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Le (misteriose) sparizioni di 6 bambini siciliani: casi mai risolti alle porte di Palermo

Tra il 1968 e il 1992 nel palermitano i piccoli sono spariti nel nulla e non sono mai più stati ritrovati. Tre storie di bimbi inghiottiti dal buio. Noi vogliamo ricordarli

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 24 ottobre 2022

I crimini più atroci, in ogni epoca, sono stati quelli che hanno coinvolto i più piccoli, spesso vittime innocenti di un destino crudele. Il dolore delle famiglie che hanno perso un bambino, in circostanze misteriose e mai chiarite, non può trovare consolazione.

Si prova un’angoscia senza limiti a non sapere cosa è accaduto, a non ricevere mai una risposta definitiva. È un lutto che non si riesce ad elaborare: e a proposito di sparizioni di minori, vogliamo ricordare che per una strana coincidenza (visto che si tratta di tre casi diversi e non collegati tra di loro) sei bambini sono svaniti nel nulla nei decenni passati, tra il 1968 e il 1992, nella zona in provincia di Palermo compresa fra Aspra, Porticello e Casteldaccia.

Il primo caso è del 1968: "Tre bambini inghiottiti dalle Grotte dei Saraceni", questo era il titolo del Giornale di Sicilia di sabato 11 maggio 1968. In prima pagina apparivano in bianco e nero i volti di Giuseppe La Licata, Domenico Astorino e Domenico D'Alcamo, all'epoca bambini di nove, dieci ed undici anni.
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I tre ragazzini di Aspra frequentavano la scuola elementare e dopo essere usciti dal doposcuola erano tornati a casa per posare libri e quaderni, ed erano riusciti in strada per andare a giocare, ma non erano mai più rincasati. A tarda sera i loro genitori, Giovanni La Licata, pescatore, Vincenzo Astorino, muratore e Clemente D'Alcamo, terribilmente in ansia, erano andati in giro per la borgata, in cerca di notizie.

Si erano rivolti a Ignazio Prezioso, un amichetto dei loro figli, domandogli se sapesse qualcosa. Ignazio fornì un'indicazione fondamentale nella vicenda della scomparsa dei bambini, affermando che i tre ragazzi erano andati a esplorare le Grotte dei Saraceni e che avrebbero voluto che con loro andasse anche lui.

Ignazio però per paura si era rifiutato di seguirli. I suoi amichetti erano andati a comprare una candela, nella bottega della zia Maria, per farsi luce nelle grotte. La signora Maria, che aveva proprio un emporio in piazza, confermò che nel primo pomeriggio il piccolo La Licata aveva acquistato un lumino.

Le grotte dei Saraceni sono un intrico di cunicoli sotterranei, un complesso di centinaia di cave sfruttate a partire dal periodo arabo per l'estrazione di pietre di tufo (la celebre pietra di Aspra). Gli abitanti della frazione diedero subito una mano nelle ricerche. Le Grotte dei Saraceni, la sera stessa della scomparsa e nei giorni successivi, furono ispezionate da vigili del fuoco, volontari e forze dell’ordine.

Fu impresa non da poco riuscire a scendere in quel labirinto di cunicoli scavati nel tufo e l’esplorazione non diede comunque alcun risultato. Lo stremo degli uomini impegnati nella spasmodica ricerca fu ben descritto dalle parole di Vittore, vice questore dell’epoca: «Ho l’assoluta convinzione che tutto questo lavoro che ci ha tenuti svegli e con i nervi a pezzi per circa tre giorni l’abbiamo fatto a vuoto. Da buon padre di famiglia, però, non me ne dolgo».

Con il trascorrere dei giorni, la pista dei ragazzini alla ricerca di un tesoro nelle grotte perse di credibilità, anche per gli stessi genitori. Vincenzo Astorino, padre di Domenico, descriveva gli amichetti come “timidi e paurosi” ed era propenso a formulare ben altre ipotesi: per lui i bambini erano fuggiti, forse a Palermo…ma non si erano diretti di certo nelle cave di tufo. •Abbiamo paura anche noi adulti ad entrare nelle grotte, si immagini i bambini».

Il padre di La Licata affermò che la storia del lumino comprato dal figlio Giuseppe era stato un equivoco: «È stato l’altro mio figlio, quello che è a casa, ad acquistare un lumicino e cento lire di pancetta». Senza esito furono anche le verifiche di una segnalazione che indicava la presenza dei tre compagni di scuola a Torino.

La scomparsa dei bambini di Aspra, almeno nelle prime settimane, divenne un caso nazionale e nella borgata arrivarono giornalisti da ogni parte d’ Italia, come Vittorio Paliotti che, nel numero di fine maggio 1968 della “Domenica del Corriere”, pubblicò un reportage dal titolo “Preghiera per tre bambini”.

«I tre - scrisse Paliotti- erano inseparabili. Li chiamavano, mi è stato detto, 'i tre pesci' perché erano abilissimi nel nuoto». Al momento della scomparsa le imbarcazioni però erano tutte nel porticciolo e quindi si escludeva che Mimmo, Minico e Pino si fossero allontanati in mare o con una barca.

Nel 1970 si iniziò a vociferare dell’inquietante presenza di un’auto rossa: Clemente D’Alcamo, papà di Mimmo, all’inviato di un rotocalco del Tg1, raccontò che altri tre ragazzini di Aspra, qualche giorno prima di suo figlio e degli amichetti, erano fuggiti a gambe levate dopo essere stati avvicinati da alcuni estranei (due uomini e una donna su una macchina rossa) che volevano offrire loro delle caramelle.

Per qualcuno quell’auto era stata vista più volte vicino a Villa Sant’Isidoro, nei pressi delle Grotte dei Saraceni. Sul caso a poco a poco si spense l’interesse, restarono solo il dolore delle famiglie e una speranza che si affievolì irrimediabilmente col tempo.

