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Tra la panella e la crocché: le regole del fritto che devi conoscere se vivi a Palermo

Friggiamo, tutto, pure i dolci: i siciliani e i palermitani (soprattutto) devono fare i conti con la pancia ma anche, a sorpresa, con gli effetti positivi di street food & co

  • 27 settembre 2018

Le "panelle" di Palermo

Fritto si o fritto no? Domanda cara agli italiani, ma soprattutto ai siciliani vista la ricchezza di (deliziosa e croccante) frittura che la cucina palermitana ci sbatte gentilmente ogni giorno davanti, fregandosene ampiamente (e giustamente) della nostra pancia.

L’attenzione cade sulle numerose ricette nostrane in cui impera incontrastato il fritto, fritto, fritto: dalle melanzane in ogni loro declinazione (pasta alla norma, parmigiana, ma anche "schitte") a quello che adesso chiamiamo e tutti conoscono come street food.

Panelle, crocchè, arancine, cardi e tutto quello che si può pastellare (si tramanda la leggenda che qualunque cosa diventi commestibile, basta che venga pastellata e fritta) compresa la verdura, che a crudo fa ruggine.

Passando alla nostra cara merenda a base di rosticceria come il calzone fritto, il crostino o la ravazzata.

Friggiamo anche i dolci, così per sciacquarci la bocca, come l’Iris, o la sfincia di San Giuseppe o la crosta del cannolo.
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Insomma, senza farla troppo lunga, la domanda iniziale quella a cui deve saper rispondere una nutrizionista (palermitana) che si rispetti.

E che rispetto avrà una nutrizionista che nega la frittura ad un palermitano. Ma io, si sa, sono buona, la mia linea si basa sull’educazione alimentareegata ad una sana alimentazione… e nell’ambito della sana alimentazione dico sempre ai miei pazienti "che vita sarebbe senza neanche uno sfizio ogni tanto?".

E dunque, signori e signore, la risposta è "Si, fritto si". L’importante è che siano inseriti saltuariamente in una alimentazione equilibrata.

In questo modo hanno addirittura effetti positivi sul nostro organismo come la stimolazione del nostro metabolismo perché aiutano il fegato a lavorare più velocemente.

Ricordate sempre, però, che c’è frittura e frittura. Potenzialmente la frittura può dare origini a composti nocivi per la salute e questo dipende da diversi fattori: temperatura, tempi di cottura, tipo di olio ecc.

Vediamo insieme le regole per una frittura sana:

Il tipo di olio: olio extravergine di oliva, il quale risulta più stabile in cottura ed ha un punto di fumo medio-alto (e non l’olio del panellaro, fritto e rifritto da un numero non meglio precisato di mesi).

La temperatura: non deve superare i 180 gradi, oltre questa temperatura si avrebbe la formazione di acroleina, una sostanza tossica ritenuta cancerogena.

Utilizzare una pentola con molto olio: in questo modo il cibo è immerso completamente e formerà subito la crosticina dorata che non gli farà assorbire ulteriore olio

Non riutilizzare lo stesso olio (come il panellaro di fiducia) più volte.

Tamponare l’eccesso di olio con della carta assorbente

Et voilà… frittura dorata, croccante, pronta per essere gustata senza sensi di colpa ma mi raccomando… non più di una volta a settimana!

Per spiegazioni e informazioni la dott.ssa Laura Napoli, biologo nutrizionista specialista in Biochimica Clinica è reperibile a questi numeri: 388 1962573 e 380 1772680.
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