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Non solo pescatori e donne con la "truscia": la Civita di Catania tra passato e futuro

Un grande slargo, in teoria pedonale, è incastonato al centro di uno dei quartieri più antichi di città, parte integrante, ma non sempre integrata, del centro storico e monumentale catanese

  • 5 giugno 2022

Largo XVII agosto, Civita di Catania

Resiste ancora il piccolo orto urbano della Civita che, dallo scorso dicembre, occupa un angolo di Largo XVII Agosto. Concesso dal comune come spazio sociale, per la coltivazione di fiori, erbe aromatiche e arbusti, “l’orto letterario” (le piante sono infatti dedicata agli scrittori catanesi) è stato dato in gestione agli abitanti del posto.

Come progettato da alcuni studenti del vicino Convitto Cutelli, una vecchia barca da pesca, trasformata in fioriera e circondata da altri vasi di ogni forma e misura, si fa simbolo e memoria dell’identità di questo storico quartiere. Attraverso l’immagine di questo stesso relitto fiorito, e profumato, torna però a bruciare la ferita, in realtà mai rimarginata, del rapporto col mare negato.

La realizzazione del viadotto ferroviario (1865-1869), i così detti “archi della marina”, e la riorganizzazione delle aree portuali hanno infatti allontanato il mare, sottraendolo persino alla vista dei residenti, contribuendo almeno moralmente alla decadenza della zona. L’orto, dopotutto, non è che un ennesimo, nuovo e caparbio tentativo di riqualificare e abbellire il cuore della Civita, il Largo XVII Agosto. Osservando una mappa, questo grande slargo, in teoria pedonale, è incastonato al centro di uno dei quartieri più antichi di città, parte integrante, ma non sempre integrata, del centro storico e monumentale di Catania.
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La Civita, infatti, non era solo un borgo marinaro abitato da pescatori, o soltanto il quartiere chiuso e popolare delle donne con la “truscia”, come ci ha raccontato Nino Martoglio in “Civitoti in pretura”, attraverso le parole di Cicca. Alle spalle del “Corso”, oggi via Vittorio Emanuele II, le casupole modeste si adagiavano e si nascondevano sui fianchi dei più importanti palazzi nobiliari. Proprio qui, a pochi passi dal fastoso Palazzo Biscari, la cui terrazza barocca, una volta, si affacciava sullo stesso mare rubato, imponenti ponteggi coprono la facciata di Palazzo Hernandez, finalmente pronto al restauro dopo infinite vicissitudini.

Alle spalle di questo, tra il Palazzo Bonajuto, custode della preziosa Cappella, e i Palazzi Pedagaggi e Serravalle (oggi sede della facoltà di Scienze Politiche), si apre Largo XVII Agosto. Solo una stretta cortina, di case e palazzetti, separa lo slargo mattonellato dalla Vecchia Dogana e dalla trafficata via Dusmet, dal cemento che una volta era costa. Il nome della piazza, che molti neppure conoscono, in realtà ci racconta la sua storia. Il 17 agosto del 1943 è la data in cui si considera completata, con successo, l’Operazione Husky: lo sbarco alleato in Sicilia e la conseguente occupazione o, come la chiamano in tanti, liberazione dell’isola.

Il “Largo” non ha nulla in comune con le tante piazze catanesi, progettate durante la ricostruzione successiva al terremoto del Val di Noto. Nasce per caso, in origine non era altro che un grande vuoto urbano, creato dai bombardamenti che, dal maggio al luglio del 1943, hanno infierito sulla città di Catania. Il quartiere, poco distante dalla Stazione Centrale, a pochi passi dal Porto e dalla ferrovia, ebbe la sfortuna di trovarsi circondato da “sensibili obiettivi militari”.

Durante gli intensi bombardamenti, fu colpito lo stesso Convitto Cutelli e fu gravemente danneggiato, in effetti quasi distrutto, il Teatro Coppola (Ex Teatro Comunale), che si trova proprio accanto a Largo XVII Agosto. I tentativi di regalare nuova dignità alla piazza, simbolo di distruzione ma anche di rinascita, sono stati tanti, dal nuovo pavimento e la pedonalizzazione, alle panchine all’ombra. Nel 2010, il piazzale veniva addirittura scelto come location, per la prima operazione di street art legale sui muri di Catania, cinque giorni di performances artistiche.

Così, proprio sulle facciate colorate, ma sbiadite, a ridosso della piazza, furono creati gli enormi murales a tema marino che ancora rallegrano questo tranquillo angolo del quartiere. Le opere furono realizzate da cinque artisti di fama internazionale: Microbo, Bo130, 2501, San e Gummy Gue. La sera la Civita è tranquilla, il sole tramonta e noi ci sediamo su una delle panchine, tra le auto parcheggiate dove non dovrebbero; il profumo del mare non si rassegna e ci raggiunge, si insinua tra le strade e gli edifici, mischiandosi a quello dell’orto urbano. Una enorme medusa sembra fluttuare verso il cielo, appiccicata con lo spray al muro scolorito di un palazzo, i lampioni, la cui forma ricorda i piombini per la lenza, la illuminano mentre fa buio. Con un po’ di immaginazione, riusciamo a vedere i pescatori di una volta, mentre stendono le reti sul pavimento rossastro della piazza, vediamo i principi e le loro dame passeggiare in riva al mare, vediamo persino il futuro migliore di questo quartiere che resiste.
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