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Il rito di Pasqua che in Sicilia rischia di perdersi: dove ammirare la "Calata da tila"

Un tempo diffusa in buona parte delle chiese in Sicilia, oggi si può ammirare in pochi luoghi di culto dove la tradizione è custodita, esattamente come un tempo

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 29 marzo 2024

La croce lignea della chiesa di Termini Imerese

Le festività sono i momenti più scenografici da vivere in Sicilia per farsi rapire da eventi suggestivi ed emozionanti, ricchi di simbologia e significati che sono una opportunità per scoprire chicche disseminate sul territorio.

Sono le nostre tradizioni che seguono riti e cerimonie legati alle stagioni e al oro susseguirsi, mescolati a usanze e patrimonio culturale.

Se alcune sono andate perse e in disuso altre, fortunatamente, sono sopravvissute e molto sentite sia da parte della popolazione dei fedeli, che da quella che pur non seguendo alla lettera i precetti, se ne sente coinvolta sentimentalmente.

Tra queste manifestazioni parliamo di un evento diverso dalle varie processioni, Vie Crucis, e Misteri che si possono ammirare in diverse località note per il loro folclore mistico e sacro ricco di pathos - che celebrano esclusivamente la passione e il dolore - ma di quello che si manifesta la notte di Pasqua quando viene proclamata la "Resurrezione".
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Si tratta della "Calata da tila" un momento di gloria che consiste nel far cadere il pesante telone che per tutta la quaresima oscura la vista dell’altare e afferisce al rito di "velare" o "velatio", ovvero la velatura delle immagini sacre nelle chiese.

Un tempo diffusa in buona parte delle chiese in Sicilia, oggi si può ammirare in pochi luoghi di culto dove la tradizione è stata custodita.

In cosa consiste il significato di questo evento e come avviene? A "tila" altro non è che un grande telone generalmente di colore scuro, pesante, tessuto con fili di canapa che raffigura una rappresentazione dipinta del momento della deposizione di Cristo, stesa verticalmente ad oscurare l’area dell’abside e l’altare maggiore.

Sul retro nascosto veniva intanto sistemato un allestimento che si poteva vedere soltanto al momento della scesa della tela, che veniva letteralmente sganciata dai sostegni, cadendo velocemente a terra alla mezzanotte tra sabato e domenica.

In origine non era questo l’orario della calata, ovvero la mezzanotte, bensì, il rito avveniva il Sabato Santo a mezzogiorno diversamente da oggi con uno spostamento in avanti alla sera.

La scena epica di cui è protagonista il Cristo Risorto si manifesta con il canto del Gloria, la penombra durante la quale viene celebrata la prima parte della funzione si accende illuminando tutta la chiesa con il sottofondo delle campane che annunciano l’evento della resurrezione.

Con il passare del tempo l’usanza viva fino ai primi del secolo scorso, si è andata perdendo fino ad essere abbandonata quasi del tutto, tranne in alcune chiese che mantengono vivo l’evento.

Le tele non erano tutte uguali, non c’era uno standard iconografico, ogni chiesa aveva la sua effige dipinta da autori più o meno noti, che immortalavano la scena delle deposizione.

Purtroppo molti di questi piccoli tesori – si fa per dire piccoli – andarono dismessi oramai passato l’eco del rito “scenografico barocco" e chiusi nella casse delle sacrestie ad ammuffire, o in armadi umidi rovinandosi per sempre e quindi buttati via.

A proposito delle dimensioni alcune erano davvero grandi e lunghe: quella della Chiesa di San Domenico a Palermo tra le più grandi realizzate misura 30 metri in altezza e copre l’intero abside.

La rappresentazione figura la deposizione in braccio alla Madonna e circondato dai confrati e dalle monache dell’Ordine dei Domenicani. Una recuperata si trova nella Chiesa di Sant’Ignazio in piazza Olivella, dove sono raffigurati Gesù al centro circondato dalle tre Marie e da Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e San Giovanni evangelista.

La tela della Chiesa Madre di Nicolosi, misura circa 20 metri di altezza e 8 di larghezza e fu realizzata dalle donne nicolosite dell’Ottocento e dipinta da Giuseppe De Stefani, che ha raffigurato il momento della Deposizione della Croce.

A Ragusa cambia un po' nome e diventa "taledda" e posta in Cattedrale intitolata a San Giovanni Battista, durante il periodo della Quaresima, sull’altare maggiore raffigura una Crocifissione di straordinaria bellezza, di autore ignoto, in lino grezzo larga 9 metri e lunga 13, con una comune pittura a tempera he occupa 117 mq di superficie, datata intorno al 1773.

A Petralia Soprana il grande telone che copre il presbiterio è opera del pittore palermitano Corrado Tanasi e risale al 1890 che sembra si sia ispirato alla "discesa della croce" di Rembrandt, ma un’altra opinione invece sostiene che l’ispirazione dell’autore provenga dal trittico della deposizione dalla croce di Pieter Paul Rubens.

Riportiamo solo alcuni dei luoghi di culto che portano avanti questa tradizione sacra diffusa sul territorio, nonostante sia diventata una rarità, rappresenta una occasione per vivere l’atmosfera della festa di primavera.
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