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La notte più luminosa fu anche l'ultima: il memorabile assedio della splendida Akagras

La fine di Akragas iniziò quando un esercito cartaginese nel 409 a.C. tornò a scuotere la pace delle città della Sicilia. Gli abitanti della città di contro avevano da tempo abbandonato l’esercizio delle armi

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 15 ottobre 2021

La notte più luminosa nella splendida città di Akragas fu anche l’ultima: i bagliori che la resero splendente furono quelli degli incendi che consumarono i templi e le case della città “più bella dei mortali”.

La fine di Akragas iniziò quando un esercito cartaginese nel 409 a.C. era tornato a scuotere la pace delle ricche città della Sicilia. Mosse contro Selinunte e sconfisse le forze elleniche e – dopo aver conquistato e distrutto Imera – la furia cartaginese si abbatté su Akragas nel 406 a.C.

I Siracusani inviarono Dafneo in aiuto agli Agrigentini. L’esercito alleato era costituito da 30 mila fanti e 5 mila cavalli e ad esso si aggiunsero altri rinforzi inviati dalle altre città siciliane alleate.

L’esercito capitanato da Dafneo mise in serie difficoltà i Cartaginesi. Gli agrigentini invitarono allora i loro capi a dare battaglia, sfruttando il momento favorevole. Il rifiuto dei condottieri venne interpretato dalla popolazione come un atto di viltà e i quattro capitani agrigentini vennero lapidati.
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La necessità di avvalersi di così tanti mercenari probabilmente derivava dal fatto che gli abitanti di Akragas avevano da tempo abbandonato l’esercizio delle armi. Akragas da qualche tempo viveva nel lusso e i suoi cittadini avevano perso l’abitudine alla pugna e alle armi: per questo dovettero affidarsi ai mercenari.

Il popolo viveva in un mollezza tale che durante l’assedio funesto della città, un editto dovette proibire a chi montava la guardia nella cittadella, di portar con sé solo un materasso, una coperta, un capezzale e due guanciali!… Figuriamoci che vita facevano in tempi quieti e felici gli agrigentini !

Il memorabile assedio di Akragas del 406 a.C. è descritto soprattutto da Diodoro Siculo.

Annibale e Imilcone, i generali punici, collocarono di fronte alle mura due torri e avviarono il loro tentativo di espugnare la città. Gli assediati però con una sortita riuscirono ad incendiare le macchine belliche e quindi Annibale ordinò di abbattere le tombe che si trovavano fuori le mura e di utilizzare il materiale di demolizione per costruire dei rialzamenti di terra in grado di pareggiare l’altezza delle mura.

Durante quei lavori nel cimitero però scoppiò una epidemia di peste e i Cartaginesi attribuirono il fatto ad una vendetta degli spiriti usciti dalle tombe distrutte. La peste colpì a morte lo stesso Annibale. Il comando dei cartaginesi venne assunto da Imilcone.

Da Siracusa dirette ad Akragas erano partite delle navi cariche di vettovaglie, ma i cartaginesi riuscirono ad intercettare la flotta carica di ogni bene e se ne impadronirono. Gli Agrigentini furono così costretti a trovarsi senza viveri e a soffrire la fame.

La loro situazione si fece così disperata che alcuni cittadini e soldati passarono nel campo nemico e si consegnarono ai Cartaginesi, tra questi vi fu anche Desippo con parte delle truppe. Altri Agrigentini, scortati da Dafne, riuscirono a raggiungere Gela e Lentini e si salvarono dalla morte per fame.

L’assedio cartaginese durò otto mesi; poi gli agrigentini capitolarono. Entrati nella città alla fine dell’anno 406 a.C, i Cartaginesi vi si acquartierarono durante tutto l’inverno.

Tremila cittadini adulti furono fatti sgozzare da Annibale sul luogo stesso: fanciulli e bambini furono trasportati in Africa. Vi furono scene di indicibile disperazione. I Templi vennero profanati e incendiati. Della città non rimase che un cumulo di rovine.

Entrati nella città abbandonata, i Cartaginesi vi si stanziarono durante tutto l’inverno e finirono di distruggerla nella primavera del 405 a.C. Venne bruciato il tempio di Atena e sottratto un ingente bottino. Bruciò in quei giorni anche il tempio di Giunone.

La pace siglata tra Akragas e Cartagine pose condizioni molto umilianti agli agrigentini: per lungo tempo la città rimase sottomessa e non poté rialzare le fortificazioni distrutte. La caduta di Akragas gettò nel terrore tutta la Sicilia e della storica fine di quella potente città si parlò per molto tempo ancora tra le città del Mediterraneo.
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