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Da qui passava il "trenino" Ciccio Pecora: oggi è meta di escursionisti (anche in bike)

Vi raccontiamo di una meta amatissima, la linea ferrata "a scartamento ridotto" che, quando era in funzione, attraversava gli Iblei per unire Siracusa e Ragusa

  • 16 febbraio 2022

In Sicilia non c’è escursionista o amante della mountain bike che non abbia percorso almeno una volta un tratto della linea ferroviaria dismessa Siracusa-Ragusa, conosciuta come la ferrovia di Ciccio Pecora. Stiamo parlando della linea ferrata a scartamento ridotto che, quando era in funzione, attraversava gli Iblei per unire le due città e, con una deviazione a Giarratana, anche Vizzini nel catanese.

Per scartamento ridotto si intende la distanza tra i binari che è di 950 mm invece dei 1435 delle normali ferrovie. Questa misura veniva utilizzata in passato in Italia per linee secondarie soprattutto di montagna sia per i minori costi di realizzazione, anche delle infrastrutture come ponti e gallerie, sia per la migliore resa su tracciati tortuosi con pendenze importanti. Oggi in Sicilia l’unica ferrovia di questo genere rimane la Circumetnea, utilizzata anche con finalità turistiche.

L’appellativo curioso con cui è conosciuta, soprattutto nel ragusano, è legato al fatto che i treni erano così piccoli da ricordare i trenini giocattolo che il commerciante Francesco Battaglia Ciulla, da tutti chiamato Ciccio Pecora, esponeva nella vetrina del suo negozio.
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Ha avuto vita breve questa linea di proprietà della Regione Siciliana gestita dalla Società Anonima per le ferrovie secondarie della Sicilia (SAFS), nata per gli abitanti dei borghi arroccati sulle colline iblee, Sortino, Ferla, Palazzolo, Buscemi, Chiaramonte Gulfi, solo per citare i più noti.

È entrata in funzione nel 1915 e lo è rimasta fino al 1956. E dire che per l’incanto dei luoghi che attraversava aveva anche una sua vocazione turistica. Nel romanzo “Conversazione in Sicilia” Elio Vittorini ne fa una breve descrizione e racconta, quasi fosse un paesaggio western, di quando il “trenino entrava, piccoli vagoni verdi, in una gola di roccia e poi nella selva dei fichidindia. Era la ferrovia secondaria, in Sicilia, da Siracusa per le montagne”.

La gola di roccia cui si riferisce è la Valle dell’Anapo e la linea ferroviaria aveva una stazione presso la Necropoli di Pantalica, la più grande necropoli preistorica d’Europa dove si poteva compiere “un viaggio doppio, nello spazio e nel tempo, una discesa a ritroso nel mondo dei morti”, per dirla con le parole di Gesualdo Bufalino.

Nel 1933 il trenino ebbe tra i suoi passeggeri il re d’Italia Vittorio Emanuele III che non volle rinunciare ad una sosta alla stazione di Pantalica per visitare le necropoli che oggi, con le sue circa 5000 tombe, è riconosciuta Patrimonio Unesco. Nel ’43 la linea ferroviaria fu usata dagli alleati per assediare le truppe italo-tedesche arroccate a Palazzolo. Per un periodo svolse anche l’importante ruolo di linea commerciale tra Ragusa e il porto si Siracusa per il commercio dell’asfalto estratto dalle miniere di Streppenosa, ma il suo lento declino, iniziato nel dopoguerra ne decretò la chiusura molto presto.

Una volta dismessa e smantellati binari e traversine i 120 chilometri di tracciato hanno avuto destini diversi. Inizialmente quasi tutto il percorso veniva sfruttato come trazzera dalle auto per raggiungere le contrade attraversate dalla ferrovia. Con la nascita della Riserva di Valle dell’Anapo è stato chiuso al transito dei veicoli a motore il tratto tra le stazioni di Sortino-Fusco e Ferla-Cassaro. Sono i 13 chilometri più belli, quelli più conosciuti e frequentati in tutte le stagioni, che penetrano nelle gole del fiume e lo costeggiano in un’alternanza di sterrati, gallerie e viadotti.

È percorribile a piedi e, previa autorizzazione da parte dell’Azienda Foreste Demaniali di Siracusa (093167450 per info), anche in bicicletta. I locali della stazione di Pantalica sono adibiti a museo etnoantropologico.

Il tracciato segue il corso dell’Anapo, oltre i confini dell’area protetta, per altri 9 chilometri, fino alla stazione di Buscemi, poi prosegue verso gli iblei ragusani. Il primo troncone, fino a Giarratana, è oramai asfaltato quasi per intero, ma da Giarratana a Chiaramonte si ritorna su un piacevole sterrato che si snoda tra muri a secco ed i rimboschimenti forestali di Serrarossa e Arcibessi, a Ragusa scompare nel tessuto urbano del capoluogo di provincia.

Dei 120 chilometri di linea ferrata solo un decimo sono oggi curati e resi veramente fruibili perché ricadenti all’interno di un’area protetta, il resto sopravvive per forza d’inerzia e, nonostante le sue potenzialità, non è ancora fruibile turisticamente.

In un momento storico in cui cresce l’interesse verso il turismo lento e i chilometri di ciclopedonali sono in aumento in tutta Europa, si spera che anche in Sicilia, dove a parte sparute eccezioni, siamo ancora all’anno zero, sia giunto il momento di creare una rete di ciclabili ripartendo dalle ferrovie dismesse.

Speriamo di non perdere anche questo treno.
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