciliano Domenico Pellegrino per la 58° Biennale di Venezia, grazie all’opera "I’m the Island", l’installazione - barca

  • 1 agosto 2019

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Un messaggio di speranza portato dall’artista siciliano Domenico Pellegrino per la 58° Biennale di Venezia, grazie all’opera "I’m the Island", l’installazione barca scelta dai due curatori Mokhlesur Rahman e Viviana Vannucci per raccontare e rappresentare un paese esotico, ma devastato dalla sete, come il Bangladesh.

Considerato tra i Paesi più popolati al mondo, 163 milioni di abitanti, il Bangladesh pur vantando cinquantaquattro fiumi con corsi condivisi con l’India, ha un elevato tasso di inquinamento delle falde soprattutto contaminate da arsenico e spesso il territorio è attanagliato dalla siccità.

Il rapporto con l’acqua è vitale e malefico nello stesso tempo, si tenta di trasformare il terreno, renderlo vivo ma il lavoro è lungo e costoso. Intanto in Bangladesh si muore di sete. "Thirst", appunto "sete" diventa il tema scelto per raccontare il padiglione di questo controverso paese ma non è soltanto affidato ai soli artisti bengalesi di ultima generazione – che interpretano le grandi criticità di un Paese dal grande fascino - ma viene chiamato anche un siciliano, Domenico Pellegrino, che con l’acqua come sappiamo ha un rapporto simbiotico.
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È proprio questa barca, che colma di luce, cerca di risvegliare la coscienza di tutti noi sulle problematiche socio-politiche che attraversano il pianeta. Una barca che notoriamente è simbologicamente legata al transito, al viaggio, allo scambio, diventa anche messaggio salvifico di speranza.

Dinanzi al settecentesco palazzo Zenobio, sede del Collegio Armeno Moorat-Raphael, dei padri Mechitaristi, approderà infatti "I’m The Island", l’installazione barca realizzata da Pellegrino, ispirata al modello delle imbarcazioni tipiche bengalesi, barche in legno scuro che scivolano sul fango di un Paese che si vede inghiottire dall’acqua.

Con questa operazione l’artista isolano avvicina le due culture, lontane geograficamente ma accomunate per il sentimento alle volte di sconforto nei confronti dell’acqua.

L’imbarcazione dall’artista isolano pone al suo interno la speranza e la volontà di traghettare la cultura di un popolo vivo (simboleggiato dalla luce) e protetto contemporaneamente dalla stessa. Sul letto placido della laguna veneta la barca riflette lo scafo ma anche la scritta al neon luminosa "I’m the Island" - titolo della stessa opera - realizzata con le luminarie tipiche della tradizione popolare siciliana che sono state ridisegnate su alcuni decori del Bangladesh, così da creare un sincretismo di diverse culture.

Dopo essere stata esposta temporaneamente nel canale antistante a Palazzo Zenobio, per poi essere spostata all’interno della residenza settecentesca, l’installazione barca è stata di recente protagonista di una performance.

Lo scorso venerdì 19 luglio, per omaggiare il mare, la barca di luce di Pellegrino è stata condotta in una sorta di cerimonia laica verso Ca’ Donà dalle Rose, dove è stato presentato il volume fotografico "Cosmogonia Mediterranea" (Serradifalco edizioni), dove si riassume la storia del progetto di Domenico Pellegrino che lo ha visto impegnato nell’installare una luminosa forma di Sicilia in diversi musei e luoghi d’arte per essere in fine posizionata nel Mediterraneo, proprio sul fondo del mare dinanzi a Lampedusa, nello stesso luogo dove continuano ad approdare le barche di molti profughi.

Non è un caso che proprio quest’ultima installazione, quest’isola di luminarie è stata scelta come seconda opera dell’artista isolano per la Biennale, infatti è allestita anch’essa nei saloni di palazzo Zenobio.

Pellegrino con questa sua isola, ha voluto capovolgere non soltanto il punto di vista dello spettatore, ma anche il proprio in quanto l’osservare la terra sottosopra, dal profondo del mare, dallo stesso luogo in cui si esauriscono tragedie immani, tenta di far riflettere e sensibilizzare tutti noi contro i mali e i dolori che ancora questo secolo consuma.
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