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Palermo-Amburgo andata e ritorno: Fabio Guglielmino racconta la sua musica

Classe 1981, cantautore palermitano di nascita ma tedesco di adozione: Fabio Guglielmino ha presentato il suo nuovo album "Brücke10" all'Auditorium Rai

  • 22 maggio 2017

Fabio Guglielmino

Cantautore palermitano, che al grido di "Rock is not dead!" ha saputo portare un po' della sua città in Germania. È Fabio Guglielmino che con l'energia e la spontaneità che contraddistingue la sua musica si racconta nella nostra intervista.

Tu sei un cantautore rock che strizza l'occhio agli anni Ottanta, ma questo genere di musica a oggi non rischia di suonare vecchio?
«Credo di no, gli anni Ottanta sono proprio una figata! - ride - In quel periodo le canzoni erano molto libere, aperte, scanzonate, non si prendevano sul serio. Ed è una mentalità che io ho voluto fare mia. Poi in quel periodo c'era tantissima voglia di sperimentare e cercare nuovi suoni, e questa cosa non può invecchiare mai».

Quando hai capito che la tua strada era quella di fare musica? E quali sono le tue influenze principali?
«Da ragazzino ho scoperto Bryan Adams, che mi ha letteralmente impressionato. Erano gli anni del pop all'italiana, mentre lui invece urlava al microfono quello che sentiva. Io mi sono agganciato al suo modo di fare musica».
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«Poi ho scoperto Bruce Springsteen andando a frugare tra i dischi de miei genitori - continua - Ho ammirato la sua forza, questa grinta che esprimeva. Da lì ho cominciato a imitare un po' le sue canzoni con la chitarra. Tra gli artisti italiani sono tutt'ora influenzato tantissimo da Zucchero: sa usare le vocalità italiane su strutture moderne, internazionali e all'avanguardia, lui è proprio un maestro per me».

Passi facilmente da temi impegnati a canzoni più leggere. Quali sono i messaggi che vuoi trasmettere con la tua musica?
«Un cantautore viene influenzato dall'ambiente che lo circonda, quello che vedo lo scrivo. Il mio lavoro parla anche di temi seri e a volte tristi, ma sempre con ottimismo, mi piace lanciare un messaggio di speranza e miglioramento, che sia positivo».

Hai viaggiato molto con la musica, cosa ti ha dato l'esperienza in Inghilterra e in Germania? E tu cos'hai portato di palermitano all'estero?
«Sono state esperienze preziose. Ho imparato a lavorare con metodo, in maniera più precisa, ho studiato e imparato ancora. Io ho portato il calore palermitano sul palco, spontaneità, voglia di fare e la positività della mia terra».

«Canto in italiano - aggiunge - quindi sfatiamo il mito di dover cantare in inglese per andare all'estero. Il pubblico tedesco è molto attento e appassionato alla lingua italiana. In questo ho trovato uno stimolo per dare una sonorità più italiana alla musica rock. Mi sono divertito tanto a mischiare le melodie aperte italiane su strutture moderne rock».

Parliamo del nuovo disco, "Brücke10", cosa ci sarà dentro?
«L'album prende il nome del molo del porto di Amburgo dove ho scritto la maggior parte dei brani. È un'esplosione di influenze diverse. Scritto interamente fra Amburgo, Stoccarda, Berlino e Francoforte, durante il mio viaggio in Germania ho scoperto una grande voglia di tirare fuori idee e centrifugarle. Tutto quello che ho imparato sto cercando di metterlo nel disco, con l'auito di grandi musicisti tedeschi e italiani».

«È un lavoro molto internazionale e sto cercando dare al disco un sound più nordico, con strumenti nuovi per me, come sax, tromba e fisarmonica - continua - Siamo ancora in fase di registrazione, perchè ho deciso di lavorare liberamente e spontaneamente, assecondando anche idee estemporanee. Sicuramente sto cercando di metterci tutta la mia anima».

Tra i prossimi impegni di Guglielmino c'è un concerto in elettrico sabato all'Auditorium Rai di Palermo in viale Strasburgo, in cui presenterà 7 dei 10 brani che comporranno il disco in anteprima, con l'aggiunta di alcuni dei brani più celebri del suo repertorio. Dopo un'altra data a Palermo, il 14 giugno ai Cantieri culturali alla Zisa, tornerà in Germania per il Sommerfestival der Kulturen a Stoccarda a luglio.

Terminiamo con una domanda un po' spinosa: questi viaggi e questa tua continua trasformazione non ti faranno correre il rischio, un giorno, di abbandonare il rock?
«No. Credo di averlo proprio nel DNA. La mia evoluzione musicale è come una trasformazione chimica, non si torna indietro una volta iniziato il processo - ride - Sicuramente continuerò a contaminare la mia musica con tutte le influenze che raccolgo ma non abbandonerò mai il rock, non ci posso fare niente».
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