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Bestie preistoriche che resistono fino a oggi: trovato in Sicilia il Boa delle Sabbie

In Italia si è estinto nel Miocene ma in realtà ha abitudini notturne e ha nascosto la sua presenza ai ricercatori per decenni. In Sicilia è arrivato con i Greci nel 400 a.C.

  • 10 luglio 2017

Il Boa delle sabbie trovato a Licata

Una delle cause principali che avrebbero portato alla differenziazione della fauna mediterranea attuale è da ricercare certamente nelle attività umane.

In quest’ottica, l’effetto della presenza dell’uomo non avrebbe solamente portato all’estinzione di alcune specie (soprattutto nelle isole, ad esempio il lupo in Sicilia) ma avrebbe contribuito anche ad una loro riorganizzazione geografica, e in alcuni casi persino all’introduzione di specie animali in località remote (la cosiddetta fauna antropocora).

Un esempio molto affascinante è rappresentato dalle vipere dell’Isola di Montecristo, serpenti che non avrebbero avuto altro modo di arrivare su uno sperduto scoglio del Tirreno se non grazie all’uomo.

Recenti studi genetici e storici attribuirebbero l’introduzione di questi rettili ad alcuni anacoreti provenienti dal nord della Sicilia, i quali si sarebbero rifugiati nell’arcipelago toscano durante l’alto Medioevo.
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La letteratura scientifica riporta numerosi altri esempi di introduzione di anfibi e rettili in zone insulari o remote ad opera dell’uomo.

Una colonizzazione che sembra non avere risparmiato la Sicilia, come conferma il singolare caso del "Boa delle sabbie’" (Eryx jaculus). Lungo tra 30 e 60 cm, si nutre di lucertole, piccoli roditori e lumache, ha abitudini notturne e un carattere molto elusivo, fattore quest’ultimo che deve aver contribuito a nascondere la sua presenza fino alla recente scoperta fatta da un team di ricercatori.

«Vivono in un’areale di circa 40 km quadrati, nelle campagne tra Gela, Licata e Caltanissetta e al momento non fanno ufficialmente parte della fauna italiana - spiega Gianni Insacco paleontologo del Museo Civico di Storia Naturale di Comiso e autore della ricerca - In realtà abbiamo testimonianze dell’esistenza di questi serpenti a Licata sin dagli anni Trenta, ma a giudicare dai nomi dialettali con cui vengono indicati, la loro presenza deve essere nota da tantissimo tempo agli abitanti, che spesso li confondevano con le vipere».

Si tratta dunque di una scoperta molto importante, considerato che il genere Eryx si è estinto in Italia nel Miocene, che non fa parte della fauna paleontologica della Sicilia, e che‘i Boa delle sabbie vivono in alcune regioni del Medio Oriente e del Nord Africa.

Esclusa dunque l’ipotesi dei ponti filtranti (emersione di corridoi di terra dovuta alle variazioni del livello del mare, che può permettere le migrazioni di specie animali), l’interesse degli studiosi si è orientato verso una possibile introduzione umana.

«Introduzioni antiche di serpenti per ragioni religiose o per rituali di guerra sono state proposte in altri casi - continua Insacco - nel nostro caso, abbiamo ragione di credere che questi rettili siano giunti in Sicilia per mano dei Greci o dei Cartaginesi tra il 400 ed il 500 a.C.».

Un’ipotesi che trae origine dall’utilizzo dei serpenti come arma durante le battaglie: chiusi in vasi di terracotta, venivano lanciati contro il nemico per creare il panico e distrarre l’avversario.

E proprio alcune di queste battaglie si sarebbero combattute nella zona del Fiume Salso, a ridosso dell’attuale areale di distribuzione del Boa delle sabbie.

Adesso bisognerà concentrarsi sull’accertamento della provenienza di questi serpenti, come fa sapere Insacco.

«Dopo avere osservato alcuni esemplari che abbiamo tenuto in cattività e poi rilasciato, adesso stiamo portando avanti uno studio genetico sulla popolazione siciliana».

Nell’attesa che i ricercatori svelino gli ultimi misteri di questi affascinanti animali, la presenza del Boa delle sabbie’in Sicilia e in particolare in un’area non protetta dal punto di vista ambientale, richiede una tempestiva attuazione delle azioni previste dalla legge per la tutela della fauna selvatica.

Eryx jaculus è indicato infatti come specie protetta dal CITES, dalla Comunità Europea e dalla Convenzione di Berna. Un altro piccolo tesoro della nostra isola da tutelare e valorizzare.
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