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Seta rossa, fili d'oro e "made in Palermo": il mantello dell'incoronazione ora è a Vienna

Dopo qualche secolo di onorato servizio agli imperatori del Sacro Romano Impero, adesso il mantello realizzato dagli antichi artigiani siciliani è esposto in Austria

Il Mantello dell'Incoronazione esposto a Vienna

Nella notte di Natale del 1194, nella cattedrale di Palermo, si svolse la solenne cerimonia di incoronazione di Enrico VI Hohenstaufen a re di Sicilia.

Il piccolo Guglielmo III (figlio di Tancredi, a sua volta nipote di Ruggero II), che aveva ricevuto la corona nemmeno 10 mesi prima, alla morte del padre, dovette cederla deponendola ai piedi di Enrico, mettendo fine, in questo modo, al regno dei normanni in Sicilia.

Le vicende che portarono il tedesco a sedersi sul trono dei normanni sono abbastanza lunghe e intricate, fra matrimoni combinati, figli illeggittimi, intrighi di palazzo e battaglie sanguinose.

Sta di fatto che a Enrico VI non sembrava vero l'aver ottenuto questo risultato: il regno dei normanni era un luogo favoloso, una sorta di Eldorado di cui, nelle corti di Europa, si parlava con un misto di stupore, ammirazione e invidia. Non solo per la sua fortunata parabola e per l'abilità dei suoi sovrani ma anche, e soprattutto, per la sua ricchezza.

Si parlava di parchi lussureggianti e smisurati intorno a castelli preziosi, di città magnifiche colme di popolazioni laboriose, del trionfo di arti e scienze. Il cuore di tutto era il palazzo reale di Palermo, dove Enrico si accingeva a entrare da padrone.
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Per la verità, a Enrico poco importava della Sicilia. Era esclusivamente interessato alle sue ricchezze, utili a rimpinguare le casse del suo impero, in rosso perenne a causa delle ingentissime spese necessarie a difenderlo, una guerra via l'altra.

Così, dopo essersi fatto incoronare, essersi goduto il banchetto e i salamelecchi dei suoi nuovi sottoposti, passò senz'altro a fare l'inventario di quel che poteva servirgli. Poco tempo dopo, da Palermo partì una carovana di più di cento muli in direzione Norimberga.

In una delle grandi casse c'era il Mantello dell'Incoronazione.

Il prezioso drappo era stato realizzato nel celeberrimo tiraz del palazzo reale. Questa officina, della quale non si conosce la precisa collocazione, era stata attivata già all'epoca della dominazione islamica. Vi si producevano tessuti, monili in oro, tappeti di straordinario pregio, per la famiglia reale e per i notabili che potevano permettersi di acquistarli.

Della sua attività testimonia Ugo Falcando nella Historia De Regno Sicilie: "Né conviene tacere delle nobili officine attigue al palazzo, ove il filo serico colorito in matasse di vario colore viene poi impiegato nelle molteplici specie del tessere. (...) Vi si vedono ancora molte altre cose di vario colore e ornati di vario genere, in cui l'oro si intesse con la seta, e la varietà di pitture multiformi viene posta in risalto da gemme lucenti; le perle vengono raccolte dentro ciste d'oro, o perforate e connesse con l'esile filo. L'elegante arte nel disporle accrese la bellezza dell'opera dipinta”.

I primi manufatti in seta d'Italia furono realizzati proprio a Palermo e fra essi questo mantello.

Realizzato in seta rossa (il colore, chiamato kermes, si otteneva dai corpi essiccati delle femmine di cocciniglia, ed era considerato più prezioso della porpora … e la sua produzione era anche molto meno puzzolente), venne ricamato con fili d'oro e decorato con smalti e perle a formare l'immagine di un albero della vita affiancato da due leoni nell'atto di avvinghiare altrettanti cammelli.

Lungo il bordo fu inserita una lunga iscrizione celebrativa del re, in caratteri cufici: “Lavoro eseguito nella fiorente officina reale, con felicità e onore, impegno e perfezione, possenza ed efficenza, gradimento e buona sorte, generosità e sublimità, gloria e bellezza, compimento di desideri e speranze, giorni e notti propizie, senza cessazione né rimozione, con onore e cura, vigilanza e difesa, prosperità e integrità, trionfo e capacità, nella Capitale della Sicilia, l'anno 528” (si tratta del 528 della cronologia islamica, dunque il 1133 per il calendario gregoriano).

Un'opera bellissima che a Enrico piacque assai e che dunque finì in quello che possiamo considerare un vero e proprio bottino di guerra. La carovana di muli attraversò mezza Europa e giunse infine a Norimberga.

Il tesoro siciliano venne smembrato e non ho rintracciato notizie degli altri pezzi che lo componevano. Il mantello, però, sappiamo dov'è: nella Kaiserliche Schatzkammer (tesoro imperiale) dell'Hofburg di Vienna.

Dopo qualche secolo di onorato servizio agli imperatori del Sacro Romano Impero, che lo indossarono uno dopo l'altro in occasione delle proprie incoronazioni (e difatti l'interno è stato via via rifoderato, a causa dell'usura), adesso è esposto in Austria, dove tutti possono ammirare la bravura degli antichi artigiani siciliani.

Oggi sappiamo anche chi erano.

Nel 1980 è stato deciso il restauro del mantello, e in quell'occasione, sotto le fodere, gli operatori hanno trovato una striscia di lino con su i nomi dei tre ricamatori arabi – Alì, Mah e Marzug – che, insieme a un Tumas, probabilmente il sarto, hanno creato questo splendore.
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