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Castelbuono: Meridiani pittorici, paralleli contemporanei

  • 24 luglio 2006

Linguaggi differenti cresciuti su un fertile humus culturale, individualità ma allo stesso tempo comunione d’intenti e di vedute, voglia e volontà di far sì che la pittura, tecnica tradizionale per eccellenza, ma allo stesso tempo unica e irrinunciabile come mezzo di comunicazione, riaffermi con tenacia la capacità di stupire anche solo per un attimo, di guidarti verso mondi altri dove poter ritrovare frammenti di noi stessi e della società che ci circonda.

Una cornice unica come quella del Castello dei Ventimiglia di Castelbuono, ad accogliere con la sua storia e i suoi tesori, una mostra che allestita tra le stanze cariche di passato, svolge percorsi inaspettati, che sanno stupire. Un viaggio iniziatico che ricostruisce con estrema perizia il versante pittorico palermitano che dagli anni Ottanta arriva sino ad oggi, attraverso le opere di 17 artisti, tutti nati entro la metà degli anni Settanta, oggi affermati anche sul panorama artistico nazionale.

La mostra "Meridiani Paralleli - percorsi di pittura a Palermo anni 80-2000" ospitata nello splendido Castello medievale di Castelbuono è visitabile fino al 17 settembre (9-13/15-19, ingresso libero). L'esposizione è stata fortemente voluta dall’instancabile e inarrestabile presidente dell’associazione Fiumara d’Arte, Antonio Presti, che ha affidato a Marina Giordano la curatèla dell’evento, che non si sarebbe potuto realizzare senza la disponibilità e la collaborazione del sindaco di Castelbuono, Mario Cicero, dell’amministrazione del Comune, e del direttore del Museo Civico di Castelbuono Nino Sottile.

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Antonio Presti rinnova con questo evento la sua dedizione alla bellezza e all’arte contemporanea, dopo aver organizzato nel 2005 la mostra “Telepass” che vedeva nella medesima location del Castello dei Ventimiglia, l’allestimento di opere di giovani artisti dell’Accademia Abadir di San Martino, e promette di non venire meno al suo impegno avendo già in mente eventi che prossimamente coinvolgeranno artisti di levatura internazionale.

Proprio in occasione dell’inaugurazione della mostra "Meridiani Paralleli" è stata organizzata una giornata dedicata interamente all’arte contemporanea, che ha visto come prima tappa la visita delle stanze d’autore all’interno del Museo Atelier sul mare a Castel di Tusa, piccoli tesori che testimoniano come l’arte contemporanea possa trovare il modo di affermarsi e crescere in Sicilia, di coinvolgere persone anche estranee al mondo dell’arte di oggi, soltanto con la sua poesia e liricità.

La mostra "Meridiani Paralleli" afferma, attraverso le parole della curatrice Marina Giordano, «la volontà di tentare una ricognizione/ricostruzione inerente alla marcata presenza della pittura a Palermo, esaminando alcune personalità che ancora oggi continuano con convinzione ad adoperare questo linguaggio». Gli artisti in mostra (Adalberto Abbate, Sergio Amato, Guido Baragli, Alessandro Bazan, Andrea Buglisi, Marcello Buffa, Davide Cappelli, Gaetano Cipolla, Nicola Console, Francesco De Grandi, Andrea Di Marco, Marco Incardona, Alfonso Leto, Antonio Miccichè, Salvo Palazzolo, Dario Taormina, Croce Taravella) accomunati dal medesimo mezzo, la pittura, presentano realtà e visioni differenti sul mondo contemporaneo, e il risultato è di altissimo livello qualitativo.

Già il titolo conferma questo impegno volendo - usando ancora le parole di Giordano - «enucleare la pluralità corale e l’intreccio di percorsi e sguardi dei diciassette artisti, le cui strade si snodano sul planisfero comune della pittura con una propria individualità, pur presentando a volte similitudini, specialmente rispetto alle opere più antiche, frutto di humus culturali affini, ma sempre più distanti quando si giunge alle ricerche attuali. Quest’immagine tratta dal lessico geografico, oltre a restituire l’idea di un reticolo d’identità, rende anche il senso d’attraversamento spaziale e temporale, dell’incrociarsi di traiettorie diacroniche e sincroniche che sono alla base dello spirito della mostra».

