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La lunga notte della “Santuzza”

  • 11 luglio 2005

La sera del 14 luglio Palermo si fermerà ad ascoltare un lungo racconto, la storia d’amore tra un’eterea fanciulla dal capo cinto di rose bianche e la sua città. Per la 381a volta il “Festino di Santa Rosalia” torna ad ammaliare uomini, donne, bambini, turisti, laici e religiosi nella rievocazione storico-leggendaria più attesa e sentita dalla cittadinanza, diretta anche quest’anno da Davide Rampello. E visto che “spettacolo vincente non si cambia”, semmai si perfeziona, la Direzione Artistica dell’Ufficio Grandi Eventi del Comune conferma la collaudata formula della scorsa edizione: una struttura drammaturgica intrisa di musiche, canti, effetti scenografici e di luci a cui si aggiungono quest’anno gli originali movimenti acrobatici curati da Daniel Ezralow, il celebre coreografo dei Momix.

Verranno così riproposte l’impostazione stilistica dei costumi, la scrittura di Luca Masia e la coinvolgente colonna sonora realizzata da Mario Saroglia, (incisa dalla Omnia Beat) che racchiude sonorità liriche ed mediterranee, in un felice mix di contaminazioni culturali e tradizione folkloristica che ha decretato in gran parte il successo dello scorso anno. L’opera musicale sarà diffusa attraverso megaschermi ed impianti di diffusione dislocati nelle postazioni chiave dell’evento. Sui grandi palchi stabili allestiti per l’occasione, si destreggeranno 25 danzatori, 12 interpreti che canteranno dal vivo, attori di rilevanza internazionale, agili freeclimbers e una cinquantina di comparse; trasformando ‘A granni festa dei palermitani in un vero musical a cielo aperto che condurrà migliaia di spettatori in un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo, in quel funesto 1624, quando la “morte nera” offuscò la bedda Palermu, falciando 30 mila vite.

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Farà da “cicerone” un inedito personaggio emerso da recenti ricerche storiche: Don Marco Gezio, all’epoca Cappellano della Cattedrale, stretto collaboratore del Cardinale Giannettino Doria ed appassionato cultore d’arte, interpretato da Roberto Herlitzka (l’incisivo Aldo Moro di “Buongiorno, notte”). La sua voce sarà l’asse narrante della rappresentazione che avrà inizio il 14 luglio alle ore 21.15 al Piano del Palazzo Reale, dove si svolgerà primo ed il più articolato dei “quadri” previsti: la “Città della gioia”.

Il canto accorato Genti ri Palermu aprirà lo spettacolo, seguito dal Narratore che introdurrà il pubblico ai personaggi della vicenda, soffermandosi sulla figura di Anton Van Dick, il noto pittore proveniente dalla “malinconia fiamminga” (interpretato dal giovane emergente Marco Foschi), le cui opere ispireranno le citazioni figurative della messa in scena. Dall’Europa del Nord l’artista recatosi in nave a Palermo per ritrarre il Vicerè Emanuele Filiberto di Savoia, rimarrà coivolto a tal punto dalla città da restare fino al ritrovamento ed al riconoscimento ufficiale delle reliquie della sua Patrona, contribuendo a diffonderne il mito. Nella sontuosa scenografia raffigurante la Palermo seicentesca appariranno grandi vele bianche ed ampi teli blu ad evocare visivamente il mare, le cui ondate saranno simulate dal movimento umano dei danzatori e di due acrobati che “nuoteranno” nell’aria sui ritmi incalzanti ed arabeggianti di Viniti! Taliati! Tra il volteggiare di grandi aquiloni-uccello la città si svelerà agli occhi del ritrattista in tutta la sua fastosa e vitale bellezza, popolata di gente laboriosa, multietnica; di suoni e colori intensi, quasi abbaglianti. Ma anche profondamente misteriosi, come la vita segreta dei suoi vicoli che saranno richiamati dall’ammaliante Sciuscia ’nno focu, sulle cui note si esibiranno saltimbanchi, contorsionisti e 4 mangiatori di fuoco. Un’atmosfera esoterica su cui si striscerà l’ombra delle pestilenza, simboleggiata da 3 acrobati in costume da geco.

