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Ci andavi quando "te la buttavi": si affitta la sala giochi di via Notarbartolo, finisce un'epoca

A Palermo era un punto di ritrovo per diverse generazioni di adolescenti, alcuni ormai non giovanissimi, che ricordano i bei tempi trascorsi tra tavoli da biliardo e ping pong

Balarm
La redazione
  • 23 febbraio 2022

«Occupì, occupà, occupiamo la città» ma tanto poi alla manifestazione non ci andava nessuno, o quasi. Alla sala giochi di via Notarbartolo (altrimenti detta “Trinacria”, “l’Uni” o semplicemente “u ping pong”) invece ci siamo andati tutti, prima o poi.

Era un punto di ritrovo per gli adolescenti da 40 anni, «dalle 8 alle 13 no stop» ricorda qualcuno su Facebook commentando il post inequivocabile apparso sulla pagina Facebook dell’ex assessore alla Cultura, Andrea Cusumano: una foto della sala giochi con un grande cartello verde dell’agenzia immobiliare che “Affitta”.

Il commento di Cusumano riporta molti a un’epoca ormai finita per un’intera classe di ex giovani palermitani, trascorsa tra tavoli da biliardo, da ping pong e videogame. «La fine del mondo», commenta, ed è così per tanti, anche di generazioni diverse, non proprio di primo pelo.
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C’è chi ha trascorso lì la famosa “notte prima degli esami” con un compagno magari ormai perso di vista, ma con cui si è condivisa una partita di ping pong difficile da dimenticare.

Insomma non è una notizia da poco quando il luogo in cui “te la buttavi” (locuzione dialettale di “marinare la scuola”) viene chiuso. È come un addio alla spensieratezza, ai tempi in cui potevi permetterti di passare qualche ora senza fare niente, a “tampasiare”.

L’occasione per essere nostalgici ci sta tutta, per rievocare anche altri posti simbolo dell’adolescenza che fu, come la mitica “Sirio”, postando anche una foto ricordo di un gettone personalizzato.

E mentre qualcuno già fa piani strategici per affittare il posto e riportarlo agli antichi fasti, che senza essere imprenditori scafati ha sempre quel sapore giovanile del “apriamo un negozio di pezzi di rosticceria a Siviglia”, c’è chi ormai si rassegna commentando con un laconico «The end».

Un altro commentatore cerca di sdrammatizzare, «dobbiamo farci l’abitudine». La verità è che forse non ci riusciremo mai.
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