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Due fucilate in pieno petto: più di 100 anni fa il delitto (senza colpevoli) del maestro Panepinto

Era la sera del 16 maggio del 1911 quando a Santo Stefano di Quisquina il silenzio venne rotto dall’esplosione di due fucilate: Lorenzo Panepinto morì sul colpo

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 28 agosto 2021

Una statua di Lorenzo Panepinto

La sera del 16 maggio del 1911, nel piccolo centro montano di Santo Stefano di Quisquina, di cinquemila abitanti, in provincia di Agrigento il silenzio improvvisamente venne rotto dall’esplosione di due fucilate.

Le strade erano al buio e il bagliore del fuoco di due colpi di lupara illuminò un angolo della via Chiesa Madre. In pieno petto era stato colpito il maestro elementare Lorenzo Panepinto, di 46 anni, che spirò immediatamente.

Stava ritornando a casa dopo essere stato nella sede della Lega degli operai che aveva fondato e dirigeva. Quei due colpi avevano fermato il cuore del più importante e coraggioso difensore dei diritti dei lavoratori di quel povero paese.

La mafia non poteva sopportare oltre un sindacalista che aveva speso tutta la sua vita per l’elevazione morale ed economica delle masse proletarie e per l’affermazione della legalità. Quell’omicidio apparve subito come un lucido disegno di azzerare le trasformazioni messe in atto dall’impegno di quel maestro.
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Il giorno dopo, quando velocemente la notizia si diffuse, i negozi, le botteghe e i circoli rimasero chiusi in segno di lutto. Si radunarono ben 4 mila cittadini nella piazza dove era morto. Chiedevano giustizia e che si facesse subito luce su quel delitto efferato.

Il corpo di Panepinto venne portato nella sede della Lega e avvolto con una bandiera rossa. Subito dopo il delitto, iniziarono le indagini. La gente di Santo Stefano non aveva dubbi.

La mafia aveva voluto colpire l’impegno di Panepinto per le affittanze collettive, che avrebbero leso gli interessi degli affittuari dei feudi e dei gabelloti e il suo impegno per l’istituzione della Cassa Agraria, per assicurare piccoli anticipi ai poveri lavoratori della terra con l’intermediazione del Banco di Sicilia (in tal modo si sarebbe colpiti gli interessi degli usurai).

Erano le lotte del socialismo rurale in Sicilia e se avessero avuto successo a Santo Stefano di Quisquina in molti altri centri i lavoratori sarebbero stati incoraggiati a seguire quella strada di riscatto e di liberazione.

Lorenzo Panepinto era nato il 4 gennaio del 1863 a Santo Stefano di Quisquina.

Aveva preso l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole elementari e nel 1895 era entrato nel consiglio comunale del suo paese, opponendosi al “partito municipale”, composto da alcune potenti famiglie che dominavano la vita del paese. Divenne amico di Saverio Friscia, leader in Sicilia della sinistra rivoluzionaria.

Alla fine del secolo in Sicilia una profonda crisi agraria ha provocato il crollo dei prezzi del grano, del vino e dello zolfo, diffondendo tensione e malcontento tra i contadini contro i gabelloti e le oligarchie municipali.

Quando la Sicilia nel 1893 venne scossa dalla rivolta dei Fasci siciliani, il grande movimento di rivendicazione salariale e sindacale dei contadini e dei minatori, Panepinto emerse presto come leader riconosciuto ed amato nel suo paese e nel circondario.

Egli era vicino all’area della democrazia radicale, ma presto divenne socialista militante e a parlare apertamente al popolo del diritto che ognuno aveva al lavoro, al pane, alla riduzione delle ore di lavoro, all’abolizione di balzelli.

Parlava in maniera semplice, da bravo maestro. Alla prima manifestazione pubblica che organizzò parteciparono circa 500 lavoratori. Poi cominciò anche ad organizzare i primi scioperi per chiedere la revisione dei patti agrari. Allora i gabelloti cominciarono a temerlo.

Ma chi scioperava con lui, in quei giorni perdeva la paga e allora Panepinto istituì un’associazione che rimediava economicamente ai disagi causati dagli scioperi. Presto meritò importanti riconoscimenti a livello regionale e nazionale e partecipò come membro della federazione regionale socialista ai più importanti congressi nazionali del suo partito.

Dopo che con lo stato d’assedio voluto dal capo del governo Francesco Crispi nel gennaio del 1894 i fasci in tutta la Sicilia vennero sciolti, Panepinto continuò il suo impegno di sindacalista attraverso la “Lega di miglioramento fra i contadini” (1901), che gestiva scuole serali.

Per diffondere le sue idee e le sue iniziative, diresse nel 1903 il foglio “La Plebe”, un quindicinale di ispirazione socialista che polemizzava con la locale amministrazione. Con la Lega prese in affitto il feudo Mailla Soprana, si trattava della prima “affittanza collettiva”.

Le affittanze eliminavano la mediazione parassitaria del gabellotto e realizzavano la conduzione diretta di ex feudi, introducendo concimi chimici, macchine agricole e più avanzati sistemi di rotazione colturale. Il fatto suscitò malcontento tra i potenti gabelloti e gli agrari mafiosi.

Tutte queste iniziative gli valsero parecchie minacce da parte della mafia. In quegli anni la crescita del movimento contadino si collegava con lo sviluppo delle cooperative e delle affittanze collettive e Panepinto credeva in un autonomo movimento politico e sindacale delle masse popolari per avere una Sicilia più moderna e democratica, ma questo comportava una dura lotta contro la mafia e la delinquenza.

Una lotta che in Sicilia Panepinto condivideva con Bernardino Verro (ucciso nel 1915), che guidava gli scioperi agrari a Corleone, Nicola Barbato a Piana dei Greci, Nicola Alongi (ucciso nel 1920) a Prizzi.

Nel 1909 Lorenzo Panepinto partecipò al congresso agricolo socialista di Palazzo Adriano e venne acclamato presidente di quell’assise. Per tutti era l’apostolo dei lavoratori e della povera gente. Fu licenziato dall’incarico di maestro elementare per rappresaglia politica.

Il delitto Panepinto rimase senza colpevoli e il maestro di Santo Stefano di Quisquina lasciò la moglie e tre bambini in povertà.

Venne accusato dell’omicidio il campiere Giuseppe Anzalone perché una donna lo aveva visto sul luogo del delitto con addosso una lupara e testimoniò di averlo visto in faccia. Ma nel processo del 1914 a Catania venne assolto.

Il “caso Panepinto” si chiudeva così il 7 aprile 1914 con una sconfitta per lo Stato.

Nell'ottobre del 1920 i socialisti di Santo Stefano di Quisquina vinsero le elezioni comunali ed elessero sindaco Giuseppe Cammarata, amico e collaboratore di Panepinto, che continuò le sue battaglie.
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