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Il corpo come “mappa del desiderio”

  • 2 maggio 2005

C’è un tempo per tutto, si dice. Quindi un tempo anche per la poesia. Poco importa se prima eri solita/o detestare (evitando di soffermarti, nelle librerie) ogni sorta di silloge/trattato/antologia/raccolta poetica che fosse, con quei tipici versi messi in rima, oppure (oltraggiosamente) slegati/ermetici, carichi di pathos o amore totalizzante (da apparire esagerato) verso l’oggetto del desiderio degli scrittori. Perché tutto ad un tratto cambi idea. E capisci che carpire (in questo caso leggere/ascoltare) l’anima umana, con tutte le sue esagerazioni, devastazioni, ingenue meraviglie, è di gran lunga meglio che non concedersi questo pubblico privilegio. “Corpo a corpo” di Fabrizio Bianchi e Daniela Monreale per le edizioni della LietoColle – www.lietocolle.it, narra poi suggestivamente di un «un viaggio sul corpo. Un cannocchiale lirico per camminare, lentamente, su quei luoghi che ci appartengono più di ogni altra cosa e che forse non guardiamo mai. O non abbastanza», si legge nelle note degli autori. Ma vediamo di afferrare meglio il significato di queste 54 pagine cariche di sensualità, attraverso lo sguardo bifronte sul mappamondo corporeo (organo per organo) di Fabrizio Bianchi e Daniela Monreale, con le loro comprensibili differenti prospettive di uomo e donna.

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Innanzitutto, se volessimo capire meglio chi sono Fabrizio Bianchi e Daniela Monreale?
[Daniela]: «Qualche elemento autobiografico: palermitana, classe 1963, dal 1998 mi sono trasferita vicino Firenze; ho pubblicato alcuni libri di poesia, tra cui vorrei solo citare “Lo sguardo delle cose”, pubblicato con Nuova Editrice Magenta, nel 2001; ho curato il volume “Poesie scelte” della straordinaria scrittrice siciliana, Helle Busacca, morta nel 1996; collaboro ad alcune riviste culturali. E poi altre attività letterarie, che ti risparmio. Mi considero una “ricercatrice” della parola; amante della sua possibilità creatrice e trasformatrice. Da qui la passione, travolgente e spietata talvolta (perché ti sottrae tempo ed energie, ma va bene così) per la poesia.»
[Fabrizio]: «Cosa sono? Un pubblicitario milanese: uno dei peggiori incroci transgenici mai riusciti. Praticamente capace di lavorare 24 ore al giorno a produrre pirlate. Nei ritagli di tempo, scrivo anche poesie, confondendole spesso con i formaggini, i computer, gli ipermercati, le collezioni di moda, i cellulari, i gelati, le automobili, i polli, di cui scrivo di solito. Masochista, oltre che inguaribilmente affascinato dall'universo femminile (vulgo: sessuomane), sono anche l'unico redattore maschio in una rivista fatta quasi esclusivamente da donne: “Le Voci della Luna”.»

Daniela, hai lasciato Palermo. Ti manca qualcosa della tua città nativa?
[D.]: «Mi mancano il tepore invernale, il cibo, l’odore del mare, i tesori dell’arte.»

