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Salvato dalle sue eredi: nel cuore della Sicilia (ri)splende una storica dimora nobiliare

Siamo a Caltagirone e qui si trova uno dei palazzi più antichi della città, ricostruito dopo il terremoto e adesso restaurato (e visitabile) grazie alla volontà di due donne

  • 12 settembre 2021

Lara Marina Gravina Belmonte Beaumont in un salone di Palazzo Spadaro Libertini (foto di Saverio Pavone)

Nel cuore della Sicilia, a Caltagirone per la precisione, c’è un palazzo che ha segnato la storia più antica di questo comune e che, recentemente, è ritornato a splendere grazie alla volontà di due donne.

Stiamo parlando di Palazzo Spadaro Libertini, che si trova nella centralissima via San Bonaventura (a pochi passi dalla scalinata di Santa Maria del Monte e nei pressi della chiesa seicentesca omonima), ricostruito dopo il parziale crollo dovuto al terremoto del 1693.

Dall’ottobre del 2019 gran parte del Palazzo, come dicevamo, è tornato all’antico splendore grazie alla dedizione e alla ferrea volontà di Lara Marina Gravina del ramo di Belmonte Beaumont, avvocato che vive e lavora a Milano, e di sua madre.

Il Palazzo fu costruito su un impianto preesistente cinquecentesco riconducibile al palazzo non finito appartenuto a Bonaventura Secusio, vescovo di Catania e diplomatico nato a Caltagirone nel 1558.

I lavori di ricostruzione vennero iniziati nel 1725 da Barbaro Maggiore Marchese di Santa Barbara e conclusi nel 1732.
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La struttura consta di due piani sovrastanti il piano terreno, dove si trovano ex magazzini diventati negozi; dall’ingresso principale si apre un imponente androne attraverso il quale si accede ad un cortile barocco, decorato da una pregevole fontana.

Ai lati di quest’ultima si trovano le ex scuderie diventate magazzini e, sul lato destro, uno scalone barocco in pietra di Comiso illuminato da finestroni e finestre più piccole ad “oculo” che danno sul cortile interno.
Salendo i così detti gradini “da cavallo” dello scalone si accede ai piani superiori.

Ripercorrendo le principali tappe storiche che lo riguardano, come riportato nel sito ufficiale dedicato alle dimore storiche italiane, è doveroso citare alcuni passaggi.

Siamo nel 1871 quando un discendente di Barbaro Maggiore vende la maggior parte del Palazzo al parente Michelangelo Libertini dei Baroni di San Marco, Patrizio di Caltagirone, il quale ne fa, al piano nobile (quello attuale), la propria fastosa dimora.

Già allora fece collocare infissi laccati bianco e oro e mobili prodotti in Francia al pari di damaschi e tappeti Aubusson, ordinati a Versailles e a Aubusson, appunto.

Le volte dei Saloni furono fatte decorare dai migliori artisti locali e arricchite dalla mano di Francesco Vaccaro, appartenente alla rinomata famiglia di artisti calatini (autori di opere presenti nelle chiese e musei di Caltagirone sino al territorio del ragusano).

Le porte dei Saloni di rappresentanza riportavano opere in vetro impreziosito da splendide pitture raffiguranti animali esotici e fiori che richiamavano le decorazioni delle volte, in un unico inscindibile motivo decorativo in sintonia con il resto degli arredi.

«Abbiamo proceduto con un attento restauro filologico e conservativo - ci ha detto Lara Marina Gravina Belmonte Beaumont - che ha coinvolto ogni aspetto e ogni angolo che è sotto la mia custodia, per circa un anno ci ha lavorato, incessantemente, una squadra di 20 persone.

Nel 2017 Alvise Spadaro Gravina (noto storico dell’arte - ndr) ha voluto fortemente che acquistassi io questa ala del palazzo, sicuro che avrei fatto di tutto per risvegliare l’anima di questa antica dimora a cui tutta la famiglia, per diverse motivazione, è sempre stata molto legata».

Tra i pezzi più importanti dell’arredamento c’è un magnifico pianoforte della ditta Pleyel, un Gran Coda Pleyel Wolff, databile intorno al 1878, anch’esso restaurato a regola d’arte durante i lunghi mesi della pandemia.

Pianoforte che fu suonato anche da Richard Wagner, quella volta che venne in visita a Ramacca alla figliastra Blandine, nipote di Franz Liszt, fidanzata e poi convolata a nozze con Biagio Gravina di Ramacca.

Riprendendo le fila della "storia di famiglia", Michelangelo Libertini donerà in seguito la proprietà del Palazzo ai figli Gesualdo, (politico a livello regionale e Senatore del Regno Sabaudo) e Francesca sposata con il Barone Salvatore Spadaro di Passanitello.

Non avendo avuto eredi Gesualdo Libertini lascerà tutto il patrimonio ed il Palazzo al nipote Francesco Spadaro di Passanitello, figlio della sorella Francesca, storico, araldista e archeologo nonché sindaco di Caltagirone.

Il Palazzo prese, dunque, il nome di Palazzo Spadaro Libertini.

L’altra parte dell’edificio invece (primo piano e magazzini), verrà poi lasciata in eredità da un altro discendente dei Maggiore, in virtù di matrimonio, al padre del conte Michele Gravina nonno degli eredi Spadaro di Passanitello.

Per la ricchezza e l’importanza delle testimonianze artistiche custodite il Palazzo nel 2001 è stato dichiarato bene monumentale di rilevante interesse artistico, grazie ad Alvise Spadaro Gravina, ancor prima della vendita alla cugina Lara Marina Gravina.

«In poco meno di un anno grazie alla stretta collaborazione di alcune persone sul luogo sono riuscita a rimettere a nuovo i cinque saloni: degli Stemmi, dei Marmi, Giallo, degli Specchi o Rosso e Azzurro; con un investimento economico considerevole che abbiamo sostenuto io e mia madre senza alcun finanziamento da parte delle istituzioni.

Questo palazzo, che presto aprirà le sue porte per la prima volta anche attraverso il festival Le Vie dei Tesori, è la gioia della mia vita. Sono fermamente convinta che gli oggetti, così come le piante e le case, abbiamo un’anima che viene custodita e nutrita da chi se ne prende cura con il cuore.

È quello che sto facendo io, curando ogni angolo e dettaglio nel pieno rispetto dell’originalità. Questo grande impegno lo sto portando avanti sulla scia del grande amore che i miei genitori, e tutti gli antenati, hanno sempre avuto nei confronti della Sicilia; mio padre, ad esempio, ha voluto essere seppellito proprio a Caltagirone.

Ogni estate la passavamo in Sicilia, assorbendo sempre più l’anima di questa terra, che è unica».
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