STORIA E TRADIZIONI

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Dalla "liccuniata" alla "ruttura ru scaluni": com'era bello il fidanzamento a Bagheria

Vi raccontiamo uno spaccato di storia reale e neanche poi così lontana dai giorni nostri, nonostante ci sembri così diversa dall’odierno agire e pensare. Il fidanzamento "antico" tra baarioti

Sara Abello
Giornalista
  • 14 febbraio 2022

Una scena del film "Sedotta e abbandonata" di Pietro Germi

«È l'amore un'arte?» chiede il filosofo Erich Fromm all’inizio del suo saggio “L’arte di amare”, e i baarioti, capaci di coniare neologismi ad hoc per tutto l’iter della conoscenza, fidanzamento e poi sino al matrimonio tra due giovani, di sicuro artistici lo sono stati.

Uso il passato perchè non la dovete vedere come è adesso, ma pensate un po’ agli anni '50 ad esempio, e in realtà in alcune famiglie certe “tradizioni / restrizioni” si sono protratte nel tempo; lo avrete sentito tutti un racconto di una nonna, una zia, un genitore, una cugina...ah no?! Beh allora ci sono io per illuminarvi! Il fidanzamento era una tappa fondamentale nella vita dell’individuo.

Anche oggi, svincolato per fortuna da tanti schemi, rimane un momento che segna un po’ la crescita. In passato era tutto estremizzato e fidanzarsi, quindi di conseguenza sposarsi, perchè il lasciarsi era poco contemplato, segnava l’ingresso nella società a tutti gli effetti. Una giovane riceveva un trattamento diverso una volta che diveniva moglie, a quel punto tutta una serie di conversazioni che le erano state precluse in famiglia, le venivano aperte, ad indicare la sua maturazione.
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Anche per l’uomo il fidanzamento aveva una valenza simbolica, iniziava ad appropriarsi del proprio ruolo nella società perchè doveva iniziare ad “occuparsi” del suo nuovo nucleo. Pian piano sarebbe diventato padre di famiglia perchè, non dimenticatelo, si nasce - cresce - zita - marita - riproduce - muore, queste le tappe essenziali dell’esistenza del giovane siciliano e non solo.

Restare celibi o ZITELLE, e questo sì che lo scrivo maiuscolo perchè la vedo come un’ingiustzia da urlare, non era cagione semplicemente di tristezza, ma qualcosa di concretamente preoccupate. Così era necessario fare il possibile perchè non accadesse, e se si riusciva a realizzare un fidanzamento vantaggioso ancora meglio, nella peggiore delle ipotesi, pur di non starsene da soli, si prendeva un po’ “quello che passa il convento”.

Generazioni di famiglie nate sulla base di “solide fondamenta” insomma! Fatto sta che una volta che il partito veniva combinato, ai due giovani non restava scelta che seguire il volere del capofamiglia. La parola chiave per alcuni decenni era “a missa”, sì perchè è alla fine della messa domenicale che si concludevano i migliori patti prematrimoniali, non quelli depositati dal notaio, ma quelli fatti di sguardi, “taliate” mezze ammiccanti che sugellavano le scelte future della giovane coppia in costruzione.

Le madri con figlie in età da marito le portavano alla messa domenicale della chiesa Madre, ci si affidava ai santi insomma e lì, conclusa la celebrazione, iniziava la “sfilata” dove la giovane era trattata alla stregua del cucciolo da portare a spasso e i ragazzi potevano osservare il “campionario” delle papabili.

Una volta adocchiata la ragazza che diveniva oggetto di interesse, la si seguiva fino a casa, oppure iniziava l’iter della presa di informazioni. Il classico “a cu appartieni?” insomma, chè poi non è che Bagheria fosse sta grande metropoli, quindi a giro o per vie traverse ci si conosceva più o meno tutti per sommi capi, ma in caso di “zitamento” non si poteva rischiare e le informazoni andavano prese come Dio comanda, così da non incorrere in problemi futuri... metti che la picciotta ha già “intrallazzi” e ti ritrovi ad esser pestato dallo zito e tutta la sua famiglia, meglio non rischiare di sicuro!

Ma torniamo a noi, c’era una ragione pratica se la fanciulla veniva seguita per poterne individuare l’abitazione...infatti nei giorni successivi si procedeva “tastandole il polso”, cercando di capire cioè se la ragazza ricambiasse l’interesse.

Così iniziava la fase della “liccuniata”, termine che ammetto, neanche io avevo mai sentito, per lo meno non in questo contesto, ma nel quale mi sono imbattuta leggendo un testo del giornalista bagherese Pino Speciale, profondo conoscitore delle tradizioni baariote.

La cosiddetta liccuniata consisteva nel passare e spassare sotto casa della ragazza, con chiaro segno di interesse, e verificare che anche lei ricambiasse gli sguardi o che facesse tirare una pianta dal padre, dal piano più alto della casa, a segno inequivocabile che fosse il caso di desistere.

Spesso il ragazzo provvedeva a liccuniare in compagnia di un amico, e qui potevano capitare guai grossi! Avete presente il detto «d’ambasciaturi mi truvavu zitu»?