Tutte le ipotesi formulate non furono mai suffragate da fatti certi. Per 50 anni il sottosuolo di Aspra non ha mai restituito alcuna traccia dei tre amichetti e il caso dei bambini è rimasto nell’oblio, almeno fino al luglio del 2015, quando la trasmissione televisiva di RaiTre Chi l’ha visto? si è interessata a questo “Cold Case”.

La troupe guidata da Fiore De Rienzo, autore e giornalista di inchiesta, ne ha ricostruito la storia. De Rienzo è stato ospitato in comune, ha realizzato alcune interviste nel borgo e ha esplorato un tratto delle grotte, insieme a Vladimiro Mauro, uno speleologo locale, che ha ben spiegato come fosse impossibile per tre bambini addentrarsi in quei cunicoli.

Nel 2018 nello slargo che si trova ad Aspra, tra corso Italia, via Francesco Tempra e via Scordato è’ stata collocata una targa, per non dimenticare mai Vincenzo Astorino, Domenico D’Alcamo e Giuseppe La Licata, la cui scomparsa è ancora oggi una ferita nel cuore non solo delle famiglie, ma anche dei cittadini della frazione.

Il secondo caso, a poca distanza del primo, avvenne nel novembre del 1970, nella frazione di Santa Flavia. A scomparire fu un bimbo di 9 anni, Giovanni Bellìa. Le ricerche ebbero inizio non appena ci si accorse della sparizione con l’aiuto della gente del luogo, poi vennero condotte dalla polizia, dai carabinieri e dai corpi speciali dei vigili del fuoco.

Venne esclusa immediatamente dagli inquirenti l’ipotesi che potesse trattarsi di un rapimento a scopo di riscatto, perché la famiglia di Giovanni viveva in condizioni economiche poco agiate. Le indagini, che durarono parecchio tempo, non trascurando il mare e i numerosi anfratti rocciosi della costa, purtroppo non giunsero ad alcun risultato. Del piccolo Giovanni non si è saputo più nulla.

Il terzo caso si verificò il 31 marzo del 1992 quando si persero a Casteldaccia le tracce di Salvatore Colletta di 15 anni e di Mariano Farina di 12, visti per l'ultima volta sul lungomare di contrada Gelso, a Casteldaccia, dove si erano recati per fare un picnic.

I due ragazzi, non erano grandi amici come avevano scritto i giornali, si conoscevano appena. Dopo una partita di calcio con altri ragazzini, si erano fatti accompagnare in spiaggia, in motorino, da un amico.

Salvatore e Mariano avevano acquistato in un piccolo market merendine e succhi di frutta, spendendo 8000 lire e mettendo tutto sul conto della nonna di Farina. Nella località scelta dai ragazzini per il loro picnic sorgevano però alcune ville che appartenevano a personaggi in odore di mafia.

Il sospetto degli inquirenti è sempre stato che i due giovani siano stati testimoni involontari di qualcosa che non avrebbero dovuto vedere, subendo poi una tragica ritorsione. La pista mafiosa è dunque stata in questo caso sempre quella privilegiata (anche se le due famiglie non hanno alcun legame con la criminalità organizzata) e sono stati sentiti vecchi e nuovi collaboratori di giustizia, senza che tuttavia ottenere spunti utili.

Due pentiti, però, qualcosa hanno riferito: «Chissà che cosa hanno visto entrando in qualche villa. E magari li hanno sciolti nell’acido».

Nel 2013 una donna rivelò agli inquirenti che il suo compagno all'epoca dei fatti sarebbe stato chiamato per “sbarazzarsi” dei corpi di due ragazzini; indicò anche un muro di cinta a Bagheria dove avrebbero potuto trovarsi i resti. Furono fatti degli accertamenti, ma alla fine non si trovò nulla.

Un elemento a sostegno della poco battuta pista dell'allontanamento volontario sono le diverse testimonianze secondo cui Mariano Farina sognava di tornare negli Stati Uniti, dove aveva vissuto da bambino. Durante i primi anni dalla scomparsa dei ragazzi furono numerose le segnalazioni ricevute, non solo in Sicilia ma anche in tutta Italia.

Qualcuno disse di aver visto Mariano e Salvatore insieme ad alcuni nomadi; qualcun altro li riconobbe in due tizi che chiedevano, vergognandosene, l’elemosina.

Solo dopo 21 anni si è pensato di controllare alcuni dei pozzi all'interno dei villini della contrada Gelso, grazie al legale della famiglia Colletta e alla trasmissione televisiva "Quarto grado". Dubbi, sospetti, accertamenti poco accurati sullo stato dei luoghi, persino sui resti di merendine ritrovate in una villa e prodotte solo molto tempo dopo, non hanno portato a nessuna soluzione.

La vicenda è rimasta molto fumosa. I primi giorni dello scorso settembre 2022, trent’anni dopo la scomparsa di Salvatore e Mariano, il caso è stato chiuso, senza una verità e senza colpevoli.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo ha archiviato l’indagine sulla scomparsa di Mariano Farina e Salvatore Colletta. Si è indagato a lungo, ma non abbastanza per i familiari, che tramite i legali, hanno sempre lasciato trapelare una profonda amarezza.

Un report del governo, che ha registrato le denunce di scomparsa dal 1 gennaio 1974 al 31 dicembre 2020 parla chiaro: su un totale di 258.552 – di cui 62.842 ancora da ritrovare – il 52,94% rientra nella fascia di età minore degli anni 18. Si tratta di un vero esercito degli invisibili. Di questi bambini inghiottiti dal buio non si saprà mai più nulla. Noi possiamo solo cercare di non dimenticarli. Mai.
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