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È il "cestaio matto" di Siracusa: Claudio Romano e l'antico mestiere dell'intreccio

L'antico mestiere del cestaio nell'arte ''magica'' di Claudio Romano, il ''cestaio matto'' Il ''cestaio matto'' Claudio Romano racconta l'antico mestiere

  • 1 agosto 2021

Claudio Romano, il "cestaio matto" di Siracusa

Tutto ha inizio da una grande passione per la raccolta delle erbe mediche, aromatiche e piante selvatiche, ma non preoccupatevi, non siamo dentro la casa di una strega, bensì nel magico mondo di Claudio Romano, 55 anni, di Siracusa, in arte il ''cestaio matto''.

«Ho iniziato a raccogliere erbe officinali spontanee una ventina d'anni fa, mi chiamavano ''arreniaturi'', ''raccoglitore'' di origano selvatico. In paese i miei amici pensavano che fossi impazzito, io avevo idee più grandi ma dovevo partire da zero», ci racconta Claudio, che prima era un cuoco, poi diventa commerciante e nel 2000 abbandona la sua attività commerciale per dedicarsi alla raccolta delle erbe selvatiche.

Dalla raccolta delle erbe, pian piano Claudio passa all'intreccio: «Raccogliendo erbe, vedi le piante che si intrecciano, quindi ti viene l'idea dell'intreccio. Avevo l'esperienza da commerciante, che mi ha aiutato. Ho imparato a fatica a intrecciare da una signora anziana di un paesino dell'Etna, ora insegno a intrecciare, anche ai non vedenti, e spesso senza soldi», ci racconta.
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Il percorso bizzarro, lontano dalle logiche frenetiche e tecnologiche che caratterizzano la modernità, non è stato semplice: «Ho lavorato tantissimo, sbagliando. L'intreccio non è solo quando intrecci - ci racconta - ma è il risultato di quello che raccogli, essicchi, è fatto di regole e improvvisazione».

Adesso Claudio si occupa di laboratori di intreccio, ha un Agriteatro sensoriale a 18 km da Siracusa e al mercato di Ortigia ha un posto tutto per sé, «perché a Ortigia viene tutto il mondo», ci dice. Cestaio ''matto'', ''cuntastorie'' in siciliano, suona a tamburo e ha tre teatri, uno di paglia, uno di legno (dove si trova il sentiero delle streghe) e uno di pietra, all'interno del suo Agrimuseo sensoriale. In questo luogo magico si trovano aiuole con le piante officinali, cannella, salvia, piante
aromatiche e vengono organizzati percorsi sensoriali.

Quando intervistiamo Claudio, si trova al mercato di Ortigia e in sottofondo sentiamo le voci tipiche dei ''vanniaturi''. Ad un certo punto una signora chiede a Claudio informazioni su una delle sue creazioni: «è una ''cavagna''», risponde alla signora, «un contenitore di canna a forma di cannolo, dove si metteva la ricotta calda». Anche se per telefono, si percepisce l'atmosfera dinamica del mercato e si imparano cose nuove.

Il materiale utilizzato dal cestaio matto è prevalentemente l'ulivo, precisamente «''i manciuna'', quello che si toglie dalle piante», ci dice, infatti le materie prime sono biologiche e biodegradabili. Lavora anche il mirto e fa arredo casa, realizzando porta gioielli, porta pentole, porta bicchieri, gioielli e con la sua passione ha contagiato anche tutta la famiglia: «A casa mia intrecciano tutti, i miei figli, la mia compagna. L'intreccio è la prima opera di ingegno creativo dell'umanità».

Portando avanti l'antico mestiere del cestaio, con ritmi lenti e differenti rispetto alla velocità a cui siamo abituati, Claudio esprime tutta la sua serenità, nonostante la scelta difficile: «Ora ho una dimensione così bella, la mia vita è lenta, non ho bisogno del superfluo. Se voglio fare l'aperitivo, schiaccio due mandorle nella mia veranda, bevo il vino e guardo il mare».

Il suo mestiere purtroppo non è valorizzato come dovrebbe e spesso i clienti non comprendono il reale impegno che ci vuole per la realizzazione delle opere artigianali: «È un mestiere incompreso, non è un vero lavoro perché non ci puoi campare. La gente, appena dici un prezzo, spesso si arrabbia, non capisce che dietro ci sono tante ore di lavoro».

Nonostante gli aspetti difficili della sua scelta, Claudio non tornerebbe mai indietro, anzi è felice della sua vita ''diversa'' in una società che corre e che preferisce sempre di più la tecnologia alla manualità: «Vivo il piacere dell'autenticità. Sono immerso in questa affascinante dimensione, sento i profumi inebrianti dei materiali. Vivo la vita senza progetti, perché sono appagato, mi piace intrecciare, scrivere, suonare il tamburo, raccogliere erbe selvatiche, la gente», ci racconta, con semplicità e bellezza.
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