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Fu (quasi) distrutto da un terremoto: San Foca, un piccolo tesoro siciliano da custodire

Siamo in provincia di Siracusa. In un territorio che, oltre ad essere un grande polo industriale europeo, nasconde reperti archeologici di grande importanza storica

Federica Puglisi
Giornalista
  • 19 gennaio 2023

La basilica di San Foca a Priolo Gargallo

Non solo il più grande polo industriale d’Europa, conosciuto da tutti.

Ma anche un territorio che nasconde reperti archeologici di grande importanza storica. Siamo a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, a pochi chilometri dal centro abitato si trova un piccolo gioiello dell’architettura del quarto secolo dopo Cristo.

Si tratta della basilica paleocristiana dedicata a San Foca, o come in molti comunemente la chiamano di San Focà. La chiesa è una testimonianza viva di una parte di storia passata, un piccolo tesoro da custodire, tutelare e soprattutto rendere visitabile. La struttura come la vediamo oggi è quella che venne ricostruita dopo il terremoto che l’11 gennaio del 1693 devastò il Val di Noto e molti suoi preziosi monumenti.

Ma della struttura originaria è rimasto molto, tanto che la basilica è considerata di grande rilevanza per gli studi di quel periodo. Secondo quanto ricostruito negli anni la sua costruzione risalirebbe, appunto, intorno al quarto secolo, per volontà del vescovo di Siracusa, Germano, che aveva fondato nella vicina Siracusa anche le basiliche di San Paolo e di San Pietro.
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E lì che per molti secoli la basilica sarà stata un punto di riferimento per la gente che abitava nel posto: essendo in una zona isolata, pianeggiante, fuori dal centro abitato, in molti la raggiungevano per la preghiera e la meditazione. Ma a scoprirla dopo tanto tempo fu il grande archeologo Paolo Orsi.

Fu lui che, studiando quel territorio, era rimasto molto colpito dalla conformazione di questa chiesa, purtroppo in uno stato di abbandono. Era il 1892. E dai primi sopralluoghi avvenne la straordinaria scoperta: quella chiesetta apparentemente semplice e povera, con annesso romitorio, era stata costruita con molte probabilità dopo il terremoto del 1693 sui resti di una basilica paleocristiana.

Con ogni probabilità in origine era un edificio rettangolare, con tre navate coperte da volte a botte, cinque archi a tutto sesto. Imponente, dunque, maestoso, ma semplice proprio come era il gusto del tempo. Sobrio anche a livello decorativo: infatti non sono state trovate pitture o quadri alle pareti, solo qualcosa nell’abside.

Purtroppo il devastante terremoto che colpì la Sicilia orientale nel gennaio del 1693 l’ha non solo danneggiata ma anche in parte distrutta. Venne poi sistemata anche se con lavori non definitivi, ma semplicemente finalizzati a tamponare l’edificio da possibili altri crolli.

Negli anni altri interventi sono stati fatti, ma la struttura così come è stata rinvenuta dall’archeologo nell’Ottocento è rimasta tale e quale. Oggi la chiesetta, purtroppo non sempre visitabile, si presenta, dunque, ad una sola navata, con arcate a tutto sesto, e la volta a botte.

L’altare, ma anche il pavimento, sembrano tipici di quelli delle chiese rurali. Numerose sono state le campagne di sensibilizzazione da parte di volontari finalizzate a rendere fruibile questo luogo.

Tra esse, di recente, l’intervento della sezione dei Lions club del luogo che ha fatto costruire una statua di San Foca, donata alla chiesa.

Per ammirare questo piccolo tesoro di storia si deve percorrere la strada provinciale 114 in direzione Priolo e poi raggiungere via Reno. Lì si trova la chiesetta, in una zona tranquilla e ricca anche di un parco tematico.
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