Eh sì, perchè poteva capitare che alla fine fosse il compare ad avere la meglio sull’interesse della ragazza. Noi intanto tralasciamo le eventualità più tragiche e torniamo al momento in cui, una volta appurato che l’interesse, basato su cosa poi, se pensate che c’erano di mezzo più o meno due guardate, fosse reciproco, iniziava la seconda fase.

A questo punto era la famiglia della ragazza a dover prendere informazioni per capire se il giovane fosse “degno”. È qui che avveniva la fase decisiva. Si “appattava” tutto e si fissava la data del fidanzamento. Rigorosamente di domenica pomeriggio, la famiglia del ragazzo si recava a casa della giovane dove tutto era già stato organizzato, e si andava a rumpiri u scaluni, questa confesso che la sapevo anche io!

Il gergo dialettale del fidanzamento si è quasi del tutto perduto, ne verrebbe fuori un piccolo vocabolario se ci pensate, per quel che posso, provo a spiegarvi, restituendo alla memoria dei baarioti delle parole ormai dimenticate... la cosiddetta rottura dello scalone, del gradino in pratica, pare simboleggiasse la rottura del ghiaccio e così, dopo i primi imbarazzi di queste due famiglie che si accingevano ad imparentarsi, si sugellava l’unione.

Come vi dicevo, a casa della ragazza era tutto pronto per accogliere il nuovo membro della famiglia, un piccolo rinfresco, alle volte molto piccolo data la disponibilità economica, una bella tovaglia ricamata, possibilmente dalla fidanzata stessa per sottolineare che mani d’oro avesse e quanto si fosse fortunati ad accalappiarsela, e subito pronti a ricevere il pegno d’amore.

In realtà si trattava di tre o più doni: u mazzu, il bouquet di rose; il vaso per contenere i fiori, di cristallo con posacenere abbinato là dove vi fossero le risorse per acquistarlo; u brillante e il fermanello.

Diciamola tutta, nella Bagheria degli anni ‘50 il più delle volte andava bene con un mazzolino di fiori misti, un anellino con pietra dura e la cosiddetta fedina, quella da utilizzare tutti i giorni per ricordare al mondo che ormai era fatta, la giovane era impegnata e in procinto di sistemarsi.

Da qui, contestualmente all’organizzazione del matrimonio, inteso non solo come la festa ma proprio come vita della nuova coppia, con riferimento quindi alla casa che avrebbero abitato, al lavoro di lui e ai ruoli ben precisi che ognuno avrebbe dovuto vestire, iniziava un altro momento importante.

Dall’indomani della rottura ru scaluni, madre e figlia avviavano il loro peregrinare, casa dopo casa, per mostrare l’anello ai vicini, ai parenti, a chi più ne ha e più ne metta. E questo nonostante il detto «fatti zitu e u nu riri a nuddu, maritati e dillu a tutti», perchè comunque c’era la gioia e il vanto, ma allo stesso tempo, finchè non si arrivava alle nozze, tutto poteva ancora cambiare dando vita ad uno scandalo irreparabile, oltre ad incappare nel rischio che la picciotta restasse zitella a vita.

Negli anni a seguire, si è assistito invece ad una inversione di cammino nel pellegrinaggio, che veniva fatto dagli altri verso la casa della sposa, a vedere il mazzo e l’anello, e in quell’occasione si portava anche un dono ai futuri sposi.

Adesso vi starete giustamente chiedendo se al fidanzato non fosse invece destinato nulla. Al primo evento successivo importante per lui, generalmente il compleanno, si approfittava per ricambiare il regalo con gli anelli di pari valore, questo ovviamente perchè anello e fermanello della ragazza erano stati prontamente fatti valutare per sapere come agire equamente. Gesto delicatissimo, vero? Nei mesi a seguire e prima delle nozze, fissate generalmente per almeno uno o due anni dopo, procedeva la vita dei due fidanzatini, insieme a tutta la grande famiglia ovviamente.

Sì perchè non dovete immaginare una quotidianità fatta di momenti condivisi tra i due giovani, o meglio, i due giovani c’erano, si vedevano, cenavano insieme, uscivano ogni tanto anche, ma è bene chiarire che ognuna delle cose sopracitate non coinvolgeva solo la coppietta ma anche uno stuolo di parenti. Ad ogni mossa dei fidanzati era costante la presenza di un vero e proprio corteo all’interno del quale figuravano le sorelle in ordine di età, le due madri e i due padri.

Mai ai due giovani era concesso di stare da soli, sedersi l’uno accanto all’altra o scambiarsi effusioni di qualsiasi natura, altro che vacanze a Ibiza! Quello che vi ho descritto è uno spaccato di storia reale e neanche poi così lontana dai giorni nostri, nonostante ci sembri così diversa dall’odierno agire e pensare. Qui nessuno giudicherà o paragonerà per capire cosa fosse meglio o peggio, anche perchè sono abbastanza certa che mai come questa volta il detto «si stava meglio quando si stava peggio» risulterebbe calzante. A voi la scelta.
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