L’allestimento realizzato con estrema cura e competenza, rispecchia e realizza le intenzioni della curatrice. Le intricate stanze del Castello di Castelbuono realizzano una perfetta sinergia tra presente e passato. Le opere esposte, due per artista, rappresentano l’evoluzione di ogni singolo linguaggio essendo testimonianza sia degli inizi dell’iter artistico che dell’immediato presente. L’opera di Alfonso Leto, "Lo Spigolo del Pianto", posta all’ingresso del Castello in una stanza attigua al Salone delle Scuderie, rappresenta l’inizio immaginario di questo percorso, la dicromia bianco grigia della tela esplode nella semioscurità dello spazio.

Il fatale "Bacio" di Guido Baragli, i corpi rosei dal segno nervoso di Davide Taormina, un vortice di brevi e decise pennellate che sembrano originarsi dalle mani nervose del personaggio ritratto da Croce Taravella in "Fofò selvaggio in frenesia", continuano idealmente a condurre lo spettatore attraverso meridiani pittorici verso la ricostruzione di questo composito panorama palermitano. Il colloquio tra le opere si fa serrato, stridente quando linguaggi ed esperienze differenti si confrontano, ma sempre eccezionalmente interessante.

Scale e passaggi introducono il visitatore a stanze nascoste dove le opere attendono di essere scoperte, pronte ad emozionarci con immagini inaspettate: le piccole tele di Marcello Buffa che rappresentano volti deformati di baconiana memoria, o ancora le superfici lucide e rotte di Davide Cappelli accolgono immagini volontariamente cruente tratte dal cinema odierno. Il "Ritratto dal collo allungato di Ginetto" di Francesco De Grandi osserva lo svolgersi cadenzato di superfici percorse da sgocciolii materici nelle cinque tele di "Ab continuum infinitum" di Antonio Miccichè.

L’installazione di 80 piccole tele di 30 x 30 cm di Adalberto Abbate, "Tomato Terapy", costituisce idealmente un puzzle della società contemporanea dove suggestioni, eventi, o immagini lasciano un ricordo perentorio alternate ad oggetti decontestualizzati come appendiabiti, maniglie o lettere direttamente applicate sulla parete. Una piccola scala introduce ad una stanza solitaria che idealmente rappresenta una sorta di discesa agli inferi dove le cinque tele de "La fuga di Caino" di Sergio Amato svolgono davanti agli occhi dello spettatore immagini demoniache di volti dalle anatomie deformi, accese da lumeggiature che fendono un cielo rosso ocra.

Una stanza lunga e stretta al primo piano del Castello raccoglie i colori primari, il segno marcatamente espressionista della pittura di Marco Incardona, artista scomparso prematuramente nel 1999 a cui la mostra è dedicata, e accanto al tratto nero e segnico dei quaranta elementi che costituiscono Primo Tempo di Nicola Console, troviamo del medesimo artista un accorato ricordo dell’amico Incardona, un ritratto dalla linea sottile e irrequieta e dai colori lievi.

Il Salone del Principe, all’ultimo piano del Castello, accanto alla cappella con stucchi serpottiani che conserva le reliquie di Sant’Anna, accoglie lo stile fotografico di brani di silenziosa realtà dello Smolecolatore di Andrea Di Marco e la pittura liquida de "I Tuffatori dell’Aspra" di Alessandro Bazan, e l’iperrealistica pittura di "Senza Titolo" di Andrea Buglisi, espressioni differenti che nascono da modi differenti di approcciarsi alle immagini che la società giornalmente ci propone in formati vari e a varie velocità.
Il Castello, spazio per eccellenza di potere e storia, diventa contenitore di arte contemporanea, dove «l’ingegno degli artisti contribuisce a offrire una visione altra del posto, trasformando un luogo di così tanta bellezza e storia, in luogo di contemporaneità e di pensiero», come ha detto Antonio Presti.

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