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Cancro: ricercatori palermitani scoprono nuova terapia

Una ricerca congiunta dell'Università di Palermo, la Medical University of Gdansk e la University of Maryland Medical School è stata pubblicata sulla rivista Cancer Letters

  • 11 dicembre 2016

Un nuovo passo avanti nella ricerca contro il cancro porta la firma di diversi ricercatori palermitani, impegnati in un progetto svolto in collaborazione con la Medical University of Gdansk in Polonia e la University of Maryland Medical School di Baltimora negli Stati Uniti.

I risultati della ricerca, pubblicata questo mese sulla rivista internazionale Cancer Letters, dimostrano un nuovo ed efficace meccanismo d'azione della doxorubicina contro la proliferazone delle cellule tumorali.

La doxorubicina, conosciuta anche con il nome di adriamicina, è un antibiotico antineoplastico della famiglia delle antracicline, dotato di un ampio spettro antitumorale e largamente usato in oncologia. Il farmaco si lega al DNA cellulare inibendo la sintesi degli acidi nucleici e la mitosi e provocando aberrazioni cromosomiche.

Prima firmataria della tesi di ricerca è la dottoressa Antonella Marino Gammazza, ricercatrice presso la Sezione di Anatomia Umana del Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche dell'Università di Palermo.
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«Questo meccanismo - dice la dottoressa - prevede l'innesco della senescenza replicativa attraverso il trattamento con basse dosi di farmaco capaci di indurre l’acetilazione della proteina Hsp60, che nelle cellule tumorali, e solo in quelle, forma un complesso con la proteina p53 favorendo la progressione tumorale».

«L’acetilazione dell’Hsp60 favorisce il rilascio di p53 - continua la ricercatrice - e l’attivazione di una cascata di fattori che porta al blocco della proliferazione cellulare».

Grazie agli sviluppi della ricerca il farmaco, già utilizzato in diverse neoplasie maligne come quelle a carico della vescica, della memmalle d del polmone, potrà essere utilizzato con una migliore consapovelezza e in maniera mirata, al fine di preservare l'integrità morfofunzionale delle cellule sane che vengono invece danneggiate da altre terapie più invasive.
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