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Gli oggetti magici che accompagnano l'uomo

  • 6 febbraio 2006

Non c’è luogo o epoca in cui l’uomo non releghi almeno parte dei propri auspici ed aspettative quotidiane in una sfera ignota e invisibile, la dimensione del soprannaturale. Ma dove si realizza questo mondo di credenze e rituali finalizzati a forgiare la realtà secondo i propri desideri e ad esercitare un qualche potere su sentimenti, eventi, calamità e fortuna? È un universo sotterraneo, in cui espressioni di magia convivono frequentemente con forme di religiosità ortodosse ed eterodosse, secondo una visione della realtà come un oggetto perturbabile e fluttuante. Alla base sta una disperata necessità di fronteggiare difficoltà e avversità di ogni genere, esorcizzandone la potenza e l’ineluttabilità. In questa prospettiva, cose e immagini assumono carica e potere, sono l’evocazione e la materializzazione più o meno simbolica e iconica di ciò che si vuole imporre, realizzare e scongiurare. Un interessante percorso di indagine su questo particolare rapporto con il soprannaturale, più specificamente nella cultura siciliana degli ultimi secoli, è offerto dalla ricca mostra “Il Potere delle Cose: magia e religione nelle collezioni del Museo Pitrè”, in corso fino al 9 maggio all’Archivio storico comunale di Palermo, in via Maqueda 157 (dal martedì al sabato ore 9/19,30; domenica ore 9/13; ingresso libero; catalogo edito da Eidos e pubblicato per la collana “Impressioni”).

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Promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune, realizzata da Eidos e curata da Ignazio Buttitta, l’esposizione raccoglie circa centocinquanta reperti, datati dal XVII ai primi decenni del XX secolo, provenienti quasi tutti dal Museo etnografico Pitrè, alcuni dei quali mai esposti prima, e vari documenti conservati nell’Archivio storico. Le sale Almejda e Pollaci Nuccio accolgono i materiali nel suggestivo allestimento realizzato dall’architetto Antonio Di Lorenzo. Il percorso si presenta completo e facilmente fruibile grazie ad un’attenta disposizione dei pezzi, alle schede esplicative dei singoli reperti e ai vari giochi di ombre e penombre, associati all’inaugurazione ad un adeguato sottofondo musicale. Oggetti dal carattere più magico-propiziatorio, come bicchieri incisi, corde con nodi, frutti e vegetali simboli di fertilità, amuleti, maschere e incantesimi, sono accostati a materiali riconducibili alla sfera religiosa, come rosari, ex –voto, flagelli, pitture su vetro e stampe a soggetto sacro. Si spazia dal mondo pastorale e contadino, dove collari per animali e strumenti musicali si colorano di simboli e segni di protezione in una realtà fatta di indigenza e povertà, al microcosmo della casa e della comunità minuta, dove amori, dolori e invidie si amplificano e si esternano in pratiche di vario genere.

Accanto ad oggetti dalla funzione e dai rimandi più o meno palesi, trovano posto strumenti di una ritualità spesso complessa: facilmente intuibile, ad esempio, è il valore apotropaico dei sacchiteddi di li cosi sacri, mentre la sponsa di la Madonna, o rosa di lu partu, era protagonista di un particolare rituale dal forte carattere magico, utilizzato durante i parti. Tra le testimonianze di magia nera si distingue l’uovo con spilli, in cui un simbolo di vita è trafitto da aghi come mimesi della reale sofferenza fisica da arrecare alla vittima. Qui come altrove, nel carattere imitativo o oppositivo rispetto a ciò che si desidera o si teme, si rivela il principio che sorregge questo genere di ritualità magico-religiosa, le cui radici vanno rintracciate nel potere dell’immagine e del visibile sulla percezione umana della realtà intera, materiale e immateriale, presente e futura. Un principio atavico, secondo cui inscenare, rappresentare od evocare qualcosa comporti la sua immediata realizzazione. Compiuto il rituale, l’animo si conforta, si esalta o si placa: è già qui il “potere delle cose”, al di là di ogni personale convinzione.

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