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L’Assioma, ecclettismo e rock in primo piano

TITOLO: “Questa è una buona speranza”<br> ANNO: 2003<br> ETICHETTA: Autoproduzione

  • 27 marzo 2004

Ho sempre pensato che è nell’ecclettismo che il buon e sano rock’n’roll può trovare nuova linfa vitale da far “assaporare” ai suoi seguaci. Non è un caso, infatti, che alcuni tra i dischi rock più osannati ed obbiettivamente belli degli ultimi anni (quelli di Queens of the Stone Age, White Stripes, Radiohead, Notwist, El Guapo, per esempio) hanno tra le loro caratteristiche principali, per l’appunto, l’eclettismo musicale; il saper cioè spaziare da un genere ad un altro, evitando quindi quello che è il gioco preferito del critico medio musicale: la categorizzazione di una band rock. E così, ovviamente evitando i paragoni con i gruppi di cui sopra, avviene per L’Assioma. Il trioquartetto di Palermo (composto da Andrea Bonfiglio alla voce e chitarra, Sergio Belluccia al basso e theremin, Dario Basile alla batteria e percussioni e Mauro Maraschi addetto alle “voci e rumori”) infatti, sfugge a definizioni e categorie, pur mettendo il rock in primo piano, e regala, col loro secondo lavoro (dopo “ciò che mi nutre” del 2001), un’ottima prova di maturità.

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Ricordo di avere visto suonare dal vivo L’Assioma un paio di anni fa, e di aver ascoltato attentamente il loro vecchio ep, e nonostante la loro miscela derivativa di grunge-punk e rock d’autore mi fosse sembrata interessante, non penso ci sia paragone col gruppo di adesso, e ritengo che i progressi stilistici e sul piano delle liriche siano veramente incoraggianti. Questo “Questa è una buona speranza” (e scusate il gioco di parole) è un delizioso e godibilissimo mini (ma non troppo) cd dalla prima all’ultima nota, che ho ascoltato e riascoltato, non annoiandomi minimamente, e che scivola via che è un piacere. Parlando di stile, si può  elogiare la capacità del combo palermitano di spaziare dal quasi stoner di “Una bella scorpacciata di…topi” alla psichedelia alla 13th Floor Elevators ed Electric Prunes di “Barrette pastorizzate”, alla ballata “marlenekuntziana” “Goodbye” fino al pop, iniettato di psichedelia, di “Thc”. E sono tutte canzoni godibilissime.

La voce di Andrea Bonfiglio, dal derivatismo di Pearl Jam e Nirvana, si è fatta più duttile e decisamente matura, così come le liriche, ormai più visionarie ed audaci, che spaziano dalla canzone d’amore alla critica sociale, trattando pure con efficacia i difficili problemi familiari di “Ritratto di famiglia”; e gli inserti di theremin, soprattutto nell’ultimo pezzo “Questa è una buona speranza”, dal sapore quasi post-prog, così come gli effetti vocali alla Tommy Hall dei 13th Floor Elevators, e la traccia fantasma, alla Sgt Pepper, non possono che fare pensare ad un lavoro veramente ispirato e affascinante. “Questa è una buona speranza”, in conclusione è analisi e testimonianza di una band grandemente in forma e fortemente in evoluzione, che, nonostante la presenza residua di alcune ingenuità, si può preparare a portare a compimento alcune delle ottime idee già presenti in questo delizioso disco.

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