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Dritti nel cuore di Brancaccio con un libro: quello del giovane prof. Dario Levantino

Tra le pagine del romanzo "Di niente e di nessuno" il riscatto viene da un pallone, della salsedine e della storia di una famiglia di un quartiere dannato e meraviglioso

  • 2 novembre 2018

Dario Levantino

Tuffiamoci nel backstage di un romanzo. Il palermitano Dario Levantino, fra tenacia, attesa e anche una bella botta di fattore C, è riuscito a esordire con una delle più prestigiose case editrici italiane, Fazi, con un romanzo, “Di niente e di nessuno”, che ci porta dritti nel cuore di Brancaccio, a Palermo.

Non parleremo del libro, o forse sì, perché durante una bella chiacchierata con l’autore abbiamo cercato di capire che caratteristiche deve avere un siciliano per emergere al continente.

Quella di Dario, trentuno anni, è una carta di identità come tante: laurea in lettere e poi una bella cattedra a Monza dove insegna italiano ai ragazzi di un istituto industriale.

Ma andiamo alla genesi. «Quando ho iniziato a scrivere il libro - racconta - ero in Repubblica Ceca per lavoro».

«Avendo tempo a disposizione ho deciso di scrivere una storia il cui protagonista avesse il nome di mio padre Rosario, così è iniziata l’avventura, un malloppo di quattrocento pagine che forse neanche io avrei mai letto».
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Rosario, il protagonista, invece si fa leggere eccome, mentre si destreggia tra i pali di campi di calcio che macinano le ginocchia.

«Ho riletto ciò che avevo scritto a distanza di tempo e ho tagliato tutto ciò che mi sembrava superfluo - continua - a quel punto è iniziata l’avventura con gli editori».

Una prima pesante stroncatura e poi una “finestra per manoscritti” che Dario ha raccolto al volo.

«Avevo inviato solo l’incipit, dopo quasi otto mesi mi hanno scritto per dirmi che volevano leggere l’intero romanzo, ovviamente non stavo nella pelle».

Ed è qui che inizia un’avventura fatta di calli e sudore. Si calli, quelli che sono spuntati sulle dita dell’autore palermitano per tutte le prove di riscrittura, editing e correzioni che sono servite a rendere pubblicabile il romanzo.

«Sono passato da tre o quattro redattori diversi, l’uno diceva no alle cose dell’altro, un lavoro massacrante, come quello di riscrivere l’intero romanzo usando tempi differenti, tutto al presente poi tutto al passato. Un lavoro, però, dal grande fascino che mi rende orgoglioso di ciò che ho scritto».

Ecco, lo scritto, quello che mette fra le pagine il timbro del riscatto che viene da un pallone, della salsedine del mare e della storia di una famiglia di un quartiere dannato e meraviglioso al contempo come Brancaccio.

«Perché io - conclude Dario - sono di Palermo».
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