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È stato il (primo) locale a Palermo in cui potevi bere e ballare: storie e ricordi del Legend

Vi portiamo negli anni '90 di Palermo quando l'allora 23enne Daniele Palma decise di portare in città un esperimento dal sapore internazionale. L'avventura del "Legend"

  • 26 giugno 2021

Daniele Palma

Mentre in Italia e, ancora di più a Palermo, nei primi anni ’90 esisteva ancora una divisione netta fra pub e discoteche, nelle grandi capitali straniere le due realtà, oltre a convivere molto bene, trasformavano le serate in momenti speciali.

Daniele Palma, imprenditore, allora ventitreenne, se ne accorse durante un viaggio in Grecia e, al ritorno a Palermo, coinvolse due amici, Massimo Barbaro, tutt'ora imprenditore nel settore delle discoteche e Marcello Di Carlo, oggi affermato scenografo e insieme diedero vita a un format che prevedeva, all’interno di un pub, la diffusione di musica di qualità e la possibilità di ballare in una vera pista.

L’idea era quella di superare lo steccato tra il pub, dove bere e chiacchierare, e la discoteca, dove poter anche ballare, offrendo tutto in un solo luogo.

Dopo un esperimento di qualche settimana all’Alibi Club, i tre amici decisero di prendere in gestione un locale e così nel 1994, al pianterreno di una palazzina in via Nuova, iniziò l’avventura del Legend.
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Massimo si occupava dei soci, Marcello della gestione del bar, Daniele della direzione artistica e, ogni sera, dalla consolle, proponeva quella musica che amava ascoltare e che in breve tempo conquistò tutta la clientela.

Per Palermo era una novità, i tre fondatori, molto conosciuti in città, soprattutto negli ambienti della movida, riuscirono facilmente a coinvolgere il popolo della notte e in breve tempo il Legend divenne il locale di tendenza di quel periodo.

L’arredamento davvero minimal richiamava le atmosfere metropolitane che tanto andavano di moda all’estero: una decina di tavolini disposti ai lati della sala e un palcoscenico, adornato con tende di velluto scuro, che non ospitava concerti né performance, ma era disponibile per chi volesse ballare e mettersi in mostra per qualche minuto, cosa che, a turno, facevano tutti.

Più di ogni altra cosa, però, era la musica a fare la differenza.

Una selezione molto raffinata, che spaziava dall’acid jazz al funky e al soul, che in città non era proposta altrove e quindi attraeva tanti appassionati, felici di avere una nuova “casa” per quelle sonorità considerate di nicchia e per questo spesso snobbate. .

«Il Legend si è rivelato un’idea vincente e ci ha dato molte soddisfazioni, soprattutto perché era una novità che poi ha fatto tendenza – racconta Daniele Palma - era uno dei primi posti a Palermo in cui poter ballare che non fosse la classica discoteca con pista da ballo ed era l’unico dove poter ascoltare un certo tipo di musica, allora poco accessibile e trasmessa solo da qualche radio, come Italia Network e Radio Montecarlo».

«Volevamo ricreare quell’atmosfera internazionale e metropolitana già consolidata all’estero – aggiunge - c’erano cinquanta posti a sedere ma, a differenza degli altri locali, non proponevamo cibo e neanche musica live, tutto era focalizzato sulla musica proposta dal dj; anche la consolle, che in quegli anni era solo in discoteca e spesso a bordo parete, era posizionata in mezzo, protagonista della scena.

Se accadeva che andasse via la corrente elettrica, facevo ballare con le percussioni, in pratica la pista non si svuotava mai».

La scelta di una selezione musicale non commerciale influenzava anche la tipologia di frequentatori.

«Se all’inizio siamo stati avvantaggiati dal conoscere e quindi poter coinvolgere chi amava uscire la sera - conclude Palma - dopo un primo periodo arrivarono appassionati ed intenditori di musica, la cui età andava dai vent’anni ai quaranta ed oltre, che apprezzavano acid jazz, soul, R&B e house».

Malgrado la musica non fosse commerciale, tutti sembravano conoscerla, era il periodo di Cantaloop degli US3, che anticipava quelle sonorità che si sarebbero affermate negli anni successivi e quel sound capace di imporre il proprio carattere ad un luogo e creare un’atmosfera particolare.

Una musica sempre raffinata e ricercata che era diventata il segno distintivo del Legend, ne caratterizzava l’ambiente e marcava la differenza con gli altri locali, dando la sensazione di trovarsi in un luogo esclusivo e di condividere qualcosa di unico.

«Il Legend era un luogo speciale - ricorda Simonetta Russotto, giornalista – tutto era di alta qualità, dalla musica, selezionata da intenditori, al bancone bar, con cocktail preparati in maniera eccellente. Io ero tornata da un viaggio a Londra e il Legend era l’unico pub in città in cui si respirava un’atmosfera internazionale. Facevo il conto alla rovescia per quei mercoledì e venerdì in cui potevo finalmente scatenarmi ballando sul palco o su un tavolino, sceglievo più spesso il tavolino».

Era il luogo perfetto per trascorrere la serata in modo piacevole, senza la confusione della discoteca, ma potendosi concedere anche il piacere di ballare, inoltre l’ingresso riservato ai soci favorì il nascere dì nuove amicizie e rese l’ambiente più familiare.

«Quando entravi al Legend capivi subito che era diverso dagli altri locali, l’atmosfera era intima e ci si sentiva a proprio agio – racconta Arianna Lo Cicero, designer, a Londra da oltre vent’anni - varcato il piccolo ingresso, ti accoglieva una sala senza fronzoli, con luci basse e gente che ballava ovunque: in pista, sul palcoscenico vuoto, sulle sedie. La musica era talmente bella che si ballava per tutto il tempo, non somigliava a nessun altro locale di quel periodo».

Malgrado i buoni presupposti e il successo consolidato, la parabola del Legend durò solo un paio d’anni, poi nacquero altri locali simili, nel frattempo i tre fondatori decisero di occuparsi d’altro e presero strade diverse.

I tanti soci, in mancanza di un luogo affine, tornarono a ‘sparpagliarsi’ negli altri locali, mettendo fine a quell’avventura che aveva coinvolto tanti palermitani musicalmente esigenti e raffinati e aveva portato in città il sound delle grandi metropoli.
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