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È il più grande giardino di Catania ed è tutto da scoprire: Parco Gioeni domina la città

Il suo fascino è romantico, selvaggio e autentico e meno conosciuto di quanto si pensi. Un'avventura perfetta, che vi aspetta per un tardo pomeriggio d’estate…

  • 23 giugno 2022

La via Etnea, vista da qui sopra, sembra un lungo fiume, mosso dalla gente e dalle auto, che divide in due Catania. Una vecchia cartolina in bianco e nero che tengo tra le mani, svela questo stesso panorama: lo si scorge al di là della vegetazione, alle spalle di qualche pala di fico d’india. La città si trasforma in continuazione sotto questa collina, ai piedi del parco, ma la vista da questa sua terrazza non smette mai di mozzare il fiato.

Il Parco Gioeni è il più grande giardino di Catania e la domina dall’alto, si estende per circa otto ettari, superando per dimensione il suo elegante rivale, la Villa Bellini. Questo parco non sfoggia chiostri liberty né aiuole raffinate; il suo fascino è romantico, selvaggio e autentico. Il giardino è modellato su un terreno di natura vulcanica, del quale segue le linee impervie, grazie a una serie di terrazzamenti in pietra lavica, che ne richiamano l’identità.

La sciara, irregolare ma armoniosa, è ornata di vegetazione mediterranea: gli alberi di ulivo restano ben aggrappati alle rocce, l’oleandro, la buganvillea e l’agave crescono liberi cercando il sole. Tra la terra vulcanica e il verde, si snodano sentieri e si aprono terrazze panoramiche; quella centrale, in cima ad una imponente piramide di blocchi neri, sembra un trono che svetta sulla città e la osserva.
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Il terreno sul quale sorge fu proprietà di diverse famiglie catanesi, gli orti che si trovavano qui, da dove adesso ammiriamo la città, e che includevano anche l’area oggi occupata dalla strada e dalla rotonda del Tondo Gioeni, appartennero in passato a Giuseppe Gioeni Schininà, a Carmelo Barbagallo e al barone Felice Spitaleri. Il primo disegno di un parco, questo parco, a nord della città, a pochi passi dalla circonvallazione, risale al 1931.

Il progetto originario, incluso nel piano regolatore di città, redatto dall’architetto Michelangelo Mancini, venne poi abbandonato, come tutti i piani per il futuro, a causa dello scoppio del Secondo Conflitto Mondiale. Finalmente, nel 1972, venne approvato il progetto esecutivo, ma, nonostante i vari finanziamenti da parte della Regione Sicilia, i lavori andarono a rilento.

Ero una ragazzina quando venne indetto un concorso, rivolto alle scuole medie, che chiedeva agli studenti di immaginare il loro nuovo rifugio verde e di realizzare un plastico, che potesse mostrare al meglio le loro idee.

I miei compagni di classe e io, avevamo imparato a tagliare il polistirolo con i coltelli caldi, per riprodurre i terrazzamenti, che presto sarebbero diventati reali, e seminarli di piccoli lampioni e di ciuffetti di muschio. il Parco Gioeni, infatti, dedicato a Giuseppe Gioeni D’Angiò, naturalista e vulcanologo vissuto a cavallo tra ‘700 e ‘800, venne inaugurato soltanto a metà degli anni Novanta. Da allora, il giardino, è stato riqualificato (e vandalizzato) più di una volta.

Nel 2015 vennero ripulite le lapidi commemorative dei “Giusti” (coloro che si erano distinti per i loro atti di generosità durante la guerra), lungo il viale principale, e, proprio in quella occasione, lo scultore Leonardo Cumbo realizzò l’opera “attraversolinfinitoamorecolmo”, che ci accoglie ancora quando ci accingiamo ad esplorare il parco.

Allontanandoci dal viale, in una zona verde e ombreggiata, un gruppo di signore, ognuna col suo materassino sottobraccio, si incontra per lo yoga. Da lontano, ci raggiunge un rumore regolare, come un’onda sempre seguita da un tonfo, che ci guida fino allo Skatepark, la pista in cemento per gli skateboard. Siamo in pochi a sapere che, a pochi passi da lì, mimetizzata tra cespugli e rovi, si trova una piccola grotta di origine vulcanica, creata da una delle tante colate che anticamente ha attraversato questo luogo.

Se invece decidessimo di percorrere uno dei sentieri più tranquilli, incamminandoci verso nord, ci ritroveremmo, con grande stupore, davanti alla testimonianza storica di un’opera grandiosa: il lungo tratto di un acquedotto monumentale. La robusta muraglia di arcate, costruita in mattoni rossi e blocchi di pietra lavica, che oggi sembra parte del paesaggio naturale, sosteneva i canali dell’acquedotto che per secoli ha servito il Monastero dei Benedettini e molte altre zone di città.

I monaci possedevano infatti terre e mulini ad acqua sui fianchi della collina della Leucatia, dove, a partire dalla metà del 1600, cominciò la costruzione di questa imponente struttura. L’acqua delle sorgenti, numerose in questa zona, veniva convogliata in una grande cisterna (o “botte dell’acqua”), per poi seguire la pendenza naturale del terreno, mantenuta costante proprio grazie agli archi.

Lungo il percorso, le vasche di raccolta permettevano l’irrigazione dei terreni vicini e l’accesso al bene più prezioso, per gli abitanti dei vari quartieri.

Il Parco Gioeni, nonostante ben visibile dalle strade, pur avendo in passato ospitato grandi e piccoli eventi musicali, resta un luogo ancora da scoprire per tantissimi catanesi. Un’avventura perfetta, che vi aspetta per un tardo pomeriggio d’estate…
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