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Le delizie delle nonne per l'Epifania in Sicilia: chi conosce la focaccia dolce e i "cucciddati"

Durante questo periodo la tradizione siciliana vuole che si preparino alcuni dei dolci più particolari dell’anno, il cui nome e forma hanno un secondo significato

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 4 gennaio 2024

L’Epifania è una festa che è stata imposta da Mussolini nel 1928, ma l’origine di questa festività risale a molti secoli fa, insieme alla tradizione folkloristica della Befana.

Durante questo periodo, la tradizione siciliana prevede che i pasticcieri preparino alcuni dei dolci tipici più particolari dell’anno, il cui nome e forma assumono un secondo significato per i più piccini.

Come infatti saranno in molti a ricordare, il carbone risulta il dolce più comune – ma anche meno apprezzato – trai più piccoli, visto che la tradizione racconta che la Befana lo porta in dono ai bambini che durante le feste non si sono comportati a dovere.

Questi dolci sono in realtà molto comuni anche perché sono molto semplici da produrre. Sono infatti pieni di albume montato con glassa e zuccheri, anche se in Sicilia ci sono delle varianti che presentano anche alcune gocce di limone, tamarindo e marsala.

L’elemento però principale del carbone della Befana è il colorante vegetale nero, che serve per rendere il dolce davvero simile a un blocchetto di carbone. Il dolce però più importante dell’Epifania siciliana è probabilmente la Focaccia dolce della Befana.
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Molto simile per concetto al buccellato natalizio o a un ciambellone, questa focaccia è stata per molto tempo il dolce che concludeva le festività nelle corti nobiliari siciliane.

Giungendo al termine del pranzo dell’Epifania, esso infatti concludeva le cerimonie gastronomiche delle feste, portando allegria nelle tavole imbandite. È un dolce a lievitazione lenta, che viene guarnito con arancia candita e alcuni granelli spessi di zucchero.

Simile ad una torta, la tradizione più antica vuole che all’interno della sua pasta venisse aggiunto una fava secca oppure una monetina. Al momento del taglio della focaccia, queste aggiunte avrebbero portato fortuna a chi li trovava sul piatto... ma bisogna stare bene attenti a non trangugiarli, altrimenti ci sarebbero stati dei seri problemi!

Un’altra peculiarità di questo dolce vuole è che secondo la tradizione siciliana dovesse essere tagliato esattamente in 16 spicchi, senza mai toccare il centro, altrimenti il malocchio avrebbe cominciato a colpire la famiglia.

Non si conoscono bene le origini di questa credenza, ma probabilmente non sono collegate alla figura moderna della befana. Molto importanti per la tradizione catanese e palermitana, per questo giorno di festa, sono anche i canditi e i torroni, che spesso venivano forniti ai bambini più "buoni" al posto delle moderne caramelle e del carbone.

In epoca risorgimentale, erano però in voga anche le mandorle e i confettini, tra le famiglie più povere, finché le caramelle gommose non presero il sopravvento con la fine del Diciannovesimo secolo.

La gastronomia tradizionale della nostra regione prevede però un altro importante piatto nelle tavole imbandite dell’epifania. In questo caso non si tratta di un dolce, ma da un primo piatto composto da un risotto agli agrumi, che più tardi evolvette in un risotto ai gamberetti con olio di agrumi.

Nel palermitano, ed in particolare a Gratteri, le nonne e i pastifici mantengono ancora in vita anche un’altra tradizione. Durante la colazione dell’Epifania o al termine del pranzo, i piccoli bambini si trovano davanti a un piatto di cucciddati – noti anche come "turtigliuna"- dei piccoli buccellati ricoperti da zucchero e piccole decorazioni.

Ricolmi di fichi secchi, uva passa, mandorle, noci e scorze di arancia, questi biscotti sono davvero molto buoni e spesso è possibile trovarli anche durante il carnevale, essendo infatti particolarmente ricchi di zuccheri e amati dai bambini.
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