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Antimafia: inaugurata la "Casa di Giuseppe Francese"

Inaugurata a Bagheria la "Casa di Giuseppe Francese", un centro di incontro e confronto per i giovani dedicato alla memoria del figlio del giornalista Mario Francese

  • 27 gennaio 2017

La casina "No Mafia" di Capaci

A Palermo chi combatte la mafia spesso non vince la guerra, ma lascia un'eredità preziosa che aiuterà le generazioni future a meglio comprendere e contrastare un fenomeno che ancora oggi avvelena la Sicilia: è stata inaugurata a Bagheria, in via Sant'Isidoro Monte 42/A, la "Casa di Giuseppe Francese".

La "Casa" diventa centro di incontro e confronto per i giovani dedicato alla memoria di Giuseppe Francese, figlio di Mario Francese, giornalista antimafia assassinato da cosa nostra il 26 gennaio 1979.

Un assassinio che sconvolse la vita dell'allora tredicenne Giuseppe, figlio di Mario, che ha deciso di intraprendere la carriera di giornalista in onore del padre e con un forte desiderio di verità e giustizia. Il 3 settembre 2002 anche lui se n'è andato, suicida.

All'inaugurazione della "Casa", che diventa inoltre un centro di documentazione sui giornalisti uccisi dalla mafia, hanno partecipato anche Giulio Francese, giornalista, fratello di Giuseppe e figlio di Mario; e il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia Riccardo Arena.
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Dall'uccisione di suo padre Mario, raggiunto da sei colpi di pistola commissionati da Totò Riina e Bernardo Provenzano sotto casa in via Campania a Palermo, la vita di Giuseppe Francese è cambiata attraversando diverse fasi.

Lo sconforto, la rabbia, la sensazione di impotenza e poi la svolta: raccontare la mafia ricostruendo le inchieste del padre e delle vittime di cosa nostra. Anche grazie ai suoi sforzi il processo sull'omicidio di Mario Francese si è concluso con sette condanne, con sentenze per Totò Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano.

«Nella vita non ho soltanto cazzeggiato, qualcosa di serio l'ho fatto anch'io, almeno ai miei occhi. Ho scritto e scritto di mafia. Come mio padre, anche se non faccio il suo mestiere. Allora mi domando e vi domando: perchè lo faccio? Forse soltanto per sete di verità. Verità ancora sconosciute, verità da chi per oltre 20 anni è stato arso dalla sete di giustizia».
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