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Nel “paese dei balocchi” viaggiante

  • 23 gennaio 2007

Convincere un gruppo di amici trentenni ad andare al circo è un’alta performance di contorsionismo verbale. I manifesti evergreen e gli azzurri tendoni del supercircus delle meraviglie “Embell Riva” ci accolgono sul viale dell’Olimpo, a Mondello (Palermo), dove, dal 23 Dicembre scorso, la Famiglia Bellucci fa gli onori di casa, in occasione del centenario di attività. Nell’accampamento un gruppo di enfant de la balle, i “figli del circo”, si aggira in monopattino tra caravan e roulotte, garantendo il ricambio generazionale su cui è fondato lo spettacolo nomade per eccellenza. Due gli show quotidiani previsti fino al 4 Febbraio 2007: alle 17 ed alle 21. Al botteghino ci aspetta la prima delle “meraviglie” promesse: i biglietti oscillano dai 22 euro per il palco ai 12 per la tribuna; i bambini dai tre agli otto anni se la cavano con qualcosa in meno. Senza un attimo di esitazione optiamo per il settore popolare e prendiamo posto sulle assi spartane, attorniati da genitori martirizzati con prole scalmanata al seguito; facili bersagli degli addetti al Photo Service, il business della “foto ricordo”. In nome dell’amore filiale si spendono in media 8 euro a souvenir; la troupe d’assalto si aggira soprattutto tra le primissime file a ridosso della pista, accompagnati da un poco partecipe collega mascherato da Topo Gigio. Cerco di ricordare qualche collegamento tra il famoso roditore ed il mondo circense, ma il nesso mi sfugge. Dappertutto è un andirivieni di candide nuvole di zucchero filato, cestelli di popcorn, bacchette luminose cangianti; lo chapiteau è quasi pieno quando una piccola orchestra di quattro elementi, intona un accattivante motivetto e l’effimera illusione ha inizio.
Un defilato presentatore con voce tipica da “Venghino signori! Venghino!” annuncia L’alta scuola di equitazione di Miss Yvette, procace amazzone che scatena una reazione ormonale degli uomini presenti, amici in primis. “Il circo incomincia a cavallo”, sentenzia una regola che risale al 1770, anno in cui ufficialmente nacque in Inghilterra, il “Circus”. Dieci esemplari arabi compiono piroette e saltelli a mezz’aria, sotto lo schioccare della frusta e le secche incitazioni della severa domatrice. L’ondeggiare costante della loro teste, condizionamento dovuto alla prigionia e all’addestramento ricevuto, è la graffiante nota stonata del numero. Il ritmo passionale del “Tango di Roxanne” annuncia Roberta Bellucci e le sue acrobazie aeree, avvolta nelle luci blu e in due lunghe strisce di tessuto che pendono dall’alto. Fiato sospeso e brividi urlati accompagnano ogni suo lancio nel vuoto, senza la protezione della rete. Matthew e Julienne, ginnasti specializzati nel “verticalismo”, si arrampicano l’uno sull’altro sfidando la legge di gravità e a seguire una melodia orientale introduce il quadro esotico. Mario Bellucci, definito “l’amico degli animali”, in tenuta da gran visir, apre la parata con sei elefanti agghindati in tema, che, si cimentano in equilibrismi sulle zampe posteriori ed inchino a favore del pubblico pagante. Il carosello da “cento e una notte”, prosegue con zebre, cammelli, un lama saltellante, due struzzi, un trio di mini pony e il pezzo “grosso” del clan, il rinoceronte Kunta, dal peso forma di 2.000 kg.

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Gli assistenti di terra allestiscono a tempo record i cambi di scena, complici le pantomime dell’irriverente clown, alias Jody Bellucci. Un malcapitato viene invitato al centropista per usufruire di un particolare servizio “barba e capelli”, ad opera di un diligente pachiderma, tra le risate generali. Subito dopo una delle attrazioni di punta: “Il globo della morte”, nome altisonante per una sfera in metallo traforato, al cui interno, in sella a delle mini moto da cross, il quartetto dei MacValley si rincorre a velocità vorticosa. Applausi scroscianti seguiti dall’intervallo di un quarto d’ora.

Gli spettatori si diramano in due direzioni: sala ristoro e zoo esterno, la cui visita richiede un ticket aggiuntivo di 2 euro. Padri di famiglia traumatizzati cercano di trattare allo sbigliettamento, senza esito. Fuori dalle luci della ribalta il Circo mostra il suo lato più oscuro: i serragli degli animali. Alla vista dei loro eroi legati e spenti, i bambini restano spiazzati. Di fronte alle ossessive oscillazioni degli elefanti, un ragazzino ne chiede il motivo al padre. «E’ un loro modo di fare» minimizza lui poco convinto. Chiedo direttamente ad un responsabile una spiegazione più plausibile e lui, dopo un attimo d’imbarazzo, con spiccato accento slavo afferma allegro: «E’ per musica circo, tutto giorno fare così!». Una musica stridula composta da catene, spazi ristretti, continui spostamenti, esercizi innaturali sotto il giogo della frusta. Un maltrattamento continuo che da anni la Lega Anti Vivisezione denuncia con forza e la Legge 473 della Costituzione Italiana punisce severamente. Ma nonostante i numerosi procedimenti penali in atto, il crudele sfruttamento commerciale ha la meglio, perché come ha dichiarato Moira Orfei «Il circo senza animali fallisce». Affermazione ampiamente smentita dal successo internazionale del “Cirque du Soleil”.

Il secondo tempo riprende con i Bellucci Junior, che volteggiano su un poco temibile trapezio volante e gli esercizi a corpo libero sulla ruota tedesca di Ylenia e Miriana, neo-diplomate all’Accademia d’Arte Circense di Verona. Le due fanciulle sono l’addetta al bar e la venditrice di pop-corn. “La poliedricità è legge nel circo, l’arte di fare mille mestieri alla volta”, come sosteneva Chaplin. Un acrobata si libra sulle corde elastiche mentre la noia serpeggia, a dare una scossa adrenalinica ci pensano i Kenya Boys, saltatori africani in mise dalmata che si cimentano sotto il limbo infuocato, in piramidi umane ed inusuali salti con la corda. Infine lo “Show time”, la passerella finale con esibizioni di giocoleria. Delle due ore trascorse rimangono i segreti di un regno a sé. Abitato da corpi sospesi e luccicanti prigionìe.

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