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Offlaga Disco Pax, politica e nostalgia

  • 7 aprile 2006

A volte la scena musicale italiana produce delle schegge impazzite. Oggetti alieni per genere, per attitudine, per immagine, che si ritagliano uno spazio nel panorama nostrano. A volte rimangono un culto di nicchia, altre volte senza che nessuno abbia il tempo di accorgersene schizzano in classifica o si impongono in manifestazioni importanti. Il 2005 ha regalato al rock italiano - che da un po' di tempo sembra disorientato, quasi in cerca di una nuova identità - un esempio magistrale in questo senso.

Da dove vengono gli Offlaga Disco Pax? Già l’indicazione geografica offre uno spunto di riflessione interessante, quell’Emilia forse non più paranoica di cui cantavano le sorti i CCCP. Anche questo nome non è preso a caso, tra i tanti a cui sono stati accostati gli Offlaga per spiegarne l’approccio. Come gli illustrissimi predecessori e compaesani, infatti, anche il trio di Reggio Emilia gioca su testi densi di contenuti politici. Ma ecco che qui avviene il rovesciamento: dove i CCCP erano battaglieri e fieri nel portare avanti una battaglia ideologica ancor prima che musicale, l’ironia irresistibile nel rievocare nostalgicamente l’immaginario veterocomunista di un’Italia quasi pepponiana contraddistingue gli Offlaga Disco Pax riuscendo a strappare all’ascoltatore di “Socialismo tascabile” (opera unica, finora) più di un sorriso.
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E anche l’atteggiamento dei frontmen è diverso. Giovanni Lindo Ferretti negli anni ottanta era il personaggio più punk che la musica italiana abbia mai avuto, e sul palco era un pazzo, così come i suoi compagni (!) d’avventure. Max Collini è compassato e declama testi che parlano di professori retrogradi e strani scambi di vedute tra il cliente di un negozio di dischi e il proprietario con una serietà tale da riuscire a non essere assolutamente credibile (da qui i sorrisi di cui si parlava prima). Non mancano però anche momenti più poetici. “Kappler”, “Tono metallico standard”, “Robespierre” sono tra i passaggi più riusciti di un lavoro che comunque si mostra piuttosto compatto e di piacevolissimo ascolto. Proprio la recitazione dei testi ha tirato in ballo anche il nome dei Massimo Volume, mentre dal punto di vista musicale gli Offlaga giocano su scarne trame elettroniche, sostenute bene dalla drum machine, senza infiocchettare troppo i singoli episodi ma contando sul fatto che la buona riuscita del risultato venga dall’effetto spiazzante dell’insieme. A riprova di ciò vale la pena osservarli dal vivo.

A seguire gli Offlaga l'anno scorso all'Ask 191 nella loro prima sortita palermitana c'erano quattro gatti. Comprensibile? Il disco era uscito da poco, e la Palermo indie (ma esiste ancora?), sonnacchiosa più che mai, deve aver trovato eccessivo spendere due euro per un gruppo mai sentito nominare, quando tutta la stampa specializzata nazionale ne parlava, cartacea o telematica che fosse. Il concerto, pur penalizzato da un’acustica scandalosa, non è stato privo di momenti di soddisfazione (compreso il lancio di tobleroni e gomme da masticare cinnamon). Questo fa ben sperare in vista del concerto di venerdì 14 aprile allo Zsa Zsa Mon Amour (ore 22.30, ingresso 8/5 euro), seconda discesa in quel di Palermo per la band vincitrice del Premio Fuori dal Mucchio 2005 al Mei di Faenza.
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