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Caos Windjet: storia (triste) di un decollo mancato

Tra la Sicilia e l'Europa sono migliaia i passeggeri lasciati a terra dalla low cost "nostrana", e la protesta dilaga. Chi pagherà? Forse nessuno. Cioè tutti

Balarm
La redazione
  • 17 agosto 2012

Un disastro tutto made in Sicily: cos'altro è, a giudicare da quel che si legge sui giornali e si ascolta alla radio (soprattutto in questi giorni), la vicenda Windjet?

Tra ritardi, silenzi, mezze ammissioni, rassicurazioni dell'ultima ora e repentine smentite, il caso della low cost siciliana - ormai a un passo dal baratro - è solo l'ennesimo capitolo di una storia alla quale purtroppo sembriamo aver fatto l'abitudine: il fallimento di un progetto imprenditoriale dalla facciata brillante (e dai mille scheletri nell'armadio), e soprattutto un drammatico gap di chiarezza e di trasparenza di cui nessuno, alla fine, pagherà il conto. Ma di cui tutti faremo le spese.

Ne sanno qualcosa le migliaia di passeggeri, siciliani e non, che negli ultimi mesi hanno acquistato, fiduciosi, i biglietti che Windjet ha venduto fino all'altroieri, e che adesso, in piena stagione turistica, si ritrovano con carta straccia tra le mani.

Li abbiamo visti, anche a Punta Raisi, in coda per ore agli sportelli, cercando di capire come tornare a casa o come evitare di perdere il volo della vacanza già prenotata. Li abbiamo sentiti protestare, inferociti, una volta scoperto il costo della ri-protezione. Le loro voci sono rimbalzate tra le pagine dei quotidiani e le interviste dei tg locali.

E tutti quelli che invece sono bloccati all'estero? Magari in Russia, per dire (una delle mete meno "protette"). Per loro l'espressione "ri-protezione" è quasi una beffa. Tornare a casa, un salasso. Immaginare un risarcimento, un'utopia.

Che la compagnia avesse "problemi" (ammesso che 13 milioni di debiti e 140 di perdite possano definirsi così) era noto già da marzo, ammette il presidente dell'Enac Vito Riggio, che però aggiunge: tranquilli, la situazione negli aeroporti è ormai tornata alla normalità.

Ora, passi per la rassicurazione. Ma é semmai l'ammissione che lascia senza fiato. C'erano posti di lavoro da tutelare e una trattativa in corso da rispettare, dice Riggio. Certo. Verissimo. Ma dietro le valanghe di biglietti aerei venduti nel frattempo dalla compagnia non c'erano soltanto migliaia di passeggeri in tutta Europa, che andavano tutelati e rispettati almeno altrettanto, e che ora si dicono truffati e abbandonati. C'era anche qualcos'altro.

Qualcosa di meno visibile e palpabile, forse, ma non meno prezioso. Un patrimonio di immagine, quello di una regione che malgrado le sue tante lacune dovrebbe essere ancora capace di mantenere quel che promette (magari con spot e pubblicità da cartellone). E dunque di essere competitiva, turisticamente attraente, ma anche generosa, rispettosa, pronta a offrire accoglienza e trasparenza.

Quel patrimonio, che è di tutti, andrebbe tenuto in debito conto soprattutto da chi ha la responsabilità di amministrare, che si tratti di un comune di 200 anime o dell'ente di aviazione civile. E invece sembra che di tutto questo ci si dimentichi troppo spesso. Come se il caso Windjet fosse un problema esclusivamente imprenditoriale. Come se riguardasse solo "quei" viaggiatori e "quei" lavoratori che con la compagnia hanno a che fare in prima persona. E non fosse, invece, una storia "nostra", di cui continueremo a fare le spese tutti ancora a lungo, nostro malgrado, e indipendentemente dalle sorti della Windjet e dall'esito di questa brutta vicenda.

I primi indizi sono tutti già lì. Nella delusione amara sul volto di chi aspetta, in coda, il biglietto che ha dovuto riacquistare. Nelle parole dure di chi, in barba alla crisi, la vacanza al mare se l'era prenotata a gennaio per risparmiare, ma alla fine, tra nuovi ticket e soggiorni supplementari in hotel, l'ha pagata quasi il doppio. E, purtroppo, anche nelle accuse feroci e talvolta irragionevoli di qualche turista in fuga: nella folla sudata e irrequieta di un ferragosto a Punta Raisi, c'è spazio - ahinoi - anche per qualche sfogo al veleno. "La solita storia, finiamo sempre truffati dalla Sicilia".

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