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Fatti cruenti e simbologia per la fortezza di Siracusa: storia e misteri del castello di Maniace

Sorge nella punta più estrema dell’isola di Ortigia l'imponente struttura di 51 metri. La storia ci racconta diversi episodi che ancora oggi racchiudono un po' di mistero

  • 22 marzo 2022

Il Castello Maniace di Siracusa

Nella punta più estrema dell’isola di Ortigia sorge il castello Maniace, un'imponente struttura di 51 metri risalente al periodo svevo. Si tratta di un baluardo difensivo e la tradizione narra che fu fatto edificare nel 1038 come fortino dal generale bizantino Giorgio Maniace, da cui prende il nome, e che poi fu trasformato nel 1239 per volere di Federico II di Svevia in un vero e proprio castello. Utilizzato sia come residenza che come baluardo difensivo era uno dei tanti castelli e delle torri disposte lungo le coste dell'isola che dovevano servire alla difesa. Una delle funzioni che rivestiva era legato alla sua visibilità. Lo vedevano dal mare sia i naviganti stranieri con i quali Siracusa intratteneva rapporti commerciali, sia i nemici.

La storia ci racconta diversi episodi che ancora oggi racchiudono un po' di mistero. Si ricorda infatti, che all’interno del castello si verificò nel 1448 un evento cruento dopo un sontuoso banchetto. Il generale Giovanni Ventimiglia fece uccidere nelle stanze del castello tutti i convitati, accusati di tradimento. Per questo gesto il Ventimiglia ottenne in dono dal Re Alfonso di Castiglia i due arieti bronzei che ornavano il prospetto del castello.
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ll 5 novembre 1704, un'esplosione avvenuta nella polveriera sconvolse l'edificio arrecandogli grossi danni. Durante il dominio napoleonico il maniero fu munito di bocche da cannone. Nel 1838, fu consegnato ai Savoia ed utilizzato fino alla seconda guerra mondiale come deposito di materiale militare.

Il castello ha una pianta quadrata con quattro torri cilindriche disposte agli angoli, rifacendosi ai modelli arabi. Dentro ogni torre si trovano scale a chiocciola. La scelta delle figure geometriche non è certo casuale. Il quadrato, rappresentava il numero 4 e nel Medioevo era il numero della terra, della Chiesa rivelata attraverso le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le sembianze della divinità; per i Greci i famosi 4 elementi primordiali facevano capo alla scuola presocratica. Il cerchio è il simbolo della perfezione che ha inizio e fine in sé, per gli Orientali rappresenta il sole e la vita, presso i Greci è il cosmo. Ogni numero aveva quindi un significato simbolico.

A Siracusa è stato usato con insistenza il numero 5 (le crociere sono cinque) ed il 4 (i lati), ma il 5 non è altro che la somma del 2+3, di due numeri primi della serie di Leonardo Fibonacci. È la serie di numeri che dà ordine all'universo ed alle arti applicate. Federico II stesso ebbe diversi contatti con il Fibonacci, sommo matematico medioevale.

In quel periodo Innocenzo III, ex tutore di Federico II, aveva proposto la teoria dei 'duo luminaria' secondo la quale il Papa, era considerato discendente da Dio e rappresentava il sole, che fa brillare la luna, cioè l’imperatore, della propria luce riflessa. Così come la luna si sarebbe dovuta assoggettare al sole, anche l'imperatore avrebbe dovuto sottomettersi al papa. Ma Federico II non aveva la volontà di sottomettersi al papa e per tale motivo si identificava con il sole.

Il ritornare costantemente al simbolo è una prerogativa dell’architettura sveva; la pianta del Castello Maniace, al di là dalle attinenze architettoniche, deve aver avuto tali riferimenti iconologici: le torri a pianta circolare rappresentavano il sole e Cristo e quindi anche l’imperatore Federico. E la pianta del castello a forma di quadrato, rappresentava la terra e l’impero. Si legge quindi, in questa importante costruzione sveva, un’ulteriore affermazione del potere temporale di Federico II su quello spirituale e temporale assieme della Chiesa.

Inoltre, si sa che nel sotterraneo del castello, cui si arrivava attraverso una scala nel lato nord ovest, sgorgava una polla di acqua dolce. Questo luogo, denominato il "Bagno della Regina", avrebbe potuto essere quello deputato alle abluzioni dei fedeli musulmani. Per questo motivo, molti studiosi sono stati indotti a pensare che il castello avesse avuto anche la rara funzione di moschea fortificata. È pure accettabile però la teoria secondo la quale Federico II avesse voluto ricreare in Sicilia (impregnata ancora di vistose tracce della religione musulmana), la suggestione delle moschee islamiche, dei loro giochi d'acqua, della selva di colonne fiorite di rami di crociere cordonate, è possibile che questa volontà venisse manifestata con il particolare interesse di riunire il mondo islamico a quello cristiano, proprio a Castel Maniace.

Un altro simbolo che ricorre spesso nel castello è l’aquila. In una mensola è possibile ritrovare la chiara simbologia dell'aquila staufica. L’aquila è un simbolo latino-germanico che rappresenta insieme il potere sacerdotale, la saggezza giuridica e il valore guerriero espresso nell'aggressività. Sappiamo che il castello doveva indubbiamente acquisire una spiccata valenza militare e l'assenza di strutture abitative, dei depositi per le derrate alimentari e per il munizionamento, accrescono ancor di più il fascino ed il mistero di questa imponente costruzione.

In molti si chiedono infatti, in quale stanze alloggiavano i militari o l'imperatore col suo numeroso seguito.È un dubbio spinoso, ancora irrisolto. Certamente molti studiosi ritengono che è da supporre l'esistenza di un secondo piano, dove si giungeva attraverso delle scale a chiocciola inscritte nelle torri angolari. Il primo piano aveva quindi funzioni estetiche e ricreative, mentre il secondo funzioni militari e logistiche.

La struttura interna presenta un unico salone, un tempo diviso da un doppio ordine di colonne che formavano ben 25 volte a crociera. Il castello è cinto da fortificazioni e anticamente era circondato da un fossato. Per accedervi bisognava attraversare un ponte di pietra, fatto costruire da Carlo V nel XVI secolo insieme alla cinta difensiva dell'isola, quando Siracusa venne trasformata in una roccaforte.

Oggi, dopo un lungo restauro, e la smilitarizzazione dalla storica caserma Abela (oggi Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Catania), il monumento è tornato alla pubblica fruizione. Negli ultimi anni infatti, oltre all'apertura per le visite turistiche e culturali, il castello è stato sede di spettacoli.
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