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Sua Santità il Dalai Lama arriva a Palermo: la visita nel capoluogo a settembre

A distanza di oltre vent'anni il Dalai Lama Tenzin Gyatso, leader spirituale e Premio Nobel per La Pace, arriva a Messina e Palermo dal 15 al 18 settembre

Balarm
La redazione
  • 10 maggio 2017

Si tratta di un atteso arrivo, inquadrato in una serie di visite fortemente voluta dall'Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, che vedrà Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso in Sicilia dal 15 al 18 settembre.

Un evento storico la cui importanza è sottolineata anche dal sindaco. «È un privilegio potere accogliere il Dalai Lama nella nostra città, così come oggi appare al mondo, rigenerata e luogo di pace - commenta Leoluca Orlando - Il tema dell'incontro tra il Dalai Lama, cittadino onorario di Palermo, e i palermitani sarà quello dell'educazione alla gioia, un modo per trasmettere fiducia e autostima alla Sicilia, sicuramente punto di migrazione, ma è ancor di più terra di accoglienza».

Quello del leader spirituale del Tibet e Premio Nobel per La Pace, è un gradito ritorno: l'ultima visita a Palermo risale ad oltre vent'anni fa ed era stata voluta dal Comune di Palermo.

Era il maggio del 1996 quando Sua Santità giunse a Palermo, accolto dal sindaco Leoluca Orlando, allora al suo secondo mandato, che gli consegnò la cittadinanza onoraria. Al suo fianco, Richard Gere presentò la sua mostra fotografica sul Tibet, e insieme parteciparono a un convegno sui diritti umani.
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Tante le iniziative previste nei giorni che precedono il soggiorno del Dalai Lama: un calendario di manifestazioni racchiuse sotto il titolo “Aspettando il Dalai Lama”. Tra le ipotesi a cui si sta lavorando la proiezione di alcuni film tra cui “Kundun” di Martin Scorsese, “Il piccolo Buddha” di Bernardo Bertolucci o ancora “Samsara” di Pal Nalim.

La realizzazione di un Mandala: un simbolo spirituale e rituale che rappresenta l'universo oltre ad essere uno strumento capace di influire sul benessere globale delle persone grazie alla sua forma circolare accogliente e antichissima. Il Mandala di benvenuto a Sua Santità verrebbe realizzato dai monaci buddisti.

Diversamente dal solito in cui il Mandala viene dissolto a fine manifestazione, questa volta lo si tratterebbe con un oggetto d’arte da lasciare in esposizione alla GAM, Galleria d’arte moderna, così come ce n’è uno in mostra al MOMA di New York.

Una mostra fotografica sul Tibet e una sessione di meditazione aperta alla città sotto la guida di un Maestro, una conferenza pubblica di un Lama tibetano e di un maestro occidentale e inoltre, sulla scia dell’attività del Dalai Lama, verrebbero esposti i suoi progetti più importanti in tema di Educazione Universale.

«Poter riaccogliere Sua Santità a Palermo - dichiara Andrea Cusumano, assessore alla Cultura - ci permette da un lato di riflettere su cosa questa città sia diventata e voglia continuare ad essere, un luogo con una sua identità, unico al mondo, ma che consente alle diverse anime di esprimersi liberamente. Ma Palermo è riuscita a trovare una voce e dialoga col mondo, quindi promuove la cultura tibetana portatrice di pace, armonia e gioia con il nostro piccolo contributo».

Prima a Messina e poi a Palermo, la tappa siciliana fa parte del tour italiano che porterà il Dalai Lama anche in Toscana, a Firenze e Pisa. La visita nel capoluogo è organizzata dal Comune di Palermo con la collaborazione di Nadia Speciale per Barbera & Partners e del maestro Massimo Stordi per associazione Sangha Onlus, con il sostegno del Centro buddista Muni Gyana.

Per la mattina del 18 settembre è prevista una conferenza pubblica del Dalai Lama sull’Educazione alla gioia: sua Santità offre continuamente insegnamenti ai numerosi discepoli sparsi per tutto il mondo e le sue conferenze, che non hanno lo scopo di proselitismo, sono autentiche lezioni di vita, tolleranza e compassione, che trasmette con l’unica intenzione di dare il proprio contributo alla pace e alla fratellanza universale.

Il titolo nasce da “Il Libro della Gioia” sul dialogo tra due Nobel per la Pace, SSDL il Dalai Lama e Desmond Tutu, arcivescovo sudafricano. Il libro è stato scritto da Douglas Abrams.

Nel libro si approfondisce il tema della gioia come un’attitudine, un atteggiamento mentale che porta come conseguenza la mutazione del sentire degli esseri umani, dunque ad un cambiamento delle loro decisioni e azioni. E se questo avvenisse su scala mondiale, si potrebbe giungere ad un’evoluzione sociale che si basa sulla scelta di vivere secondo un’etica universale fondata sulla pace, la salvaguardia dell’ambiente, ma anche la buona pratica nella vita quotidiana, l’economia, i rapporti tra l’uomo e il suo simile.

Solo dopo aver conosciuto e imparato a controllare il dolore, diventa possibile trasformare la gioia da fugace emozione di un momento a costante della vita: perché non c’è luce senza ombra, e non c’è gioia per sé se non si crea gioia anche per gli altri.

Sua Santità è infatti profondamente convinto che amore, compassione, altruismo e ogni altra qualità mentale positiva non appartenga esclusivamente ad una dottrina o tradizione spirituale. Sono piuttosto valori fondamentali, radicati nella natura umana, che hanno solo bisogno di essere coltivati con le giuste pratiche: e dunque, la non violenza e il rispetto reciproco. Pur essendo la guida di una delle principali religioni del mondo, il Dalai Lama sostiene che esista un percorso verso l’autentica felicità le cui basi sono in quei principi comuni che superano qualsiasi divergenza di opinione o di religione.

Dal 1950, quando venne chiamato giovanissimo ad assumere i pieni poteri, il Dalai Lama non ha mai cessato di adoperarsi per il bene del suo popolo, aiutando con ogni mezzo i profughi, cercando di far valere, sempre tramite il dialogo e la non violenza, i diritti umani in Tibet e di preservare l’integrità della cultura e della società tibetana.

Le sue richieste sono sintetizzate nel Piano di pace in cinque punti, presentato nel 1987 al Congresso degli Stati Uniti e l’anno successivo al Parlamento europeo, nel quale si propone la trasformazione di tutto il Tibet in una zona di pace, l’abbandono della politica di trasferimento di massa della popolazione cinese che minaccia l’esistenza stessa dei tibetani come popolo, il rispetto dei diritti umani fondamentali del popolo tibetano e delle libertà democratiche, il restauro e la tutela dell’ambiente naturale del Tibet con l’abbandono della produzione di armi nucleari e lo scarico delle scorie nucleari, l’inizio di seri negoziati sul futuro status del Tibet e sulle relazioni tra il popolo tibetano e quello cinese.
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