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Bersani, il "mostro" è diventato saggio

  • 10 novembre 2006

Girarsi indietro, a volte, può servire. Può servire per tentare di scoprire se Chicco e Spillo, alla fine, da quella scarpata ne sono usciti vivi, o se, in fondo, l’essere troppo cerebrale, nel tempo è diventato un valore aggiunto o continua ad essere un esiliante compromesso. Queste e tante altre sono le storie che Samuele Bersani narrerà a Palermo, giovedì 16 novembre al teatro Metropolitan di Palermo in viale Strasburgo 356 (i prezzi variano da 29 a 35 euro, a seconda del settore).

Sul cantastorie romagnolo e sul suo piglio sopraffino, navigato e distaccato si è detto molto in questi anni. Si è parlato, a volte giustamente, di un piccolo "mostro" del cantare italiano cresciuto sulle orme di Luigi Tenco. Epiteti nobili, sicuramente, roba da provare a stare con i piedi per terra. Difficile, oggi, trovare artisti che mettano d’accordo tutti, che ti facciano sognare con il verbo e allo stesso modo battere il tempo su un ritmo audace e compiaciuto. Questo è in fondo Bersani, scoperto da Dalla e lanciato dal brano "Il mostro", re dell’estate 1993, scanzonato con la sua "Freak" e la piadina romagnola, nel 1995. Ci si chiedeva spesso se questo ragazzo fosse un istrione o uno che ci sapeva davvero fare. La risposta è arrivata nel tempo, con "Giudizi universali", brano a tutt’oggi considerato una gemma della canzone d’autore italiana.
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Sette album all’attivo, tra questi un "best of" dal sapore di compromesso "majoristico". Quest’anno fanno tredici primavere di carriera e lui, Bersani, da perfetto eterno adolescente, continua a stupire, tra il serio e il faceto, tra il logico e il nonsense, a metà strada tra il bambino che fa domande da grande, e il grande che ha conservato i sogni di un bambino. E i risultati del saggio Peter Pan si raccolgono anno dopo anno, disco dopo disco. Quest’anno è toccato a "L’aldiquà", cd inedito uscito in primavera e trascinato dall’irriverente brano "Lo scrutatore non votante". Un’altra conferma, tanto per gradire, per un artista che sembra non sbagliare più nulla, uno dei pochi che prima di pensare alla hit da lanciare in radio, studia l’album nei minimi dettagli: un cultore del "long playing" e quindi un vero cantautore.

Dunque non stupisce per nulla che l’ultima fatica in studio sia diventata una macchina "sforna singoli": da "Sicuro precariato" all’elegantissima "Lascia Stare" che fa da apripista all’album. Certo è, che da quando il nostro ha calcato la platea dell’Ariston intonando "Replay", la sua carriera artistica ha subìto un profondo mutamento, come se Peter Pan avesse deciso di smettere gli abiti infantili per agghindarsi con lupetti a girocollo modello Piccolo teatro di Milano. Le ultime produzioni ("L’oroscopo Speciale, Caramella Smog, e L’Aldiqua") sono un concentrato di rara eleganza, accompagnate da ospiti altrettanto eccelsi (da Fabio Concato a Sergio Cammariere); meno istrionismi in pratica, ma più finezza e più tormento.

Piace, sicuramente, questo patrimonio della nostra musica, ma piacerebbe a volte, riscoprirlo "post adolescente", quando cianciava di "Coccodrilli", ad esempio, o di madri che stirano allo spacciatore i jeans con la piega. Ma crescere pare sia un obbligo, e crescere vuol dire raccontare, e saper raccontare i nuovi percorsi: quelli di un ragazzino che, girandosi indietro, tra le scarpate di Chicco e Spillo e le ortiche da annaffiare, ha deciso di diventare uomo.

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