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La libretta, il corredo a rate e il bagno solo la domenica: in Sicilia si "sparagnava" così

Vi portiamo in una Sicilia nemmeno troppo antica dove la solidità e la prosperità della famiglia erano unicamente subordinate alle loro capacità di sacrificio

Giovanna Caccialupi
Perito chimico industriale
  • 28 ottobre 2023

Retaie di Carzano (Montìsola, Brescia), 1963

Da piccola ero circondata da donne anziane, zie di mia madre, vicine di casa, tutte donne dedite esclusivamente alla famiglia. La solidità e la prosperità della famiglia erano unicamente subordinate alle loro capacità di sacrificio e sopportazione, oltre all’abilità di gestione: «U maritu po’ vadagnari assai, ma è a fimmina chidda ca fa a casa… (Quando la donna non sa gestire l’economia della casa, anche un reddito principesco verrà sprecato, ndr)».

Le donne di allora, in qualunque stagione, dovevano lavare a mano la biancheria al fiume.

Tranne poche che avevano l’acqua corrente in casa, dovevano fare molti viaggi per trasportare l’acqua necessaria. Dovevano impastare il pane e dopo la lievitazione accendere il forno dopo aver procurato la legna, tutte attività che richiedevano tempo e fatica.

Non tutte avevano la "fortuna" di fare "solo" le casalinghe, molte dovevano anche lavorare in campagna ed accudire animali.
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Gli uomini per lo più non davano denaro alle mogli, si limitavano a passare a pagare la merce comprata con la libretta della credenza (erano due quaderni, sui quali veniva scritta dal bottegaio data e merce presa dalla cliente). Rari i mariti che davano contante alle mogli, senza poi verificarne la destinazione. «Ca fari chi soddi? Iu non ti fazzu mancari nenti….».

Molte di loro, pur non avendo mai mancato di rispetto, al proprio consorte, si sono organizzate per poter disporre di qualche soldino.

Quando la bottegaia era donna e quindi solidale, ci si accordava per scrivere merce in più e recuperare un po’ di contante, se in casa c’era qualcosa da vendere di nascosto al marito, una balla di fieno, una forma di formaggio, qualche ortaggio, biscotti fatti in casa, qualche vasetto di conserva, uova, polli.

Qualcuna di nascosto ricamava e cuciva. Fra di loro si appoggiavano nel commettere questi "tradimenti". Ho visto spesso cenni d’intesa tra mia zia e la signora Ninfa, si barattavano reciprocamente "merce" che nascondevano in posti convenuti.

Alcune avevano mariti “distratti” ed era semplice ingannarli, altre invece dovevano faticare parecchio per aggirarne la diffidenza e la spilorceria.

Alcune facevano immensi sacrifici per fare il corredo alle figlie, perché i mariti o rimandavano o non ne capivano l’importanza. «A figghia ‘nfascia e a roba ‘nta cascia».

Alcuni venditori di corredi a domicilio, davano la possibilità di pagare minuscole rate, che se pur piccole hanno tolto il sonno a tante donne che ogni mese dovevano inventarsi come raggranellare la somma. Quasi un anno di rate per ogni singolo pezzo acquistato, un intero corredo, anche modesto richiedeva almeno dieci anni di rate.

Il marito della zia Assunta, si impicciava anche della gestione della casa, gli asciugamani non dovevano essere lavati, ma solo messi ad asciugare dopo l’uso.

La domenica per il bagno di tutta la famiglia si doveva usare la stessa acqua, prima si lavava lui, poi la moglie e poi in ordine decrescente d’età i tre figlioletti. Il marito della comare Maria, faceva tutte le spese lui, senza tenere conto delle preferenze e necessità della moglie, teneva sotto chiave tutto, razionava anche il sapone e stabiliva quanto dovesse durare.

Andava lui a comprare i vestiti e l’intimo per la famiglia e ne fissava i tempi di usura. Non ha mai saputo del desiderio della moglie: un salotto barocco, due poltrone, un divano e un tavolino, sul quale mettere un centrino all’uncinetto.

Da ragazza Maria amava lavorare all’uncinetto, ma il marito non ha mai voluto sprecare denaro per comprare qualche gomitolo di cotone. «Non su cosi nicissarii chisti…».

Qualunque imposizione, prepotenza, stranezza, veniva subita in silenzio pur di mantenere l’unione e proteggere le apparenze e il proprio consorte "dall’occhio sociale".
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