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Un capolavoro sotterraneo da vedere: cos'è e dove si trova il "buffuneddo" di Misilmeri

Un patrimonio di ingegneria idraulica da salvaguardare scrupolosamente e da valorizzare che ancora oggi è in parte accessibile attraverso visite guidate

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 14 agosto 2023

Il "buffuneddo" di Misilmeri (foto di Filippo Barbaria)

Nessun'altra cultura ha segnato così profondamente la Sicilia come quella araba. E se intendiamo riferirci in particolare all'agricoltura, ci rendiamo conto che questo è ancor più vero.

Furono gli arabi ad introdurre in Sicilia la pratica irrigua, rilevandosi oltre che abili agricoltori, innanzitutto abilissimi ingegneri idraulici; lo dimostrano le reti di canalizzazione dell'acqua, sopra e sotto il livello del terreno, la perizia con cui venivano dimensionati canali e pendenze allo scopo di limitare l'erosione del suolo e di ridurre al massimo l'evaporazione dell'acqua, risorsa preziosa e limitata.

Abituati ad affrontare i problemi legati alla siccità, gli arabi furono in grado di mettere a punto un sistema irriguo che, si ispira a un preciso modello, generatosi in contesti geografici del Medio Oriente, della Penisola Arabica e dei deserti africani, dove l'elemento naturale acqua è una risorsa alquanto limitata.

Le popolazioni residenti in queste aree svilupparono, già in epoche remote, una vera e propria cultura di gestione delle acque che diffusero nel corso della rivoluzione ed espansione islamica nei territori dominati.
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E così che anche nella Valle dell’Eleuterio, oltre che nel campo artistico e architettonico, la civiltà araba ha lasciato tracce evidenti della propria presenza nelle meno studiate e conosciute opere idrauliche.

A partire dal X secolo furono impiantati numerosi mulini ad acqua che ancora oggi si ritrovano, non più attivi, abbandonati e in precario stato di conservazione, che venivano utilizzati sia per la molitura delle granaglie e la frantumazione della canna da zucchero (trappeti), che per la follatura della lana e di altre fibre tessili vegetali, come canapa, cotone e lino, e la lavorazione del papiro (i cosiddetti paraturi).

Venne inoltre introdotta la tecnologia di origine persiana per il sollevamento delle acque più superficiali a quote più alte da quella di rinvenimento e per la captazione e adduzione delle falde freatiche più profonde.

Dalle sorgenti e dai pozzi poco profondi l'acqua veniva sollevata con le norie a tazze o senie per essere accumulata in cisterne di adeguata capacità e distribuita ai campi attraverso piccoli canali in muratura o in terra. L'acqua della falda freatica più profonda veniva intercettata e convogliata, spesso a distanze notevoli dal punto di rinvenimento, tramite lunghi cunicoli sotterranei in leggera pendenza e con pozzetti di aerazione seriali.

Nel corso dell'ultimo ventennio tutta una serie di questi canali sotterranei, con tipologia costruttiva tipica dei qanat arabo-persiani, sono stati scoperti e rilevati nel sottosuolo.

Un particolare esempio di opera di presa idraulica ipogea sul territorio, si trova tra la scarpata e il margine destro dell’antica trazzera regia del "Passo di Risalaimi", che collegava Misilmeri con Marineo.

L’opera architettonica intercettava una sorgente, un tempo cospicua, che scaturiva dal fianco della montagna in contrada Giudice (u jurici, in dialetto locale) creando un lungo canale sotterraneo di approvvigionamento dell’acqua.

Ad oggi ricoperta da una folta vegetazione di sommacchi e rovi che rendono quasi invisibile la sua struttura, dalle caratteristiche geometriche e costruttive risulta probabile che si tratti di una camera ipogeica dell’acqua risalente al periodo arabo-normanno, che richiama nelle sue forme i più famosi e complessi "Qanat" arabi.

Di curiosa rilevanza risulta anche il toponimo con cui la gente del luogo identifica il sito con l’appellativo di Buffuneddo, probabilmente di rimando all’azione del getto dell’acqua sul canale, o dalla presenza sul sito di rane (buffe).

La conservazione e la funzionalità di queste opere, concepite e realizzate oltre mille anni addietro durante l'espansione islamica in Sicilia, ne testimonia l'ottima qualità, sia sotto l'aspetto progettuale che sotto quello costruttivo.

Risulta inoltre evidente e di grandissima portata come questi sistemi di approvvigionamento idrico si inserivano nei contesti paesaggistico ed ambientale con armonia e senza causare pesanti turbamenti o danni all'equilibrio delle falde acquifere naturali.

Un patrimonio, certamente, da salvaguardare scrupolosamente e da valorizzare che ancora oggi è in parte accessibile attraverso visite guidate che proiettano il visitatore dinanzi ad un capolavoro d’ingegneria idraulica.
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