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In Sicilia c'è un paese tagliato a metà da una faglia: il destino (silenzioso) di un borgo etneo

Oggi la strada principale del paesino colpito negli anni da diversi terremoti è silenziosa, perché tante case sono vuote e tante piccole attività commerciali non esistono più

  • 10 maggio 2022

La chiesa di Fleri (foto Vanessa Motta)

Una grossa ruspa, ferma, nasconde alla vista la pensilina della fermata dell’autobus, quella di Fleri, borgo nel comune di Zafferana Etnea. La quiete di una mattinata tranquilla viene interrotta, ogni quarto d’ora, dalla registrazione del suono delle campane: quelle vere sono crollate, insieme al campanile della vecchia chiesa, dedicata a Maria SS del Rosario, nella notte del 25 dicembre 2018, durante il terremoto.

L’operazione di recupero delle campane, da parte dei vigili del fuoco, a diverse settimane dal sisma, ha avuto successo, ma ancora, dopo quasi quattro anni, non hanno un luogo dove suonare.

La facciata dell’antica chiesa, sopravvissuta al resto dell’edificio dopo il terremoto precedente, del 1984, è in rovina. Ormai tutti lo sanno, il vanto architettonico del paese, la chiesa ottocentesca, voluta dalla Baronessa Francica Nava che proprio qui a Fleri possedeva terreni e palmenti, non verrà più ricostruita.

Pensate che, prima dell’ultimo evento sismico questo luogo di culto era riuscito a sopravvivere, con piccoli o grandi restauri, a numerosi terremoti, nel 1894, nel 1941, nel 1952 e nel 1984, oltre che ai bombardamenti del 1943, durante lo sbarco alleato sull’isola.
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In quell'occasione, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono nascoste proprio qui, in una vecchia cisterna ormai asciutta, dietro la chiesa, i reliquiari con le Sacre Spoglie di S. Agata. Le reliquie furono custodite alle spalle della canonica, in assoluta segretezza, con la complicità del parroco Ignazio Messina, per paura dei bombardamenti che martoriavano la città di Catania, oltre che per il timore di possibili furti. Soltanto anni dopo fu rivelato tutto, quando il prezioso tesoro si trovava ormai nuovamente al sicuro, in Cattedrale, a Catania.

La nuova chiesa di Fleri, costruita di fianco alla nobile facciata di quella antica, anch’essa danneggiata durante l’ultima tremenda calamità, nel 2018, aspetta di essere messa in sicurezza. Neppure questa recente struttura, progettata da Ugo Cantone e completata nel 1990, è riuscita a resistere ai capricci della Fiandaca.

La faglia di Fiandaca, infatti, attraversa la piccola frazione di Fleri, tagliandola a metà, e scende lungo il fianco del vulcano, verso le altre frazioni di Pisano e Pennisi. Il frequente susseguirsi, nella storia, di scosse dalle importanti conseguenze, in una zona così limitata, è indubbiamente causa sua.

La faglia, abbastanza superficiale, si nasconde sotto colate laviche antiche e medievali, mascherata da recenti coperture antropiche, i piccoli centri abitati, come Fleri.

Oggi la strada principale è silenziosa, lo è quasi tutti i giorni, perché tante case sono vuote e tante piccole attività commerciali non esistono più. La domanda dolorosa di chi continua ad abitare qui è: come si potrà, se si potrà, convivere ancora con la faglia di Fiandaca? Molte abitazioni sono destinate a scomparire, senza essere ricostruite.

Di fronte alla chiesa, le macerie del palmento sono imprigionate dalle transenne: si trattava di un edificio di interesse storico, già gravemente danneggiato dal terremoto del 25 ottobre 1984. Il proprietario però, il signor Barbagallo, continuava a venire, la domenica mattina, per fare due chiacchiere e vendere il suo vino a clienti di passaggio; la sosta davanti al suo rudere era una tappa obbligata per le scampagnate.

Di fianco alla nuova chiesa, sulla quale sventola uno striscione con su scritto “Fleri rialzati”, quello che una volta era lo studio del fotografo è appena stato demolito, La sua attività si è trasferita a Zafferana, come anche il panificio, di cui qui resta solo la spiga disegnata sull’insegna, tra le crepe. La macelleria, invece, è stata chiusa definitivamente, forse per stanchezza o magari per rassegnazione, la proprietaria non ha mai riavviato l’attività, neanche altrove: «È grande, non se l’è sentita», mi dicono in piazza quando chiedo notizie.

Proprio al centro della piazza si è trasferita la farmacia, al momento ancora allestita in un casottino di legno provvisorio, diventato quasi il simbolo della lunga attesa, troppo lunga, per la ricostruzione. Ma si può parlare veramente di ricostruzione?

La faglia di Fiandaca è ancora qui, sotto i nostri piedi, solo temporaneamente assopita. Nessuno degli edifici vuoti, dichiarati inagibili, otterrà il permesso di essere ripristinato, almeno non quelli in corrispondenza della faglia (tanti tra quelli che si trovano lungo la strada principale di questa frazione di Zafferana Etnea).

I commercianti si sposteranno altrove, i servizi e le comodità essenziali non saranno più a portata di mano, in tanti si trasferiranno o lo hanno già fatto. Chi è rimasto, fiaccato dall’attesa, ha paura del vuoto, teme che il piccolo borgo familiare sparisca del tutto, o che muoia lentamente, privato dei centri naturali di aggregazione.

Anche l’edificio che ospitava la farmacia è destinato ad essere demolito, la proprietaria mi racconta che, per la sua attività, sarà prevista, un giorno, una speciale struttura antisismica (anche se non ci sono ancora informazioni precise sul dove e sul quando). S

ulla spianata di terra battuta, però, proprio dove prima si trovava lo studio del fotografo, verrà realizzato un parcheggio per veicoli elettrici e un’area giochi (così ha annunciato il Comune di Zafferana Etnea pochi giorni fa).

Forse, dopotutto, la vita di Fleri tornerà alla sua agognata routine quotidiana, ma solo fino a che la Fiandaca lo consentirà.
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