Amicizia, causalità, amore per la scrittura erotica, o una trovata dell’editore? Per quale via siete arrivati a scrivere, a quattro mani, “Corpo a corpo”?
[D.]: «Una forte amicizia e complicità, la voglia di realizzare qualcosa insieme, un testo incisivo/coinvolgente, ma anche ironico/leggero. Ho proposto a Fabrizio una raccolta di poesie erotiche, perché l’eros è un tema difficile quanto affascinante e totalizzante. L’idea della “mappa” del corpo l’ho suggerita io a Fabrizio, a cui è subito piaciuta. Ci siamo poi detti “perché no? Tentiamo…”, e nonostante l’arduo territorio tematico abbiamo creato e confrontato i nostri lavori, man mano che nascevano. Il titolo ci è parso subito molto efficace, perché sintetizza un’idea di vicinanza assoluta, di “adesione” totale, erotica ma anche mentale.»
[F.]: «Il corpo (femminile) è sicuramente il mio tema preferito. Ho quindi dovuto faticare molto per limitarmi entro i confini del solo erotismo, come mi ha costretto Daniela. E' stato molto stressante: questo non va bene, togli qui, lima là, questo proprio non lo puoi scrivere, questa volta finiamo dentro, ecc. Il primo editore ci ha rifiutato persino la copertina che avevo studiato con il mio art director, fotografica, troppo pubblicitariamente esplicita. L'attuale ci ha chiesto accoratamente di usare come immagine almeno un'opera d'arte, e abbiamo finito per scegliere un quadro tra i più casti di Egon Schiele, rovesciandolo per ottenere almeno un po' più di vigore espressivo...»

Cosa rappresenta il corpo per voi?
[D.]: «Lo strumento principale del nostro stare nel mondo. Credo a una totale unità tra interno ed esterno, tra corpo e anima. Noi siamo il nostro corpo, nel bene e nel male, e più cerchiamo di armonizzare la nostra interiorità con questo “confine fisico”, più viviamo nel benessere.»
[F.]: «Il primo elemento di seduzione. Ma non nel senso spietatamente concorrenziale imposto dalla prima all'ultima rivista femminile (e ora anche da quelle per gli ometti) per cui se non hai un corpo da top model o da bodybuilder sei out e passerai la vita tra diete, liposuzioni e marchingegni da tortura (oltre che tra inenarrabili tormenti della psiche): un corpo, qualsiasi corpo, qualsiasi parte del corpo è eroticamente potente, anche nelle sue imperfezioni.»

Già. Concordate sul fatto che l’esperienza amorosa è anche strumento d’elevazione spirituale?
[D.]: «Assolutamente sì. Penso che l’estasi amorosa sia un fatto mistico, oltre che un godimento fisico. L’unione degli amanti crea un nuovo universo, che non è il risultato della semplice addizione dei due universi individuali, ma un nuovo soggetto, il “noi”, un fenomeno nuovo, una risorsa di energie vitali insospettate. L’esperienza d’amore eleva spiritualmente perché consente alla persona una conoscenza più ampia e più libera della realtà circostante. Ovviamente, se il sentimento d’amore sa essere gratuito e non condizionato da gelosie, ossessività e altre “scorie” dell’ego.»
[F.]: «Sì, e in realtà non è male anche con le scorie... Purtroppo rendere istituzionale (nella famiglia perpetua, in un ergastolo) l'elevazione spirituale dell'amore di coppia, smaschera l'estasi mistico-amorosa per quello che probabilmente è per i comuni mortali refrattari alla santità: un 'trucco' della natura per obbligarci alla perpetuazione della specie. L'esperienza più alta dell'eros è il culmine di una ripida curva ascendente che poi, inevitabilmente, ha la sua più o meno lunga parte declinante, spesso insopportabile, dopo aver provato quel culmine.»

Che l’eros nelle vostre vite di scrittori sia importante, si evince. Ma cosa accade nella vostra quotidianità? Riuscite a farlo sopravvivere?
[D.]: «Nel mio quotidiano cerco il più possibile di far vivere l’eros anche come sottofondo alla routine, nel senso che ogni gesto di tenerezza rivolto alla persona amata riveli un trasparente segno di sensualità e di desiderio. L’eros, quando non può essere agito, può comunque rimanere acceso, discreto ma vivo come il fuoco della brace, nel suo saper riscaldare i semplici momenti, domestici o no, nel sapore dell’attesa.»
[F.]: «Nel quadro sicuramente impopolare che ho dato prima, certamente sì. Garcia Marquez, col suo ultimo romanzo Memoria delle mie puttane tristi, insegna. Se uno ce l'ha dentro, nel sangue, nel DNA, nel cervello, nemmeno la sedia a rotelle è un limite. Forse l'unico ostacolo può essere, ma non è detto, il senso del ridicolo...»

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