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Riti satanici, delitti e pure un fantasma: in Sicilia c'è una chiesa degli orrori che fa paura

La chiesa è tutto ciò che rimane di un possedimento agricolo, coltivato a vigneti, appartenente all’illustre famiglia dei Casalotto. Adesso è un vasto giardino pieno di ruderi

  • 6 marzo 2021

Villa Casalotto, la chiesa degli orrori di Aci S.Antonio (Catania)

Villa Casalotto è ciò che rimane di un ampio possedimento agricolo, coltivato a vigneti, appartenente all’illustre famiglia dei Casalotto.

Le fonti indicano la proprietà, una residenza di campagna con annesso un parco dei primi del ‘900, sviluppato su preesistenze sei-settecentesche, come il nucleo di fondazione del comune di Aci Sant'Antonio – in provincia di Catania –, anche se l'urbanizzazione ipertrofica ha finito per ridurla drasticamente sino allo stato attuale.

Adesso è un vasto giardino con i ruderi di alcuni antichi edifici che «comprendevano gli alloggi signorili e quelli di servizio, nonché una piccola scuderia e varie attrezzature sportive. Era, inoltre, presente un palmento, rimasto attivo fino al 1975 (Balistreri et al.), con annessa una grande cantina.

Isolata, a una certa distanza dalle abitazioni, si trovava una grande cappella neogotica che ancora oggi domina il parco. Le costruzioni erano state realizzate facendo largo uso di pietra lavica, marmi e pietra bianca di Siracusa (…) Dai due viali principali si dipartivano, a vari livelli, vialetti e percorsi sinuosi tra vaste aiuole sistemate a boschetto.
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Purtroppo, con l'abbandono delle strutture abitative e la cessazione dell’attività produttiva del palmento, il parco di Villa Casalotto ha subito un veloce declino, provocato anche da numerosi atti vandalici e furti.

Lo sviluppo incontrollato della vegetazione ha fortemente compromesso la sistemazione dei vialetti e la delimitazione delle aiuole; anche i terrazzamenti e le scalinate mostrano in più punti segni di cedimento (…)

L’intero complesso architettonico, inoltre, si presenta in gran parte smantellato e il giardino spoliato degli elementi decorativi (statue, vasche, fontanelle) che in passato ne qualificavano la struttura. Benché fortemente compromessa, l'originaria organizzazione del giardino è, comunque, ancora percepibile tra gli evidenti segni del degrado».

Ecco, il degrado. Il processo cui giunge la bellezza umiliata nel segno fatale del passaggio tra le cose, deprimendo un luogo come Villa Casalotto che rappresenta «un tentativo di associare il fascino suggestivo del bosco con la concreta praticità delle strutture e delle attività produttive».

Sul pretesto di un tempo remoto si affaccia l’immagine inquietante di una chiesa, ed è un vero e proprio racconto dell’orrore che inizia con il caso di una madre vestita da suora nell’atto di abusare del proprio figlio.

Una storia orrenda, un caso di cronaca emerso attraverso l’analisi dettagliata di alcuni video nei quali una chiesa faceva da sfondo alla violenza cieca, inquinando al rituale satanico il più bieco atto della pedofilia; e le indagini finirono per riconoscere in quella cornice scenografica proprio la Chiesa dei Casalotto, abbandonata da più di mezzo secolo.

Pare, infatti, che da molti anni questo luogo sia convegno di sette sataniche e soggetti deviati, e, anche se non ci sono prove certe e responsabilità conclamate, negli anni ’80 fece scalpore un’inchiesta delle forze dell’ordine in seguito alle lamentele dei residenti della zona che avevano più volte suggerito l’uso della cappella da parte di alcune sette sataniche per il compimento dei loro macabri riti.

Così è accaduto che questa chiesa, dichiarata sacramentale nel 1556, per lunghi anni luogo di culto e vettore di memoria degli abitanti, abbia finito per diventare un luogo degli orrori, oggetto di continui esposti alle forze dell’ordine, e infine teatro di un omicidio consumato con un revolver.

La vicenda risale al 1987, quando il proprietario di una delle abitazioni adiacenti alla chiesa, esasperato, esplose in aria due colpi di pistola per spaventare alcuni ragazzi che si aggiravano nella chiesa. A un giovane, che si era arrampicato fino al campanile, si conficcò un proiettile nel cranio, uccidendolo.

Le autorità provvidero a rendere inaccessibili le porte della chiesa e gli accessi delle catacombe, ma i segni della morte non spariscono dietro i mattoni e un po’ di calce. È lo spirito che rimane, il fantasma psichico dell’atto omicida, la percezione umbratile del lieve confine tra l’essere al mondo e il venirne meno, come il caso fortuito di un passatempo crudele.

Così il mistero, che non è mai nelle cose, appartiene al regno delle sensazioni, agli usi impropri che un certo male declina nei luoghi, inquinando l’armonia con un’insensatezza che non ha motivi, se non i più banali, per quel paradosso secondo il quale è proprio laddove ha regnato la fede che governa il trauma dell’assenza di Dio.

Alla luce del sole, in un posto bellissimo, per il tempo perduto che non ritorna.
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