Lenti rintocchi di campane annunceranno la notte densa di sinistri presagi e l’arrivo di Emanuele Filiberto, cui presta il viso severo e la voce profonda, Remo Girone. Stanco ed incupito dalle notizie sempre più preoccupanti del dilagare della peste, l’invisibile flagello giunto su un veliero proveniente da Tunisi, il regnante s’interrogherà sul futuro del suo popolo, avvilito dall’impotenza umana nel contrastare quell’inesorabile castigo divino. Una riflessione tetra, spettrale come il mattino seguente, in cui gli abitanti, ombre senza speranza, vagheranno per le strade silenziose accompagnate da Morsi cu morsi, brano classico della tradizione palermitana sul dramma del contagio. Una ventina di freeclimbers costruiranno in scena, con una struttura ad incastro, la “torre vivente” degli appestati, che si ergerà lugubre sul lavoro incessante dei monatti, gli incappucciati addetti alla rimozione dei cadaveri. Tra i lamenti inconsolabili la città muore. Il giovane Van Dyck sconvolto da questo scenario apocalittico, comincerà a ritrarre il Vicerè in armatura nella sala del trono, lavorando dietro una grande tela. Il Principe piagato nell’animo e nel fisico invocherà la fanciulla eremita, le cui spoglie miracolose sono state rinvenute sul monte Pellegrino, in risposta dall’esterno del Palazzo giungerà il canto addolorato dell’Ave Maria coreografato da una coppia di trapezisti. Poco dopo la vita del nobile si spegnerà ed all’artista non resterà che renderlo immortale nel celebre ritratto oggi conservato alla Dulwich Picture Gallery di Londra. Boati, bagliori di luce, movimenti frenetici di corpi evocheranno lo sgomento dei cittadini privati della loro guida. Sulla melodrammatica Figghiu miu, ciatu miu il pittore implorerà “Sorella Rosalia” di compiere il miracolo. Che giungerà sulla melodia di Rosa Suavi, leit motiv del recente Festino, salutato da angeli volteggianti sospesi a corde elastiche. Tutta la compagnia si riunirà sul palco nel finale che concluderà i quaranta minuti del “primo atto” seguito da una striscia di fuoco che dall’alto del Palazzo Reale, attraversando la piazza, raggiungerà il Carro Trionfale (posizionato in corso Vittorio), rendendolo finalmente visibile.

Un carro dorato, imponente (il più alto dal 1964), realizzato da una ventina di maestranze e tecnici locali, che avrà al suo interno un grande organo a canne suonato dal vivo da Marzia Manno e sarà arricchito da 12 statue, fregi di ispirazione barocca e decori a foglia d’oro. Gli sguardi alla ricerca della Somma Protagonista, rimarranno delusi però, perché Lei, apparirà solo al termine del 2° quadro, nel piano della Cattedrale, verso cui si dirigerà il Carro lentamente, trainato da 24 marinai. Qui, prenderà vita la seconda ricostruzione scenica: il lazzaretto, in cui si aggireranno malati, medici protetti da maschere con becco d'uccello (contenente una spugna profumata contro i malefico olezzo) ed un cardinale affranto. E’ la “Città del dolore”.

L’arcivescovo Giannettino Doria, successore del Vicerè e personaggio cruciale della vicenda, pregherà inginocchiato ai piedi di un crocefisso, i suoi digiuni, gli aiuti alla popolazione per cui si è prodigato, sono stati vani, privandolo della forza per affrontare la tragedia. Il religioso avrà i tratti raffinati di Jean Sorel, esponente di razza del cinema internazionale; al suo fianco ricomparirà Don Gezio, nella duplice veste di Narratore storico e fidato collaboratore del Cardinale. Le voci delle molteplici guarigioni della Santuzza miraculusa (tratte delle cronache d’archivio) si propagheranno a ritmo incalzante nell’aria, manifestando la fede del popolo nella sua potente Avvocata mentre i cantanti in coro eseguiranno il Pater Noster.

