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Chissà quanti segreti si portò nella tomba: il patrono di Termini che fu confessore dei Papi

Nel 1620 il Gran Ducato di Toscana inviò alla città la reliquia di un braccio del Beato Agostino Novello oggi custodita in un’urna d’argento posta nella cappella a lui dedicata

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 24 gennaio 2022

Il Beato Agostino Novello in un dipinto di Simone Martini, oggi custodito presso la Pinacoteca Nazionale di Siena

Figlio del castellano della città, Matteo da Termini, sin da fanciullo dimostrò di avere una forte propensione per gli studi giuridici e religiosi. Culturalmente si formò nella prestigiosa università di Bologna, dove conseguì la laurea in “diritto civile e dottrine teologiche”. In questo ambiente ebbe modo di conoscere Re Manfredi, l’ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia. Quest’ultimo venuto a conoscenza delle doti dialettiche, di Matteo, lo chiamò al servizio della corte di Napoli, nella qualità di Consigliere e Gran Giustiziere.

Due secoli dopo, Frà Giacomo Filippo da Bergamo così scriveva a proposito di Matteo da Termini: “ritornato alla Patria vien chiamato dal Re Manfredi alla Corte: ove per la singolarità delle sue Virtù eroiche, e talenti illustri; è innalzato ai primi posti.”
Matteo da Termini fu accanto al Re Manfredi fino alla sua morte che si consumò tragicamente nella famosa battaglia di Benevento, quando, nel 1266, gli svevi vennero sconfitti dalle truppe angioine, guidate da Carlo d’Angiò.
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Su questo tragico evento, Don Gioacchino Errante, nella sua opera dal titolo “Delle Azzioni Eroiche, Virtù Ammirabili, Vita, Morte e miracoli del Beato Agostino Novello Terminese” dato alle stampe nel 1713, riferisce che, Matteo da Termini, durante la battaglia di Benevento fu creduto morto “sangunolente sul campo, ma volle Iddio, con più alta provvidenza, preservarlo facendo in modo che potesse far rientro in Sicilia”, nonostante le numerose ferite riportate.

Scampato alla morte, aveva promesso a se stesso di diventate un frate Domenicano, “ma Dio miracolosamente lo volle Eremita Agostiniano”. Infatti, per ben tre volte tentò di accedere dai Padri Domenicani ma, per una serie di circostanze, il suo destino volle che “incontrasse” gli Agostiniani.

Appena entrato nell’Ordine, scelse di farsi chiamare Agostino e si trasferì nel senese. All’interno degli eremitani condusse una vita semplice senza mai rilevare, ai suoi confrati, le sue capacità giuridiche. Fino a quando, un giorno, quel semplice fraticello siciliano, dovette assumere la difesa dei diritti del suo monastero, impigliato in una difficile causa. In quella circostanza dimostrò la sua capacità oratoria, riuscendo a ribaltare l’esito della diatriba che, sin dall’inizio appariva decisamente compromessa.

Da quel momento, scoperte le qualità retoriche e le conoscenze giuridiche di quel religioso, l’Ordine Agostiniano decise di inviarlo a Roma come consigliere presso la Santa Sede. In breve tempo divenne confessore dei Papi Nicola IV, Celestino V e Bonifacio VIII e nel maggio del 1298 fu eletto Priore Generale degli Agostiniani. Al vertice dell’Istituto religioso riformò lo Statuto, fino a quando nel 1300, senza alcuna palese ragione, si dimise dalla prestigiosa carica, dedicandosi esclusivamente all’ampliamento dell’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena e ritirandosi in preghiera nel romitorio di San Leonardo.

Qui, in questo eremo solitario, il Beato Agostino Novello visse “in dolcissima quiete, facendo rigorosissime penitenze” così come affermato da Don Gioacchino Errante. Morì il 19 maggio del 1309 a Siena.

Tra le prime opere d’arte che lo ritraggono, segnaliamo una preziosa Pala d’altare, dal titolo “Beato Agostino Novello e quattro dei suoi miracoli”, realizzato dal coevo Simone Martini, un tempo custodita all’interno della Chiesa di Sant’Agostino, oggi esposta presso la Pinacoteca Nazionale di Siena. Poco dopo la sua morte numerosi fedeli manifestarono una serie di prodigiose guarigione che vennero immediatamente attribuite all’intercessione del Beato Agostino Novello.

“Ricorsero alla sua intercessione molti infermi, oppressi da varie infermità riportandone miracolosamente la bramata salute” scrive Don Gioacchino Errante nella sua opere dedicata al Beato, che aggiunge: “venuto a conoscenza il Vescovo di Siena di tali prodigi, non permise, che quel Beato corpo, la cui anima godeva di Dio in Cielo, fosse spedito sottoterra con gli altri, ma volle che fosse onorevolmente collocato in una degna tomba rialzata da terra.”

Da sempre venerato dal popolo termitano, nel 1620 il Gran Ducato di Toscana inviò alla città la reliquia di un braccio. Solennemente trasportata nella Maggior Chiesa oggi è custodita in un’urna d’argento posta nella cappella a lui dedicata. Qualche anno dopo, il 13 di luglio del 1645, si autorizzò il culto della reliquia, per volere dell’arcivescovo di Palermo Don Ferdinando d’Andrada e Castro. Fu canonizzato nel 1760 ad opera di Papa Clemente XIII che lo ratificò scrivendo il nome di Agostino nell'albo dei Beati.

Nel 1926 lo scultore Filippo Sgarlata si occupò della decorazione delle figure del frontone del prospetto della Maggior Chiesa di Termini Imerese dove, nell’architrave del portale centrale, vi collocò la bellissima scultura che raffigura il Patrono in atteggiamento di preghiera per la sua città.

Nel 1977 l’intero corpo del Beato Agostino Novello è sposto alla pubblica venerazione presso la Maggior chiesa dove arde perpetua una lampada ad olio, segno di devozione ed ammirazione. La città di Termini Imerese festeggia il suo Patrono, il Beato Agostino Novello, il 19 maggio di ogni anno.
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