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Era in una valle in Sicilia e ci si nascose un eremita: la (antica) grotta oggi è una chiesa

C'è anche una leggenda intorno all'uomo, divenuto santo, su come trovò riparo in un posto difficile da raggiungere. La città barocca lo venera e ne tramanda la storia

Federica Puglisi
Giornalista
  • 19 novembre 2022

Scorcio di Palazzolo Acreide

Una grotta divenuta poi una chiesa rupestre dove si racconta si nascose in preghiera San Corrado Confalonieri. Siamo intorno al 1330 e sulla tortuosa montagna che dà sulla Valle dell’Anapo nel territorio di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, visse per un breve periodo il santo divenuto poi uno dei grandi eremiti del suo tempo.

Tra storia e leggenda, questa grotta, purtroppo difficilmente raggiungibile, è una testimonianza reale della povertà che accomunava gli eremiti che sceglievano la vita ascetica e contemplativa della preghiera, lontana dalla materialità. Non è semplice raggiungere questa piccola grotta: essa si trova a poca distanza dalla chiesa di San Michele, su una piccola via che conduce alla grande vallata del fiume Anapo.

Dinanzi ad un panorama suggestivo che toglie il fiato, in lontananza c’è un enorme costone a picco. E lì tra la vegetazione delle pareti rocciose si nascondono alcune grotte. Tra esse c’è quella che, secondo tradizione, fu abitata dal santo eremita. Queste grotte in età bizantina erano state utilizzate come abitazione.
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Quando si diffuse il culto per il santo, ben presto la piccola grotta venne trasformata in una chiesa rupestre. Venne dotata di un piccolo altare, di cui rimane il basamento, e vennero realizzati dei piccoli affreschi, probabilmente raffigurazioni del santo. Da alcune ricerche effettuate nel sito sono state trovati, vicino alle altre grotte, degli utensili che sarebbero datati intorno al Paleolitico superiore, oggi conservati al Museo archeologico regionale di Siracusa.

«La grotta che accoglie la chiesa rupestre, è la più grande tra quelle disseminate sulla “Costa di san Corrado” – racconta lo studioso di tradizioni popolari Nello Blancato - . In queste grotte, usate come abitazioni trogloditiche, in epoca bizantina furono rinvenuti oltre un migliaio di utensili litici: bulini, lame, grattatoi. La grande quantità e il grado di rifinitura degli utensili, fecero supporre l’esistenza nella zona di una industria litica risalente all’ultima fase del paleolitico». E

E c’è anche una leggenda che riguarda il passaggio di San Corrado a Palazzolo. «La tradizione – aggiunge Blancato - narra di come San Corrado fosse stato accolto male dai palazzolesi tanto che gli lasciarono andare contro dei cani e lo cacciarono a sassate. Si racconta che l’eremita, sdegnato, prima di uscire dal territorio di Palazzolo, si scrollasse la polvere dai sandali per essere sicuro di non portarsi dietro nemmeno un granello di terra palazzolese. La leggenda, com’è ovvio, trae spunto dai soliti motivi campanilistici tra paesi confinanti».

Infatti da lì a poco l’eremita si spostò a Noto, dove trovò rifugio nella località dei Pizzoni per continuare la sua vita di contemplazione e solitudine. Oggi la città barocca lo venera come patrono.

E a Palazzolo cosa resta? Purtroppo non esiste al momento un progetto di recupero per la grotta - chiesa. Il sentiero per raggiungerla, infatti, non è facilmente percorribile e la folta vegetazione non permette di attraversare in sicurezza la zona. In questi anni sono state tante le iniziative di privati che, amanti della storia e dell’antichità del paese, hanno restituito alla fruizione luoghi abbandonati.

Chissà che anche la grotta di San Corrado non possa avere lo stesso destino. Essa oltre ad essere un luogo legato al santo eremita è anche una testimonianza storico-archeologica sugli insediamenti protostorici dei popoli acrensi. Dunque andrebbe tutelata e restituita alla fruizione, per consentire a pieno titolo ai tanti visitatori che raggiungono il borgo di poterla visitare in piena sicurezza.
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