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Junias, dalle cantine all'Europa

  • 24 ottobre 2005

Si chiamano Junias, e in pochi ma intensi passi hanno ripopolato l’anima "emo-rock" di una Germania ormai divisa tra le sonorità elettroniche e il pompamagnismo dell’Epic Metal. Mathias, Daehyun e Tim, questi i nomi dei componenti della band, arriveranno al Blow Up di Palermo (piazza Sant'anna) giovedì 27 ottobre (ingresso 3 euro), in quella che sarà la prima tappa di un minitour italiano, che toccherà anche le città di Cosenza, Avellino e Roma (nella capitale divideranno il palco con i "fratelli" dei Liquido, mentre a Palermo la musica sarà avviata dal pop punk degli English Garden, per concludersi a fine serata con il djset di Sergio Cataldi ed il suo electropop-indierock).

Dieci anni di carriera, scantinati compresi e un progetto sonoro da portare avanti all’insegna di una ricerca rock, che guardi con rispetto il passato (Pearl Jam su tutti), per inventarsi un presente musicale all’insegna dell’attualità sonora: schitarrate "hard" e un discreto supporto elettronico. Ciò che ne deriva è un insieme piuttosto atipico, che da un lato schiaccia l’occhio ai Placebo, ma dei Placebo non ne eredita, fortunatamente, la presunzione, e dall’altro prova ad ereditare l’intensità vocale/strumentale, seppure in forma più "violenta" dei primi Radiohead (non a caso il glabro cantante del gruppo è un grande ammiratore di Thom Yorke). Queste le tracce di riferimento che porteranno i tre ragazzi di Hattingen a confezionare per la Roadrunners Records l’album d’esrodio, "Signal" che, inaspettatamente, si è rivelato un successo di critica, pubblico e, di conseguenza, di vendite.

Imbarazzanti citazioni in hit parade, comparsate nel tempio della "musica giusta" Top of the pops, i Junias adesso si trovano a raccogliere dal vivo tutto ciò che hanno seminato in anni di cantine, apparizioni da supporters (Gluecifer, Soulwax e Verdena, tra gli altri) e quant’altro. Dal cantinismo al protagonismo, anche per proporre sul palco il "debut single" dal titolo "No/Yes": un turbinio di tre minuti e ventuno secondi carico di sentimentalismi astratti, chitarre "giù dure" e un po’ di sana elettronica che ci rimanda inevitabilmente agli ultimi, "terrestri" Subsonica. A supporto del singolo, un disco che non si limita a far da cornice al "brano di lancio", pensato e ideato, forse, per rendere al 100% sul palco. Da non perdere.

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