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È morto Andrea Camilleri: in eredità lascia le sue parole come bussola per orientarci oggi

Si è spento all'età di 93 anni lo scrittore siciliano padre del Commissario Montalbano, era ricoverato in gravi condizioni dal 17 giugno scorso a Roma

  • 17 luglio 2019

Lo scrittore Andrea Camilleri

Si spegne alle 8.20 di questa mattina, 17 luglio 2019, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri. Padre del Commissario Montalbano ma anche della nostra Sicilia. Il maestro siciliano, ormai ricoverato in gravi condizioni dal 17 giugno scorso all’ospedale Santo Spirito di Roma, ha chiuso il libro della sua vita all’età di 93 anni per un arresto cardiaco: “le sue condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del Maestro e della famiglia le esequie saranno riservate”, queste le parole della nota dell’Asl di Roma.

Nato il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle, ha vissuto la sua vita dedicandosi interamente alla scrittura, avendo scritto oltre 100 opere, nonostante tutti lo ricorderanno per le celebri avventure del commissario Montalbano e del goffo Catarella, dalle quali è stata tratta la serie televisiva omonima di enorme successo, che sicuramente lo renderà immortale.
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Il maestro aveva già previsto tutto: la saga avrà una sua conclusione ed è riposta dentro un cassetto. Nel 2006, infatti, l’autore che della morte era perfettamente consapevole e che non disprezzava, aveva consegnato al suo editore Sellerio l’ultimo libro con il finale della storia, chiedendo proprio che venisse pubblicato successivamente alla sua morte. Non può esserci finale migliore per uno scrittore della sua portata. Non soltanto rimanere immortale grazie alle sue opere, ma anche continuare a vivere una nuova vita e continuare a far parlare di lui con un ultimo inedito libro.

Ma non solo scrittore. Camilleri è stato regista, autore teatrale e televisivo, sceneggiatore - è stato il primo aver diretto uno spettacolo di Samuel Beckett in Italia, nel 1958 - e saggista. Sembrerà assurdo ma è solo nel 1975 che effettua il suo esordio nella narrativa, che l’ha reso così celebre. Non possiamo che esser debitori del maestro Andrea Camilleri, in quanto è stato uno dei più importanti esponenti della cultura siciliana, e non solo, del '900; colui che, attraverso la sua irriverente ironia e la sua scrittura creativa ha portato la Sicilia nel mondo, poiché i suoi romanzi sono stati tradotti in oltre quaranta lingue.

È stato proprio lui, infatti, a creare una vera e propria lingua “nuova” all’interno dei suoi romanzi, realizzando una commistione tra italiano e siciliano, che non si limitava ad incastonare all’interno del testo parole siciliane, quanto piuttosto un vero e proprio lavoro strutturale che ha reso i suoi testi una sorta di spartito musicale, omogeneo e perfetto nel suono, morbido nella lettura.

«Ci lascia un grande maestro di etica e rettitudine morale prima che un grande scrittore, - dice Fabrizio Piazza della libreria palermitana Modus Vivendi - capace di unire l'Italia da Nord a Sud con una lingua capace di coinvolgere, intrattenere, divertire come un cuntista contemporaneo, il migliore dei nostri tempi. Ci lascia in eredità la lucidità di sguardo e una bussola per orientarci nell'oggi infestato da razzismo, odio e intolleranza verso il diverso, ci lascia il coraggio e l'invito a non banalizzare i messaggi della Storia».

«Raccoglie l'eredità di Pirandello e Sciascia, - aggiunge il libraio - sintetizza la commedia e la tragedia del popolo siciliano, piegato ma mai spezzato, conquistato ma fiero della propria identità. Ogni nuovo libro era una festa in libreria, ogni volta sapevamo che da quegli scatoli sarebbe uscito non solo l'inconfondibile blu Sellerio, ma una nuova storia da leggere ma soprattutto da ascoltare in un ininterrotto colloquio intimo tra generazioni, dai nonni ai nipoti. Aveva sempre il suo posto, alla cassa, come il pane appena sfornato, e in breve si formava la fila di lettori avidi del suo nuovo racconto, con Montalbano o senza. Il mio preferito resta Il birraio di Preston, uno dei suoi romanzi storici, nelle sue mani la Storia era materia viva e calda. Mi piace ricordarlo con le ultime parole di "Conversazione su Tiresia": "Può darsi che ci rivediamo tra cent'anni in questo stesso posto. Me lo auguro. Ve lo auguro". In lui la cecità era una forma acuta di visione, come Borges. Posso solo dirti grazie, Maestro».

Non possiamo che congedarci dal maestro con una sua frase celebre, tratta da “Segnali di fumo” che testimonia la sua intelligenza, ironia e consapevolezza della morte: “Mettiamola così: il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un’automobilina, fai un bel po’ di giri, poi, con le buone o con le cattive, ti fanno scendere”. Il maestro sarà sceso dal suo cavalluccio, ma noi, sui suoi libri e le sue storie continueremo sempre a farci un bel giro.
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