Davanti la cancellata della Cattedrale intanto prenderà posizione il Carro Trionfale dal quale, grazie ad un movimento meccanico, apparirà finalmente, nello splendore dei suoi 2 metri e 40, la statua di Santa Rosalia, ispirata quest’anno all’opera di Giovan Battista Ragusa, custodita nella chiesa di San Francesco d’Assisi. L’apparizione sarà accompagnata dal volo di 50 colombe bianche e dalla coreografia di 20 angeli con maestose ali, situati nella sommità della chiesa. Nel trionfo mistico del Gloria in Excelsis Deo le co-patrone della città (Sant’Agata, Santa Ninfa, Santa Oliva e Santa Cristina) raffigurate da ballerine sospese in volo, toccheranno i contagiati, guarendoli. Un’allegoria significativa che vuole ridare rilevanza alle snobbate sante dei quattro mandamenti, “ree” di non avere saputo difendere la città dalla piaga malefica. I due religiosi omaggeranno le beate e gli spettatori con la visione della “Madonna del Rosario”, il dipinto di Van Dyck conservato nell’Oratorio di San Domenico, che verrà proiettata sul prospetto della Cattedrale. Palermo adesso può risorgere, la “rosa senza spine” ha finalmente sconfitto il male, divenendo ufficialmente la protettrice della città.

Qui termina il racconto drammaturgico, di cui si potrà avere un piccolo assaggio nell’antigenerale prevista il 12 luglio alle ore 19.30 ed uno ancora più consistente, durante la prova generale, il 13 luglio alle ore 21.00. Notizie più dettagliate sulla lunga notte del Festino, le iniziative collaterali, la storia della vergine romita, sono disponibili inoltre all’indirizzo web: www.comune.palermo.it/Eventi/Il%20Festino/Festino2005/festino2005.htm

Dopo il “quadro” della Cattedrale inizierà la celebrazione della festa vera e propria. il Carro Trionfale, preceduto dalle musiche tradizionali dei tamburinai della Famiglia Aucello, attraverserà un Cassaro vestito a festa, con drappi rossi ai balconi, centinaia di fiaccole e luminarie tradizionali in bianco e oro che si accenderanno al suo passaggio. Giunto al centro dei Quattro Canti, decorati con archi scenografici, il corteo si fermerà in attesa del momento catartico: l’omaggio floreale del sindaco ai piedi della Santa con la proclamazione della rituale “Viva Palermo e Santa Rosalia!” e conseguente profluvio di petali e grida di gioia. Placato il boato la processione riprenderà la sua discesa verso il mare oltrepassando Porta Felice e fermandosi alla Marina davanti Palazzo De Seta (a Porta dei Greci) dove il Carro, al riparo di un gazebo illuminato, sarà custodito per tutto il periodo di Kals’Art, in continuità con l’estate culturale del Comune.

A mezzanotte, il momento clou della festa suggellato dalla denotazione dei Jocu di focu: un’ora e quaranta di spettacolo piromusicale, con concerto di fuochi d’artificio su musiche barocche preceduto dalla seconda edizione del “Palio di Santa Rosalia”, la gara di arti pirotecniche che vedrà sfidarsi all’ultimo “botto” tre scuole di fuochisti. Tra sfavillanti girandole e fioriture di razzi, il sacro lascerà il passo al profano in un trionfo di bancarelle multicolore, babbaluci, pani ‘ca meuza, muluni, calia, semenza e refrigereranti bevande. Perché il palermitano celebra i grandi avvenimenti, che siano feste o terremoti, col rito esorcizzante della schiticchio in compagnia, quasi a voler placare i morsi dello spirito ipernutrendo il corpo. In fondo il Festino, al di là delle polemiche, l’opulenza, le connotazioni religiose ed etno-antropologiche è uno psicodramma collettivo a tutti gli effetti, in cui la memoria del passato è l’elemento catalizzatore del profondo bisogno di espiazione dell’essere umano. Il desiderio di giustizia, la possibilità di rinascere debellando tutte le piccole pesti della vita. Per i palermitani la Santuzza è tutto questo, e molto di più. A lei non si mente, nel patto di fiducia reciproca coi suoi protetti “Una sol cosa vuoi che si rispetti: promessa fatta va mantenuta”. Nella lunga notte estiva, sotto un cielo che esplode di luci, saranno migliaia le anime della città che chiederanno qualcosa alla "Rosa del Monte": intercessioni, speranza, una buonanotte che giunga il più tardi possibile.

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