PERSONAGGI

HomeNewsCulturaPersonaggi

Fa il cattivo ma ha un lato ironico: chi è il palermitano Dario Aita dentro e fuori dal set

È stato Rosario ne "La mafia uccide solo d'estate" e ora è al cinema con "Primadonna", ispirato alla storia di Franca Viola. L'attore si racconta a Balarm

  • 3 aprile 2023

Dario Aita

Ha conquistato tutti con i suoi personaggi tanto diversi quanto profondi e affascinanti.

È stato il bel tenebroso Sergio in "Don Matteo", Bernardo di "Questo nostro amore", Rosario ne "La mafia uccide solo d'estate", e Andrea, il commerciante amico e amante di Lidia nella serie tv targata Netflix di successo "La legge di Lidia Poët".

Adesso, è al cinema con Primadonna, film opera prima di Marta Savina.

In genere, intrepretare il ruolo del cattivo lo affascina poiché ha la possibilità di raccontare le debolezze del male. Inoltre, è proprio sul palco, e quando scatta il "ciak azione", che ritiene di sentirsi più se stesso che nella vita di tutti i giorni.

Qual è il suo hobby infatti? Recitare. Dario Aita, palermitano, classe '87, è un volto noto del cinema e della tv.

Nel 2010, debutta nella fiction di Rai 1 "Il segreto dell'acqua". L’anno seguente, si diploma presso la scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova, dove si forma con Valerio Binasco, direttore artistico del Teatro Stabile di Torino. Nel 2012, interpreta Bernardo Strano nella fiction "Questo nostro amore" per la regia di Luca Ribuoli.
Adv
E, ancora, sempre in Rai, la serie in costume "Grand Hotel" dove interpreta Jacopo Alibrandi, la fiction "L'allieva", tratta dai romanzi di Alessia Gazzola, dove interpreta il ruolo di Arthur Malcomess.

Dallo scorso 8 marzo, il pubblico lo ha apprezzato come Lorenzo Musicò, in Primadonna, pellicola ispirata alla storia di Franca Viola che, nel 1966, rifiutò il matrimonio riparatore.

«La regista, Marta Savina, stava cercando un cattivo non convenzionale. Una persona che ti facesse cadere nell’inganno della storia d’amore – racconta Dario Aita -. La prima parte del film, infatti, è il racconto di due giovani che vivono in una Sicilia ancorata a valori ancestrali. Si piacciono, ma per loro non è facile vivere liberamente questa attrazione».

Poi, entra in gioco un oggetto di uso comune, ma che ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della trama: un fermaglio, che diventa simbolo del potere patriarcale quando Lorenzo, quasi ingenuamente, lo butta via piuttosto che farlo indossare a Lia.

«La protagonista, allora, capisce che non è questa la storia che vuole, ma è tardi nella mente di Lorenzo, che crede in una promessa eterna e che vive quell’incontro come un impegno d’amore. Da quel momento, Lia diventa quasi una sorta di sua proprietà – prosegue Aita -. La regista aveva intenzione di raccontare anche Lorenzo come vittima di un sistema patriarcale e, alla fine, lo spettatore si chiede quanta consapevolezza, realmente, ci sia nelle sue azioni».

Il messaggio di speranza, però, è chiaro: Lia guarda verso l’orizzonte, che rappresenta il futuro e guarda anche gli spettatori e, in quello sguardo commosso, dice: «È importante continuare a vivere, crederci e lottare perché, in qualche modo, l’amore riuscirà a trionfare».

«Anche Lorenzo lancia un piccolo spiraglio di speranza – spiega l’attore -. Malgrado possa essere percepito come qualcuno che non cambierà mai, nel suo ultimo primo piano, lo guardiamo e pensiamo che possa avere capito qualcosa. Magari non lo ammetterà mai. Nemmeno a se stesso».

Ma com’è interpretare il cattivo della situazione?

Farlo, in genere, è molto affascinante. Capisci che il mondo non è diviso in buoni e cattivi. Inoltre, è bello mettersi a confronto con qualche demone e con quegli eventuali aspetti del personaggio che, magari, sotterraneamente, ci appartengono», afferma Aita.

Quel che emerge, anche sullo schermo, è il grande affiatamento con il resto del cast. «Quando ho fatto il provino – racconta Dario - Marta ci ha chiesto di improvvisare. Ero con Claudia Gusmano, la protagonista, e, in quell’occasione, decidemmo di schiaffeggiarci a vicenda.

Abbiamo messo in scena una lotta tra due persone che si tenevano testa e nessuno soccombeva all’altro o subiva. Due forti personalità. È stato molto entusiasmante. Marta ha mostrato di avere gusto per la libertà attoriale, una caratteristica che amo molto sul set. La sceneggiatura, poi, mi è apparsa, da subito, molto bella e ho accolto con entusiasmo il progetto».

Per Dario, adesso, c’è tanto in cantiere: presto comincerà, infatti, la seconda stagione de "La legge di Lidia Poët". Ma bolle tanto altro in pentola, come "Madre Courage", l'opera di Bertolt Brecht, diretta da Elena Gigliotti, compagna di Aita.

Ma chi è l’attore palermitano lontano dal set?

Appassionato di libri, film e fotografia, ha un grande hobby: recitare.

«Devo ammettere che ho la percezione di sentirmi molto più me stesso sul palco che nella vita – racconta -. Sono una persona che si difende molto, con tante sovrastrutture e insicurezze.

Invece, davanti alla camera, vivo una grande sensazione di agio e libertà per la mia anima. Per me recitare è il momento in cui sono ancora più reale».
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI